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Giappone: parcheggi solari per ricaricare le biciclette elettriche

Parcheggi dotati di tetto solare per le biciclette elettriche ibride, che si ricaricano in modo completamente ecologico quando rimangono inutilizzate. Sanyo, gigante giapponese dell’elettronica, ne ha costruiti due a Tokyo, e un altro è in arrivo. Secondo me, è la strada giusta e dovrebbe essere imboccata anche per le auto elettriche, che altrimenti solo fino a un certo punto sono migliori di quelle con motore a scoppio.
Ed ecco cosa succede in Giappone. Le bici ibride elettriche sono note anche come “pedelec” o “biciclette a pedalata assistita”. Quando si pedala, entra in funzione un motore elettrico in grado di diminuire la fatica del ciclista e aumentare un po’ la velocità. Comodissimo soprattutto per affrontare le salite. I parcheggi solari di Sanyo sono accanto alle stazioni di Sakura Shinmachi e Sakura Josui. Il terzo sarà alla stazione di Odakyu Line Kyodo. Sono destinati alle bici pubbliche a noleggio. Al bike sharing, se preferite. Il colpo d’occhio si presenta così. Il tetto di ogni parcheggio è coperto da 46 metri quadrati di pannelli fotovoltaici, della capacità di 7,56 kilowatt, e corredati da batterie agli ioni di litio in grado di stoccare l’energia e di renderla disponibile anche quando piove e di notte: in quest’ultimo caso non solo per ricaricare le bici, ma anche per alimentare l’illuminazione a Led dell’area. Viene raggiunta così la completa indipendenza dalla rete elettrica e dall’energia prodotta a partire dai combustibili fossili o dalle centrali nucleari. I due parcheggi già operativi sono in grado di provvedere alla ricarica di 40 bici ciascuno. Il terzo sarà per 20 biciclette.
Il comunicato stampa e le foto di Sanyo: in Giappone parcheggi solari per le biciclette elettriche

Fonte: Blogeko

Bulb box: progetto promosso da Ikea, Ecolight e Wwf per il riciclo delle lampadine a risparmio energetico

È possibile compiere un passo in più per aiutare l’ambiente grazie alla Bulb box Ikea che contribuisce al corretto riciclo e recupero delle lampadine a risparmio energetico esauste.
Il progetto è stato ideato e promosso da Ikea, Wwf Italia e dal consorzio Raee Ecolight.
Presso tutti i 18 punti vendita Ikea in Italia è possibile ritirare la Bulb box, una semplice scatola dove raccogliere le lampadine a basso consumo che ormai non funzionano più e riconsegnarla nei negozi.
Un gesto semplice che produrrà almeno tre vantaggi: le lampadine a risparmio energetico così raccolte saranno avviate verso un corretto percorso di smaltimento e recupero dal consorzio Ecolight; per ogni scatola consegnata, Ikea donerà al Wwf un euro per i suoi progetti di conservazione e, infine, in cambio della Bulb box ai clienti IKEA Family verrà dato un buono per una confezione di tre lampadine a basso consumo “Sparsam E27” da 11W.
L’obiettivo è raccogliere almeno la metà delle scatole che sono in distribuzione, precisa in una nota Riccardo Giordano, environmental manager di Ikea Italia. Che significa, riciclare oltre 100mila lampadine evitando così la dispersione nell’ambiente di una quota significativa di sostanze inquinanti pericolose come mercurio e polveri fluorescenti, ma anche permettendo il recupero di quasi 7 tonnellate di vetro.
L’iniziativa, la prima in Italia di questo genere, è già stata proposta con successo in Norvegia.
Vogliamo fare un altro passo avanti nell’attenzione per l’ambiente – prosegue Giordano – stimolare i nostri clienti a recuperare correttamente le lampadine a risparmio energetico. E stimolare, nel contempo, all’uso di lampadine che consumano l’80% in meno delle tradizionali lampadine a incandescenza e hanno una durata circa dieci volte superiore. Secondo la normativa le lampadine a risparmio energetico sono a tutti gli effetti dei Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Contrariamente alle tradizionali lampadine a incandescenza quelle a risparmio energetico devono essere trattate con attenzione: per il loro contenuto di mercurio -in media ne hanno un milligrammo, ma tanto basta a contaminare 4mila litri d’acqua-, sono classificate come rifiuti pericolosi, spiega Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight, consorzio che si occupa della gestione e dello smaltimento dei Raee che ritirerà la lampadine esauste raccolte. Un loro corretto trattamento permette non solamente di smaltire le componenti inquinanti, ma anche di recuperare vetro che viene riutilizzato, per esempio, nella creazione di oggetti in vetro, nuove lampadine, ma anche piastrelle. L’anno scorso, in Italia, sono state raccolte più di 900 tonnellate tra lampadine a risparmio energetico e neon. Nei soli primi sei mesi di quest’anno, la raccolta sta raggiungendo le 1.400 tonnellate, facendo così presagire almeno un raddoppio rispetto al 2009. Per il Wwf si tratta di un’iniziativa che va nel percorso di sensibilizzazione dei cittadini su un corretto uso dell’energia e smaltimento dei rifiuti. Con un semplice ed efficace gesto si può contribuire in prima persona a ridurre le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici ed evitare la dispersione di sostanze tossiche dell’ambiente causate da un non corretto smaltimento delle lampade fluorescenti compatte. Il Wwf ricorda che ormai siamo in piena fase di transizione nell’uso delle vecchie lampadine a incandescenza in virtù della normativa europea che ha sancito la progressiva messa al bando delle vecchie lampade a incandescenza: già oggi sono fuori mercato quelle con potenza da 100 e da 75 watt , entro il 2011 toccherà a quelle 60W e da settembre 2012 tutte le altre di inferiore potenza.
L’Unione Europea, attraverso l’eliminazione delle lampade inefficienti, conta nel 2020 di arrivare a risparmiare, nel solo settore domestico, circa 39 miliardi di kWh all’anno (rispetto ai consumi stimati per quella data) e questo eviterà l’emissione di oltre 15 milioni di tonnellate di CO2.

Fonte: LaStampa

As much as you need: la lampada touch

As much as you need un naming che lascia intendere molto di questa lampada! In un epoca touch non poteva non mancare anche una lampada touch! Design minimal ed utilizzo estremamente intuitivo. Basta un leggero sfioramento per attivare la lampada e scegliere il livello di intensità luminosa. Più si sfiora maggiore sarà il numero di LED attivati; in tutto 15 pronti a dare un tocco di luce all’ambiente, ad accompagnarci durante lo studio o la notte. Il concept è interessante e forse sarà nato osservando qualche altra lampada ad attivazione touch, ad esempio la PizzaKobra di Ron Arad. Qui assistiamo ad un concetto simile ma con un feeling d’uso estremamente migliorato. Se in PizzaKobra al tocco si attivavano tutti e sei i led in simultanea qui è possibile scegliere il numero di led da attivare. Si sfiora da destra verso sinistra, maggiore è la lunghezza del tocco maggiore è il numero di led che via via si accenderanno. Per spegnerla un solo tocco da sinistra verso destra. Un movimento familiare soprattutto per chi ha uno smartphone! Ideatore di As much as you need, il designer coreano Hong-kue Lee che, probabilmente, si sarà trovato spesse volte a desiderare una lampada con voltaggio regolabile e dal design più contemporaneo e iphoniano.

Fonte: Architettura&Design

Studioata e il progetto “Riluci”: lampade sostenibili da vecchie insegne

Studioata, studio di architettura torinese impegnato nel campo delle costruzioni, della grafica e del design ha ideato un sistema per riciclare le insegne dei negozi, continuamente sostituite e conferite in discarica.
Un’insegna assume un valore storico e affettivo, ricorda momenti ed emozioni vissuti in un paese, un quartiere o una città e sostituirla significa sradicarla dal suo contesto e allontanare gli abitanti dai ricordi ad essa collegati.
Studioata le fa  rivivere, trasformandole in corpi illuminanti e pezzi unici di design, con qualche modifica in chiave sostenibile, le vecchie lettere delle insegne diventano lampade, abatjour, luci d’arredo. Il progetto è stato intitolato Riluci: le vecchie insegne faranno luce di nuovo e saranno il simbolo di una nuova vita, all’insegna della sostenibilità ambientale.

Blow Car, l’auto gonfiabile

E’ solo un prototipo ma desta particolare curiosità questo nuovo modello di automobile che a breve verrà presentato. Il suo nome è Blow Car ed è un’auto gonfiabile la cui messa a punto nasce da un’iniziativa di Dario Di Camillo, architetto di 58 anni, abruzzese, da tempo impegnato nel campo della ricerca.  La sua mission ha un fine ben preciso:  contenere i consumi riducendone sensibilmente il peso grazie alla sostituzione parziale delle tradizionali lamiere esterne con una struttura gonfiabile.
L’idea della micro-car gonfiabile, spiega Di Camillo, nasce nel 2007 grazie soprattutto allo sviluppo degli studi e delle conoscenze in fatto di tecnologia aerospaziale. Il segreto, puntualizza il ricercatore, è la carrozzeria dell’auto che utilizza la tecnologia degli inflatable systems la stessa usata dagli scivoli d’emergenza degli aerei, i paracadute, gli airbag e per le sonde aerospaziali. La sicurezza, conclude, non è trascurata in quanto l’abitacolo e la meccanica sono protette da una struttura resistiva ridotta all’essenziale, ma in grado di assicurare la sicurezza dei passeggeri. Tre le versioni della Blow Car: elettrica, ibrida e termica. In tutti i casi di motorizzazione la vettura sarà disponibile in due versioni: small, che consentirà il trasporto di due passeggeri, e medium, per quattro. Costerà tra gli 11.000 e i 15.500 euro, a seconda delle motorizzazioni.

Fonte: EcoBlog

Università del Messico: aria condizionata a energia solare

Gli scienziati del Centro per la ricerca energetica CIE della UNAM, Universidad Nacional Autónoma de México, guidati dal professore Wilfrido Rivera (a sinistra nella foto con l’impianto di condizionamento), hanno messo a punto un sistema di climatizzazione alimentato da pannelli solari, adatto al clima caldo umido del Messico.
Rivera: Già esistono macchine del genere prodotte in Germania e in Giappone. Il nostro progetto è specifico per le condizioni meteorologiche del Messico. Una delle novità riguarda la torre di raffreddamento che di solito usa acqua per dissipare il calore prodotto ma luogo ideale per il proliferare della legionella. Il sistema sviluppato da Robert Best, Octavio Garcia, Gomez e Victor Rivera fa si che la torre di raffreddamento non usi acqua ma aria, eliminando così il problema legionella. Il condizionatore arriva dopo circa 20 anni di studi sistemi del genere che abbiano come sistema di alimentazione l’energia solare, risorsa abbondante nella maggior parte del paese. Il sistema, che per ora risulta essere ancora troppo ingombrante, dovrebbe poter durare almeno 15 anni senza ricevere manutenzione. Tutto ciò che serve è tenere pulito il campo dei collettori per catturare al meglio le radiazioni solari.
Progetto recentemente approvato dal Ministero per l’Energia e dal Consiglio Nazionale per la Scienza e la Tecnologia e vi sono due società interessate: la Modulo Solar e la RDMES Technology, quindi, le prospettive per il sistema di condizionamento a energia solare progettato dall’università, sono incoraggianti.

Fonte: EcoBlog

Corky: il mouse eco-friendly

Un piccolo oggetto che consente di risparmiare tanto. Composto di sughero e plastica organica, Corky è totalmente riciclabile e, nonostante sia wireless, funziona senza pile (non male considerando che le pile sono tra i rifiuti più velenosi e il loro smaltimento è considerato un problema).
Corky è autosufficiente dal punto di vista energetico e non gli servono pile perché si ricarica attraverso il movimento sul tappetino e grazie ai click. Gli serve poco per funzionare, basta un micro sistema piezoelettrico per far accumulare l’energia cinetica generata dal movimento e trasformarla in energia elettrica. Il movimento sul tappetino, i click con il pulsante destro e con quello sinistro e perfino il movimento della rotellina faranno accumulare energia per il funzionamento. Corky ha partecipato alla Greener Gadgets Design Competition: la competizione newyorkese in cui si sfidano progetti di eco-design.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Design 3: “Node chair” la nuova seduta di Steelcase

Presentate all’ultima edizione del NeoCon show di Chicago, le sedute Node Chair hanno fatto parlare molto di sè grazie al loro nuovo approccio progettuale.
La Steelcase è un’azienda produttrice di mobili per ufficio a livello mondiale, molto attenta ai cambiamenti della società e alle nuove esigenze. Proprio da questa costante attenzione e sensibilità nasce la seduta Node, la loro prima seduta dedicata all’istruzione. Diversamente dalle sedie che abbiamo sempre trovato nelle aule, pesanti, scomode, difficili da spostare e progettate secondo un modello di insegnamento ormai superato, le Node Chair permettono spostamenti rapidi, sono molto leggere ed ergonomiche. Il sedile girevole permette agli studenti di ruotare facilmente e visualizzare informazioni che vengono condivisi in tutta l’aula. Il disegno della seduta consente loro di cambiare posture e posizioni per un comfort maggiore. La sua base mobile offre la possibilità di muoversi avanti e indietro dalla modalità di apprendimento di gruppo alla didattica frontale senza interruzioni. La base e il bracciolo della seduta permettono di tenere zaini ed oggetti personali degli studenti. Inoltre, la sedia è dotata di un piano d’appoggio mobile -per computer portatili, libri e quaderni- che può essere disposto anche dal lato sinistro della seduta per un comfort maggiore per gli studenti mancini.
Leggi anche: Breathing chair; Mozzarella chair.

Fonte: Architettura&Design

Bioedilizia: il cemento armato è sostenibile?

Come scegliere il prodotto migliore, che soddisfi le nostre esigenze e contemporaneamente non danneggi l’ambiente? Ci soffermiamo su cemento e ferro per cercare di capire se una costruzione in conglomerato cementizio armato può considerarsi sostenibile. Il conglomerato cementizio armato è formato da pasta di cemento, sabbia, inerti e acqua a cui vengono aggiunti in opera tondini di ferro che lo rendono armato. Pur essendo uno dei materiali da costruzione più utilizzati in Italia, non è certamente sostenibile.
Il calcestruzzo, per le sue caratteristiche fisico-tecniche, non è consigliato in bioedilizia. Trattiene l’umidità, ha scarsa traspirabilità ed elevata conducibilità ed è facilmente aggredibile dagli agenti atmosferici. A causa delle difficoltà di posa in opera inoltre, nell’impasto vengono sempre inseriti degli additivi che da un lato riducono il rischio di formazione di pori e facilitano lo scivolamento all’interno delle casseforme, dall’altro hanno un forte impatto ambientale. Eppure oggi il calcestruzzo armato è spesso la soluzione scelta per realizzare fondazioni ed altri elementi strutturali. Se proprio non se ne può fare a meno, a quello additivato con scarti di lavorazioni industriali o prodotti di sintesi, meglio preferire il cemento puro. Oppure tentare con il cemento che assorbe la CO2 o con il calcestruzzo ricavato dal riso.
Anche sul fronte ferro, ovvero tondini metallici, il calcestruzzo armato perde punti rispetto all’acciaio. In un edificio in cui la presenza di parti metalliche è molto evidente, infatti, si verificano due fenomeni: l’effetto Faraday e l’effetto antenna. Il primo consiste nello squilibrio del campo elettromagnetico naturale proveniente dal suolo e dal cosmo, il secondo nell’alterazione del campo elettromagnetico artificiale prodotto dalle linee ad alta tensione, dai trasmettitori radio e tv ecc. Fenomeni sono negativi perché determinano interferenze con il funzionamento cellulare degli uomini e degli esseri viventi in generale. Converrebbe preferire tondini in acciaio ad alta resistenza in modo da limitarne le quantità impiegate. Ancora meglio i tondini in acciaio inox che consente l’eliminazione delle azioni di disturbo del campo elettromagnetico naturale.

Fonte: Architetturaecosostenibile

Le borse ecosostenibili di David Shock Design

Come trasformare recinti in plastica, destinati ai lavori in corso, in particolari borse? Lo ha fatto David Shock con la sua passione per il riutilizzo di oggetti effimeri per arredo urbano. Le creazioni del designer statunitense nascono dai tipici film bucherellati per lavori in corso, quelli dal classico colore arancio e texture forata, utilizzati in tutto il mondo per delineare le aree dei lavori. Le proposte del designer partono da questo prodotto di scarto, reinterpretato e riutilizzato nel campo del fashion design. Sul sito Etsy è possibile acquistare questa borsa (costa circa 30€) o ammirare gli altri originali prodotti disponibili.

Fonte: Architettura&Design

Packaging Spoonlidz: il cucchiaio del futuro!

La società americana Spoonlidz ha brevettato un packaging con un particolare coperchio-cucchiaio: stacca, ripiega e mangia! Spoonlidz è un packaging ideale per cibi al cucchiaio (gelati, yogurt, creme, formaggi freschi) ottimo per spuntini o pranzi veloci. Rimosso dal barattolino il coperchio di cartone, basta staccare la linguetta (ripiegata sotto il coperchio stesso) e piegare a mezza luna la parte circolare per creare il manico e formare così il pratico cucchiaino. Sistema comodo e assolutamente igienico, il cucchiaino è  ripiegato sotto il coperchio, in modo da preservare la parte che entrerà a contatto con il cibo. Spoonlidz biodegradabile, realizzato interamente in cartone riciclato ricoperto con un sottilissimo strato di cera naturale (per evitare il contatto diretto del cartone col prodotto). Ovviamente il sistema può essere integrato su qualsiasi prodotto o packaging con costi finali estremamente bassi o nulli. Spoonlidz è eco friendly, economico ed ideale per i prodotti mordi e fuggi, un modo per sostituire i cucchiai di plastica riducendo notevolmente l’impatto ambientale. Guarda il video.

Fonte: Architettura&Design

La novità di Drill Design: paper-wood

Dal Giappone arriva un nuovo materiale: il paper-wood, realizzato alternando strati di legno e carta riciclata uniti per un nuovo materiale sostenibile. Il materiale risulta leggero ma estremamente resistente e, grazie alla carta colorata, è possibile caratterizzare i progetti finali con gradevoli fantasie e tocchi di colore. Ideatore di questo nuovo materiale lo studio giapponese Drill Design. Yusuke Hayashi e Yoko Yasunishi, fondatori di Drill Design, sono due giovani creativi attenti al design, alla grafica, al packaging e alle soluzioni d’arredo. I loro lavori seguono uno stile minimal e ricercato, in pieno japan style con un portfolio ricco che tocca molti ambiti della progettazione senza risparmiarsi sulla sperimentazione e messa a punto di nuovi materiali e l’utilizzo della carta come elemento principale o di supporto a diversi progetti.  Un’unione raffinata che si traduce in elementi d’arredo sostenibili, funzionali e performanti.

Fonte: Architettura&Design

Ekokook: la cucina che ricicla tutto quello che avanza

Lo spreco trasformato in risorsa. Ogni residuo, considerato in passato un problema perché generatore di gas tossici dannosi per l’ambiente e per l’uomo, diventerà parte fondamentale di un processo di riciclaggio che punta a riutilizzare tutto. Questa la tesi da cui sono partiti, quasi dieci anni fa, i designer di Faltazi lab e che ha portato alla creazione di Ekokook, la rivoluzione francese della cucina. Struttura a isola, ecocompatibile, predisposta per ridurre i consumi, preparare cibi sani e mettere in pratica forme di stoccaggio intelligente, permette la produzione stessa di energia. La parte inferiore è progettata in modo da compattare e pressare i rifiuti solidi (assemblati attraverso la raccolta differenziata), mentre quelli organici vengono trasformati in concime. Il frigorifero è dotato di compartimenti stagni che evitano di disperdere energia e l’acqua viene utilizzata sia per cucinare che annaffiare le piante, mentre quella filtrata è impiegata nel forno a vapore e nella lavastoviglie. Molti vorrebbero fare la raccolta differenziata, ma spesso si scoraggiano di fronte alla difficoltà di doversi ricordare il colore di ogni materiale e all’inevitabile confusione che ne segue. Verde per il vetro, blu per la plastica, rosso per qualcos’altro. Questa nuova cucina ha un disegno su ogni sportello, semplice ed esplicativo che ricorda all’aspirante ambientalista cosa fare affinché si completi l’iter del riciclaggio. Un progetto complesso che ha come obiettivo quello di raggiungere l’autosufficienza energetica in casa e soprattutto in cucina.

Il nostro progetto è basato su quattro elementi essenziali – fanno sapere dal laboratorio – gestione degli sprechi, salute in cucina, riduzione del consumo energetico e stoccaggio intelligente. Ci concentriamo sui materiali che si trovano tra l’abitazione e le risorse esterne: ogni muro, balcone, finestra, porta o persiana può essere utilizzata come supporto per un’installazione ecocompatibile. Ogni installazione che interagisce con elementi esterni (lo scarico del lavandino, il secchio della spazzatura, etc.) è in grado di produrre un eco-beneficio immediato. Tutta l’aria, l’acqua, il vento e il sole che raggiungono la casa devono essere viste come preziose risorse da catturare e usare.

Fonte: Luxury24_Ilsole24ore

L’ecodoccia

Uno tra gli oggetti più pubblicizzati per il rismarmio di risorse è il manico doccia. Il diffusore che miscela acqua ed aria è uno dei sistemi più semplici per ridurre il consumo d’acqa senza intaccare le nostre abitudini. Ecco quindi l’Ecodoccia Irisana IR15, un classico manico-doccia che si monta in maniera semplice: basta svitare il vecchio terminale grazie alla filettatura standard che non crea problemi di compatibilità. Il getto erogato da Ecodoccia permette di tagliare i consumi energetici e idrici fino al 65%!

Fonte: BlogEcologia

Yes life: your enjoyable sustainable life

Vi segnaliamo Yes.Life il web magazine di sostenibilità ambientale che diffonde stili di vita sostenibili, promuovendo l’efficienza e il risparmio energetico, grazie all’utilizzo di fonti d’energia rinnovabili. Yes.Life.it è un progetto di Yes.CO srl, una ESCO (Energy Service Company) che si occupa per aziende, enti pubblici e privati di analisi e diagnosi energetica mediante simulazioni matematiche, installazione impiantistica, manutenzione e conduzione pluriennale degli impianti e degli edifici.

Prog-res utilizzerà anche questo nuovo canale per aggiornarvi sulle iniziative, eventi, consigli e quant’altro rientri nel progetto di salvaguardare il mondo dalle insidie dell’uomo e del suo scarso rispetto per il mondo che lo ospita. Intanto, approfondisci su Yes.Life

La benzina del futuro sarà prodotta dalle alghe

La ricerca si orienta verso l’individuazione di piante capaci di essere utilizzate per la produzione di carburanti che non abbiano controindicazioni. Il grande sogno degli scienziati è riprodurre artificialmente uno dei fenomeni più diffusi in natura, la fotosintesi clorofilliana. Processo in base al quale le cellule verdi delle piante, sotto l’azione della luce, assorbono anidride carbonica e producono energia chimica e glucosio. Il meccanismo è estremamente complesso e, solo ora, si inizia a capirne le procedure di base. Quando gli scienziati saranno riusciti a riprodurlo, avremo non pochi vantaggi: ripuliremmo l’atmosfera dalla CO2 in eccedenza con alberi artificiali, avremmo una fonte energetica a basso costo e non inquinante, e le nostre automobili potrebbero muoversi spargendo non gas mefitici ma profumate essenze.

Fonte: La Stampa. Per una rassegna stampa dai blog approfondisci su: Liquida Ambiente

Usa Ecofont, stampa in modo ecologico!

Ecofont è un’idea semplice, geniale per risparmiare inchiostro e denaro. Si tratta di un font ecologico per stampare: l’interno di ogni carattere non è omogeneamente colorato, ma contiene dei forellini. Per i documenti ufficiali di un certo rilievo forse Ecofont non è indicatissimo perchè dà l’impressione che la stampa non sia di ottima qualità, ma per un uso interno e quotidiano, usato costantemente permette di risparmiare sui costi di mantenimento della stampante fino a circa 20% di inchiostro e circa 25% di toner. La variante Ecofont del carattere Arial, per esempio, consente un risparmio di inchiostro minimo del 26% rispetto all’Arial originale. Questo risparmio è calcolato mediante una scansione ad alta risoluzione, seguita dal conteggio dei pixel.Il software Ecofont sostiene l’imprenditorialità socialmente responsabile (ISR). Approfondisci su Ecofont

L’Atelier del riciclo

L’Atelier del riciclo è un’ di un’associazione che promuove il riuso e il riciclo di piccoli oggetti, in nome di un modo di consumare più ecologico e vicino alle persone. L”idea nasce da Chiara Bettelli e Grazia Pallagrosi, in collaborazione con la pittrice Alice Pazzi qualche anno fa, quando decidono di fondare nel capoluogo lombardo l’Atelier del Riciclo, da cui nasce l’idea degli swap party e, poi, anche dello swap shop, una boutique dello “swapping” (baratto).
Si possono portare abiti, accessori, bijoux e anche piccoli oggetti di design che non si utilizzano più, ma in ottimo stato. Uno staff li valuta e li suddivide in diverse categorie di valore indicate con delle stelle, e si ricevono degli
swap token, dei buoni spesa, che vengono utilizzati nello swap shop per portarsi a casa degli altri oggetti della stessa categoria di valore.
C’è un aspetto nello swapping che nell’acquisto tradizionale non c’era, ovvero quello ludico e della socializzazione, uno scambio umano. Uno spazio creativo, di tendenza, dove socializzare, scambiare non solo oggetti ma anche idee, con un occhio di riguardo alla salvaguardia dell’ambiente e del portafogli. Da provare. Fonte
LifeGate