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La rigenerazione urbana deve essere ‘resiliente’: l’Inu presenta il Congresso 2013

17608_citta_ingegneri_LLe città come ‘motore dello sviluppo’ del Paese: è questo il tema principale, annunciato nei giorni scorsi, del28esimo Congresso dell’InuIstituto nazionale di urbanistica, che quest’anno si svolgerà a Salerno dal 24 al 26 ottobre nel contesto del Palazzo del Comune. Oltre a rappresentare l’appuntamento per il rinnovo delle cariche istituzionali, il convegno punta a descrivere lo stato dell’arte della pratica del governo del territorio in Italia e a lanciare nuove proposte. In questo senso, l’Inu vuole portare l’attenzione sulla necessità di puntare sui centri urbani definendo forme di sostegno in grado di attivarne le risorse, economiche e sociali. E’ nelle città, infatti, che risiede gran parte della ricchezza e della vitalità del Paese, è nelle città che si può uscire dalla crisi attraverso un’adeguata programmazione delle risorse che consenta la ripartenza dell’economia.

“Per puntare sulle città occorre prendere coscienza dei cambiamenti dell’ultimo periodo”, spiega la nota che accompagna la presentazione del congresso. “Si è passati da un modello di espansione urbana regolare e continuo a quello tipico della nuova città “post – metropolitana”: una cittàporosa e discontinua dal punto di vista insediativo einsostenibile da quello ambientale. Una città profondamente segnata dalla crisi, dove il mercato immobiliare è pressoché fermo per la contrazione del credito e dell’occupazione, e dove la domanda e l’offerta di alloggi faticano sempre di più a incontrarsi. Una città che soffre per la lunga serie di tagli di risorse che le sono stati inflitti”.

Sulla base di questi presupposti, il Congresso Inu metterà al centro dell’attenzione la discussione sulle innovazioni da apportare al governo del territorio, articolata in tre temi principali. In primo luogo la necessità che le politiche per la città si dedichino con energia alla rigenerazione urbana dopo gli anni in cui il modello indicato è stato la mera riqualificazione. Una rigenerazione intesa come “resilienza”, un processo più attento all’ambiente e al consumo di risorse, oltre la mera riqualificazione.

In secondo luogo, si discuterà delle evoluzioni che ha subito, attraverso le norme e la prassi, lo strumento del piano urbanistico, in relazione ad alcune riforme regionali, criticate dall’Istituto, che sulla base di un cosiddetto ‘federalismo urbanistico‘ hanno generato una situazione confusa.

Infine si proseguirà il dibattito giù affrontato nel corso del Congresso di Livorno di due anni fa, sul tema delle risorse da reperire per finanziare la città pubblica e il governo del territorio, ancora più attuale alla luce dei tagli che i Comuni continuano a subire. Per l’Inu il problema deve essere affrontato senza reticenze, e in tempi di ristrettezze finanziarie dei bilanci pubblici solo una nuova fiscalità, che colpisca finalmente la rendita fondiaria, è in grado di risolverlo.

Per stimolare la partecipazione al dibattito congressuale non soltanto dei propri soci, ma anche di professionisti, funzionari pubblici, studiosi impegnati nel campo del governo del territorio, l’Inu ha invitato tutti gli interessati ad inviare contributi, entro il 15 settembre 2013, partendo dal Position Paper pubblicato sul sito ufficiale dell’Istituto. Gli autori che proporranno idee particolarmente significative e innovative in relazione ai temi congressuali saranno invitati a diventare parte attiva nelle sessioni che si terranno venerdì 25 ottobre.

Fonte: www.ingegneri.info

La bolla geodetica giapponese, pensata per i più giovani per insegnare loro un nuovo modo di abitare

defaultViene chiamata Harima Eco House ed è una bolla geodetica che sorge su una collina poco distante da Osaka, progettata da un giovane architetto giapponese, Shuhei Endo, famoso per le sue ricerche sulla ecologia delle forme. Detto altrimenti è il Palazzo dell’Esperienza Ambientale, al suo interno vengono svolte attività con l’obiettivo di sensibilizzare bambini e ragazzi sui grandi temi dell’eco-sostenibilità, mescolando lezioni, gioco e spettacolo.

La Eco House si compone di tre padiglioni tra loro collegati e disposti a trifoglio, per la struttura dell’edificio Endo utilizza solo legno locale, ricavato dal diradamento necessario per mantenere in buona salute il bosco.  Per rivestire esternamente l’edificio, l’architetto ha optato per il cosiddetto acciaio vellutato, o Corten, un sottile strato metallico dal colore brunito che non necessita di alcuna manutenzione periodica perché il suo speciale punto di ossidazione lo rende resistente agli agenti atmosferici e al processo di deterioramento, senza bisogno di alcuna verniciatura.

E’ proprio sul concetto di sfera che si basa l’esperimento della casa ecologica di Shuhei Endo: la forma naturale più semplice viene scomposta e ricomposta geometricamente, costruita con materiali naturali, legno e acciaio, per ospitare una scuola di ecologia e di ambiente per i più piccoli, i nuovi abitanti del pianeta. A loro viene dimostrato concretamente, all’interno di questi spazi essenziali e naturali, che l’impronta ecologica di un individuo passa dalla lettura semplificata che esso deve avere della Natura, e dal rispetto che deve muovere ogni sua scelta.

La semplificazione delle forme è uno dei temi essenziali della cultura giapponese: nell’ assenza di tutto ciò che è superfluo prende forma la concretezza più efficace.

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Detrazione fiscale fino al 55%: lo sconto può arrivare a 100mila euro!

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La detrazione fiscale del 55% per il risparmio energetico premia quattro tipi di interventi, per ognuno dei quali è previsto un tetto massimo di spesa (e quindi di sconto fiscale). Al momento – e salvo proroghe – il bonus è previsto per le spese sostenute fino al 31 dicembre di quest’anno e dovrà essere suddiviso in cinque rate annuali di uguale importo. Per le spese sostenute nel 2007 e nel 2008, la rateazione è diversa. La procedura per il 55% non richiede una comunicazione di inizio lavori all’agenzia delle Entrate (che è invece richiesta per il 36%), ma prevede l’invio telematico della documentazione all’Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori. La documentazione varia a seconda del tipo di intervento.

Riqualificazione globale. Occorre raggiungere determinati valori annui di fabbisogno di energia, che dipendono dal rapporto superficie/volume dell’edificio nonché dalla zona climatica attribuita al Comune in cui è situato. I parametri sono fissati dal decreto del ministero dello Sviluppo 11 marzo 2008. Si tratta di combinare interventi “attivi” sugli impianti e “passivi” di contenimento del calore sulle strutture, quindi di affrontare spese notevoli. E questo ne fa la categoria di opere meno “gettonata”, anche perché coinvolge quasi solo le villette o le case isolate: i condomìni sono penalizzati dal fatto che i limiti di detrazione previsti valgono per tutto il palazzo, e andrebbero quindi spartiti tra tutti i comproprietari, a differenza di quel che capita per le altre opere agevolate dal 55 per cento. La detrazione sulla riqualificazione non è cumulabile con le altre detrazioni previste (coibentazioni e caldaie a condensazione), fatta eccezione per l’installazione di pannelli solari termici. Il Dm 26 gennaio 2010 ha sciolto il nodo dei casi in cui la riqualificazione prevede impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (per esempio, a legna), identificandone i requisiti minimi.

Coibentazioni e finestre. Occorre raggiungere particolari requisiti di “trasmittanza termica”, stabiliti per il biennio 2009-10 dal decreto dello Sviluppo 11 marzo 2008, come modificato da quello del 26 gennaio 2010. I limiti dipendono dalla zona energetica, nonché da quattro tipi di strutture coibentate: pareti, tetti, pavimenti e finestre comprensive di infissi. Ogni singolo intervento è agevolato: ciò ha reso questo tipo di opera la più popolare tra quelle per cui si chiede l’agevolazione. Queste opere prevedono, come quelle di riqualificazione globale, la compilazione dell’attestato di qualificazione energetica (Aqe) rintracciabile sul sito dell’Enea, nonché di quello di certificazione energetica (Ace), da conservare in caso di controlli. Fanno eccezione gli infissi, per cui basta la certificazione del produttore, nonché la compilazione dell’allegato F al decreto Economia e finanze 19 febbraio 2007. Dall’11 ottobre 2009 non è più necessaria la certificazione dei singoli componenti (vetri e profilati) e ora sono incluse anche le porte che danno sull’esterno o su locali non riscaldati.

Pannelli solari termici. Lo scopo è la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali. I pannelli e i bollitori devono avere garanzia di almeno cinque anni e gli accessori e i componenti di due anni. Così come per gli infissi, anche l’installazione dei pannelli solari termici non serve la compilazione dell’Aqe ma solo della scheda informativa (allegato F) che richiede i dati dei metri quadrati dei pannelli, il tipo (piani o sottovuoto), la modalità di installazione (su tetto piano o falda), l’accumulo di litri d’acqua.

Sostituzione di caldaie. Dal 2008 è ammesso sostituire i vecchi apparecchi non più solo con caldaie a condensazione, ma anche con «pompe di calore ad alta efficienza e impianti geotermici a bassa entalpia». Le prestazioni delle pompe di calore sono riportate negli allegati H e I al Dm 19 febbraio 2007, (modificato dal Dm 6 agosto 2009). Per l’installazione di caldaie a condensazione, ad aria o ad acqua, il decreto pone requisiti aggiuntivi. Occorre che l’apparecchio abbia una certa «potenza termica utile nominale». Devono essere installate valvole termostatiche su tutti i caloriferi, con unica eccezione per gli impianti a pavimento. L’impianto deve essere dotato di bruciatore di tipo modulante, regolazione climatica sul bruciatore, pompa di tipo elettrico a giri variabili. Si tratta di dispositivi che mirano a far sì che il bruciatore non funzioni al massimo regime, ma quanto basta. È infine esclusa la trasformazione dell’impianto da centralizzato a individuale o autonomo. È stato abrogato, dal 16 ottobre 2009, l’obbligo di produrre l’Aqe (allegato A al decreto Economia e finanze 19 febbraio 2007) in caso di sostituzione di caldaie.

Fonte: Casa24-Ilsole240re

Una bio-edilizia è possibile!

Il termine rinnovabile viene citato nell’ambito architettonico ed edilizio quasi esclusivamente a proposito della produzione di energia, che dovrebbe essere risolta impiegando fonti naturali come sole e vento per non depauperare le risorse del pianeta, sempre più in pericolo. Stesso concetto dovrebbe guidare la scelta dei materiali da costruzione per favorire il risparmio di energia:  riducendo le dispersioni termiche degli involucri e limitando il suo impiego nell’ambito della produzione dei singoli componenti edilizi.

Esiste ormai in commercio un discreto numero di prodotti non soltanto caratterizzati da un basso contenuto di energia grigia (impiegata per la produzione e per il trasporto in cantiere), ma anche realizzati esclusivamente con materie prime rinnovabili, naturali. In questa prospettiva l’industria edilizia non consumerebbe più suolo per la produzione dei suoi manufatti, ma contribuirebbe a farlo coltivare in maniera corretta, riducendone notevolmente l’impatto in termini di emissioni di CO2 in fase di produzione. Una fabbrica di questo genere può attivare circoli virtuosi anziché viziosi, sempre che si controlli in modo preventivo che le coltivazioni avvengano con le regole dell’agricoltura biologica, che non si causi l’impoverimento dei suoli utilizzabili per colture alimentari, che i processi di trasformazione delle materie prime e il trasporto delle stesse e dei prodotti finali non comportino l’impiego di troppa energia, specialmente se quest’ultima proviene da fonti non rinnovabili. In questo ambito vi sono alcuni materiali naturali che più di altri contribuiscono a migliorare il bilancio dei gas climalteranti e degli altri fattori che stanno minando il futuro del pianeta. Si tratta di specie vegetali rapidamente rinnovabili, in grado di rigenerarsi completamente in meno di 10 anni (alcuni anche in meno di uno). Tra queste si annoverano bambù, sughero, canapa e paglia. Le ultime due sono ritenute le risorse più significative per lo sviluppo della  nuova bioedilizia, in quanto appartengono a specie che crescono praticamente ovunque (riducendo i costi ambientali legati al loro trasporto), impiegano in questo ambito soltanto gli scarti di produzioni alimentari e tessili e sono lavorabili in modo semplice e poco energivoro. La paglia è considerata un ottimo materiale da costruzione da più di 100 anni e nonostante ciò è considerato un prodotto di nicchia, ritenuto ancora  poco affidabile.

Per contrastare questa situazione e diffondere questa famiglia di materiali in un mercato edilizio più ampio è necessario introdurre questi materiali nelle pratiche di costruzione legate alla prefabbricazione, la quale deve essere intesa come una strada da percorrere per ottimizzare la qualità degli stessi prodotti edilizi e del processo costruttivo in generale. Questa è una via in grado di far crescere la nuova architettura naturale nella giusta direzione. (Beatrice Spirandelli, architetto libero professionista, è membro del Consiglio dei Delegati ANAB. Redattrice della rivista “L’architettura naturale” si occupa anche del settore viaggi per anab architettura naturale).

Fonte: Anab

Isola d’Elba: ogni rondine avrà il suo nido!

Il comune di Marciana Marina, nell’Isola d’Elba, ha appena apportato una modifica al regolamento edilizio per facilitare la nidificazione di rondini e rondoni. La nuova norma, infatti, prevede il ripristino delle vecchie tegole, quelle con i coppi aperti nelle prime file, per permettere l’ingresso alle rondini, che utilizzano quelle cavità come luogo per riprodursi. È la prima volta che in Italia accade una cosa del genere. D’ora in avanti, chi vorrà ristrutturare un edificio, dovrà tenere conto di questa esigenza.

Le trasformazioni edilizie sono la causa principale di diminuzione delle specie che da secoli nidificano in città sugli edifici dell’uomo – ha dichiarato il Sindaco di Marciana, Anna Bulgaresi – con questa delibera il nostro Comune, primo in Italia, vuole dare un segnale positivo.

Negli ultimi anni è stato registrato un sensibile calo del numero degli esemplari di rondone in Europa, legato soprattutto al fatto che i nuovi palazzi e le ristrutturazioni dei vecchi edifici hanno comportato la chiusura di tutti i fori lungo le pareti e sui tetti. Due anni fa il comune di Milano predispose l’istallazione di “nidi artificiali” in alcuni parchi e quello di Rozzano adottò lo stesso provvedimento per alcuni edifici in cui i nidi erano stati rimossi. Ma la delibera di Marciana, oltre al tipo di tegole, comprende anche altre misure: è consigliato l’uso di intonaco rugoso per agevolare la costruzione dei nidi sotto i cornicioni delle case. L’iniziativa assume un significato particolare nell’anno della biodiversità.

Siamo orgogliosi che il comune abbia operato una scelta concreta a favore dell’ambiente – spiega Franca Zanichelli, direttore del Parco nazionale dell’Arcipelago – non poteva esservi un segnale migliore da parte di un ente locale compreso nel perimetro del Parco nazionale.

Fonte: LaRepubblica

 

Giugiaro design firma le nuove case prefabbricate per Albe Case di Wood Albertani S.p.A.

GIUGIARO DESIGN FIRMA LE NUOVE CASE PREFABBRICATE per ALBE CASE di WOOD ALBERTANI S.p.A.
Giugiaro Design ha firmato un nuovo modello di villa prefabbricate di design, realizzate dall’azienda italiana ALBE CASE di WOOD ALBERTANI S.p.A.
Nel nascente mondo dell’edilizia prefabbricata di alto livello, Giugiaro Design ha portato la propria trentennale esperienza nel campo dell’industrial design per interpretare con soluzioni costruttive e impiantistiche di ultima generazione il tema proposto da ALBE CASE.
Abbiamo voluto portare la nostra visione personale – ha dichiarato Fabrizio Giugiaro, direttore stile di Giugiaro Design – in un tema molto personale come quello della casa, senza tuttavia stravolgere le metodologie e le tecniche costruttive adottate e collaudate in questi anni da ALBE CASE. Dopo diversi anni di presenza nel mercato delle costruzioni in legno ed dopo che ci siamo affermati a più livelli in questo settore – dice Natale Albertani , direttore tecnico di ALBE CASE – era ora di dare una svolta alla nostra immagine legata alle costruzioni completamente in legno con uno stili marcatamente nordico o alpino. L’occasione di un rapporto personale di lavoro con Fabrizio Giugiaro ci ha dato l’opportunità di concretizzare il nostro sogno di vedere progettata una casa innovativa e di design, con tratti piacevoli e moderni.

Fonte: Maggioli Editore

Plastic Dining Room: l’eco-ristorante costruito su bottiglie riciclate

In uno Yacht Club ci si aspetterebbe di trovare materiali e rifiniture pregiate, magari del marmo o del legno. E invece da Vancouver, in Canada, ci arriva la smentita. Perché presso lo Yacht Club del posto, è stata realizzata una sala ristorante rifinita con materiali riciclati e alimentata da energia pulita. Questo fa piacere, sì, ma c’è dell’altro, che vi sorprenderà.
La sala ristorante, infatti, galleggia su 1675 bottiglie di plastica da due litri. Sostituiscono il cemento, riducono il problema dello smaltimento della plastica e, soprattutto, sensibilizzano alla questione rifiuti. Un problema da non sottovalutare perché genera delle enormi isole di spazzatura che possono raggiungere dimensioni sorprendenti e danneggiare la flora e la fauna marina. L’hanno chiamata la Plastic Dining Room ed è il primo locale al mondo a galleggiare su così tante bottiglie di plastica da due litri. Come anticipato, ogni dettaglio della sala è realizzato con criteri di sostenibilità ambientale. Dall’energia, generata tramite pannelli solari, ai materiali utilizzati per le finiture, esclusivamente riciclati, tutto è pensato per ridurre i consumi energetici e gravare il meno possibile sull’ambiente. Trattandosi di un ristorante, dopo aver parlato del modo in cui è realizzato, è arrivato il momento di parlare del cibo che viene servito. Le specialità del posto, sono i piatti a base di pesce, rigorosamente locale. Acquistando i prodotti del mare dai pescatori della zona, si riducono infatti le emissioni di CO2 che deriverebbero da un eventuale trasporto. Continuamente a contatto con il mare, chissà se i membri dello Yacht Club, mangiando in una simile sala, saranno sensibilizzati al problema…

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

Charrat: vecchio e nuovo convivono nella quiete della montagna

Valéry Claviene Nicolas Rossier dello studio svizzero clavienrossier architectes hanno trasformato una vecchia casa con annesso fienile in questa splendida residenza privata a Charrat, piccolo comune del Canton Vallese. Situata lontana dal paese, la casa aveva una superficie troppo vasta per essere rinnovata nella sua totalità e si è scelto, dunque, di conservare solo gli elementi che potessero essere facilmente riutilizzati, come le cantine e i solai della struttura preesistente, demolendo tutto il resto. I volumi di cemento a vista colorato mettono in evidenza il tetto e tutte le zone oggetto di trasformazione. Le grandi aperture create permettono alla luce di penetrare in maniera più abbondante. La geometria delle sovrastrutture è il risultato sia di un desiderio formale sia di una volontà di eliminare lo spessore murario. Le facce esterne dei nuovi volumi, diversamente inclinate, migliorano il gioco delle ombre che varia durante il giorno. All’interno non vi sono corridoi e la circolazione avviene lungo la parete esterna, da una stanza all’altra. La visione d’insieme continua al di là delle finestre, affacciandosi sul paesaggio circostante.

Fonte: Archiportale

Edilizia: geometri e responsabili di cantiere le figure più richieste

Ha un’età compresa tra i 25 e i 29 anni, un diploma di maturità e 5-10 anni di esperienza. È il candidato tipo alla ricerca di un lavoro nel settore dell’edilizia, secondo i dati forniti dalla società di recruitment online InfoJobs.it, che ha delineato un quadro del mercato del lavoro nel settore edilizio che evidenzia la tipologia di candidati interessati e ricercati, le province italiane con il maggior numero di offerte e le categorie più richieste.
Dai dati riferiti ai primi mesi del 2011 emerge che la maggioranza dei candidati ha un’età compresa tra 25 e 29 anni (24,7%) che supera però solo di poco la fascia di età tra 30 e 34 anni (24,2%). Seguono i candidati con età tra 35 e 40 anni (18,6%), quelli tra 18 e 24 anni (13,3%), quelli con più di 45 anni (10,4%) e quelli con età compresa tra 41 e 45 anni (8,6%). Quasi irrilevante invece le fascia d’età che identifica i minori di 18 anni (0,1%). Per quanto riguarda il livello d’istruzione dei candidati, il 46,1% possiede il diploma di maturità, il 21,3% la licenza media, il 21% la laurea specialistica e l’8,1% la laurea breve. Dall’analisi di InfoJobs.it risulta che la maggioranza dei candidati ha dai 5 ai 10 anni di esperienza (32,8%), seguono quelli con 3-5 anni di esperienza (23%) e i candidati con più di 10 anni di esperienza (10,6%). Nei primi due mesi del 2011 le categorie di lavoratori maggiormente richieste sono risultate i geometri/responsabili di cantiere e i commerciali/settore immobiliare/agenti. Nella provincia di Milano si concentra il 41,7% delle richieste di lavoro, seguono le province di Roma (26,1%), Torino (19,7%) e Bologna (12,5%).

Fonte: Casa&Clima

Dal Messico il nuovo cemento ecologico

Arriva da Città del Messico la notizia che gli scienziati del Cinvestav, stanno sviluppando un nuovo tipo di cemento ridurrebbe le emissioni di anidride carbonica fino all’80 % diminuendo la quantità di energia consumata nel processo di produzione di ben il 50 %.
Il cemento è il secondo prodotto più consumato al mondo dopo l’acqua per la crescita della popolazione, che in molte città richiede lo sviluppo di nuove infrastrutture, edifici e case, affermano dal Cinvestav, in un comunicato. Sfortunatamente, l’uso intensivo del cemento è dannoso per l’ambiente, bombardato dall’enorme quantità di anidride carbonica generata dalla produzione del materiale da costruzione, secondo il quanto affermato. Gli scienziati del Cinvestav hanno sviluppato diversi tipi di alternative al cemento negli ultimi 13 anni, tra cui un cemento a base di geopolimeri con una maggiore resistenza e durata nel tempo e un minore impatto ambientale ed economico, dice la nota. Il progetto, condotto da José Iván Escalante García, prevede di sviluppare un sostituto per il cemento “Portland”, che è il più utilizzato dall’industria delle costruzioni a livello mondiale poiché, per ogni chilo di questo tipo di cemento prodotto, viene rilasciata esattamente la stessa quantità di anidride carbonica. Secondo i dati forniti dallo scienziato, circa 2,5 miliardi di tonnellate di cemento vengono prodotti ogni anno nel mondo, il che corrisponde a oltre l’8 % delle emissioni di gas serra causate dall’uomo. Escalante ha affermato che, nel processo tradizionale di produzione del cemento, gran parte della quantità di anidride carbonica viene emessa a causa dell’uso di carbone o coke per portare il calcare, l’argilla e lo scisto a una temperatura di 1450 °C per ottenere un composto noto come clinker , che viene mescolato con del gesso e ridotto in polvere per la produzione di cemento.
Di segno opposto il cemento a base di geopolimeri, che viene composto e trattato a temperature di soli 750 °C. Oltretutto, i sottoprodotti industriali come le ceneri volatili residue dal processo di produzione a base di carbone, le scorie metallurgiche e altre materie prime, che non richiedono alcun tipo di trattamento termico, possono essere incorporati nella produzione di cemento a base di geopolimeri e contribuire in tal modo a ridurre le emissioni di anidride carbonica fino all’80 %, ha affermato Escalante. L’esperto ha aggiunto che i geopolimeri possono essere utilizzati per ottenere materiali dotati di maggiore resistenza e durata nel tempo, spiegando che il processo di fabbricazione di questi è più conveniente di quello del cemento tradizionale, perché l’energia consumata è il 50 % in meno di quella attualmente necessaria. Escalante e la sua squadra prevedono di iniziare presto le prove sul campo e di ottenere risultati ancora migliori di quelli conseguiti attraverso le ricerche in laboratorio. Speriamo, allora, di ricevere presto delle buone notizie dal Mexico’s Research and Advanced Studies Center: nel frattempo, per coloro che masticano un po’ di spagnolo e di chimica, potete leggere i risultati della ricerca del dottor Escalante qui.

Fonte: GreenMe

Ecco il MAI: modulo abitativo tecnologico

Dal lavoro congiunto tra CEii Trentino, Cnr-Ivalsa e Habitech, in collaborazione con circa 30 aziende artigiane trentine, nasce MAI (Modulo Abitativo Invalsa), prefabbricata in casa passiva legno ad elevato livello di modularità e sostenibilità. Si tratta di un modello di abitazione ecosostenibile al 100%, costituita da materiali riciclati rinnovabili il cui reperimento e produzione avviene entro un raggio limitato dal luogo d’origine. Il legno, naturalmente, proviene da foreste certificate di conifere.
La casa è composta da cinque moduli prefabbricati e trasportabili (superficie di 2,5×4 m per un’altezza di 3,5 m) che, insieme, formano un edificio di 33 metri quadrati. L’interno è composto da cinque vani: due stanze da letto, un bagno, una cucina, un soggiorno, totalmente arredati e completi di tutti i comfort ad alto risparmio energetico, a cui vanno aggiunte due terrazze esterne di 16 metri quadrati. Per quanto concerne poi gli aspetti tecnologici, la scelta dei progettisti di MAI è stata quella di adoperare un sistema integrato di solare termico in copertura ed un tetto verde, capace di controllare lo scarico a terra delle acque piovane, per coprire due dei cinque moduli. Gli involucri esterni delle pareti consentono di ottenere valori di trasmittanza e sfasamento termici pari a quelli di una casa passiva, eliminando completamente l’uso dei sistemi di riscaldamento tradizionali.
Il risparmio energetico è garantito da sistemi di controllo e gestione degli impianti meccanici e di illuminazione, oltre che da accorgimenti in fase di progetto. La resistenza al fuoco, infine, è garantita sia dall’uso di una facciata ventilata di tavole in legno con guaina traspirante impermeabile, sia da uno speciale rivestimento interno: tale combinazione consente la protezione totale degli strati di fibra di legno dagli agenti esterni.
Con questo sistema, fa notare con legittimo orgoglio il responsabile scientifico del progetto Ario Ceccotti, “una volta arrivati sul posto, non bisogna fare altro che avvitare dei bulloni… inoltre, è possibile costruire edifici di qualsiasi grandezza e forma architettonica”. Oltre al sistema a incastro, l’aspetto innovativo di ‘Mai’ è il ri-uso dei pannelli. La sua struttura portante (solai, pareti e coperture) è interamente realizzata con tavole di X-lam provenienti dalle prove effettuate nei quattro anni di studi in seno al progetto Sofie. Un vero e proprio ‘riciclo’, che rende questo edificio un prototipo dal design e dall’architettura estremamente curati, un concentrato di tecnologia, ricerca ed estetica. Tali peculiarità rendono per adesso MAI un’ottima testimonial adatta alla partecipazione ad eventi sulla sostenibilità ed un valido tester per indagini non invasive condotte da Cnr-Ivalsa: la strada per un abitare sostenibile è lunga ma credo che la direzione sia finalmente quella giusta.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Biomateriali per l’edilizia. Una scelta o la legge?

Da un po’ di anni si parla del difficile accostamento tra il costruire e l’utilizzo di tecniche e materiali biocompatibili. Ammettiamolo, la bioedilizia non è mai stata vista di buon grado dalla maggior parte dei tecnici, per non parlare di ciò che ne pensa la committenza, ovvero di coloro che ponendosi il problema di dover investire i propri sacrifici, vorrebbero vedersi costruire l’abitazione dei sogni, bella, salubre, staticamente eterna e non sentirsi cavie di esperimenti sull’abitare rispettando l’ambiente. D’altronde come dargli torto dato che, senza numeri alla mano, molte proposte di materiali innovativi sono sembrare non fondate su basi scientifiche. Ma i pregiudizi si sgretolano (era ora) e le tecniche avanzano, in quanto i test effettuati su alcuni materiali per la bioedilizia non fanno altro che dar torto a tutti i malpensanti d’occasione. Tegole, mattoni, intonaci e molti altri prodotti per l’edilizia sono stati rivisti in chiave “bio” mettendosi, nella maggior parte dei casi, qualitativamente al di sopra di tutti i materiali di comune utilizzo. In un paese della Comunità Europea come la Francia si crede in ciò qui scritto, e lo si fa da anni, mentre le stesse idee sembrano esser cestinate a priori a pochi chilometri di distanza. Sarà la committenza? I tecnici? Non si sa chi faccia ancora orecchie da mercante al riguardo, ma perché innanzi a proposte economicamente competitive, rispettose dell’ambiente e dell’uomo non si sceglie sempre la miglior soluzione? Già largamente utilizzati in altri Paesi della Comunità Europea, i materiali bio sembrano trovare spazio a fatica in Italia, eppure in un tempo in cui si deve far fronte alla crisi economico-energetica e ambientale nulla suona meglio di questi prodotti.
Regolano l’umidità all’interno degli ambienti, isolano termicamente ed acusticamente, hanno un ridottissimo impatto ambientale e soprattutto durano nel tempo così come i materiali comuni. Ottimo è, a questo proposito, l’esempio del bio-mattone, adatto sia alla fase di costruzione che in quella di ristrutturazione dell’esistente. La sola produzione è a ridotto impatto ambientale, ed il general manager di una delle ditte produttrici dichiara: “Con il nostro prodotto vogliamo veicolare non solo un materiale ecocompatibile e a emissioni zero, ma un modo nuovo di concepire l’edilizia”. La domanda sorge spontanea: “Riusciremo a vedere diffondersi dei biomateriali all’interno delle nostre costruzioni, o dovremo per forza di cose aspettare una legge che lo imponga?”

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

Bioedilizia: il biomattone di canapa e calce che cattura la CO2

Dopo il cemento ecologico, a base di geopolimeri, arriva anche il Biomattone, che si caratterizza per la sua particolare e innovativa capacità di catturare le emissioni di CO2 dall’atmosfera.
Il rivoluzionario mattone – prodotto dall’azienda di Lecco Equilibrium – è costituito da un composto biologico a base di canapa e calce, ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo di canapa con un legante a base di calce. Una volta indurito, il composto diventa rigido e leggero allo stesso tempo e può quindi essere utilizzato sia nella costruzione di nuovi edifici sia nella ristrutturazioni di stabili già esistenti. Oltre a garantire un ambiente salutare, un ottimo isolamento termo-acustico, la permeabilità al vapore e un alto confort abitativo, il biomattone garantisce un impatto ambientale ridotto – in particolare riesce a ridurre le emissioni di C02 durante la produzione – e la capacità di catturare le emissioni inquinanti dall’atmosfera.
La notizia di questo nuovo eco-mattone è già arrivata al Parlamento europeo, dove l’eurodeputato, Oreste Rossi della Lega Nord, ha presentato una interrogazione con la quale chiede alla Commissione di favorire la produzione, la diffusione e la commercializzazione del composto ecologico a base di calce e legno di canapa.
Con il nostro prodotto vogliamo veicolare non solo un materiale ecocompatibile e a emissioni zero, ma un modo nuovo di concepire l’edilizia – ha commentato ha dichiarato il General Manager di Equilibrium, Paolo Ronchetti. – Se anche la politica si sta accorgendo di quanto è importante risparmiare energia e vivere in un ambiente più salubre e confortevole, allora vuol dire che qualcosa sta veramente cambiando. La nostra realtà è guidata da giovani professionisti, che hanno condotto ricerca e sviluppo all’estero sui nuovi materiali a ridotto impatto ambientale e sulle più innovative tecniche costruttive per ridurre al minimo la quantità di energia consumata sia nella produzione dei materiali che lungo il ciclo di vita degli edifici – ha continuato Ronchetti – Abbiamo deciso di tornare in Italia ed investire in questa impresa perché amiamo il nostro Paese e vogliamo contribuire a migliorarlo attraverso il nostro lavoro. La sfida che Equilibrium si appresta a lanciare è semplice: dimostrare che si può fare business, sviluppare indotto e realizzare edifici ad emissioni zero confortevoli da abitare, anche in un momento di crisi.

Fonte: GreenMe

Milano: al Salone del Mobile sfilano i prodotti naturali

Sughero, paglia, pannelli in truciolato. Sono soltanto alcuni dei materiali 100% naturali che stanno vivendo un vero e proprio revival di questi tempi. A darne la consacrazione ufficiale, stand e proposte del Salone del Mobile, iniziato il 12 aprile 2011, a Milano. Una gamma di prodotti, soluzioni e allestimenti in cui l’aspetto della riciclabilità e della sostenibilità dei materiali diventa una discriminante decisiva, dimostrando il diffondersi di una nuova mentalità attenta all’ambiente e rigorosa in tema di ambiente.
A sottolinearlo Gianluigi Zani, presidente della Coldiretti mantovana, in un intervento al Salone milanese: I materiali dell’abitare guardano sempre più ai prodotti di origine agricola per garantire un buon isolamento termo acustico, una corretta umidità dell’aria e un maggiore rispetto per l’ambiente. Ecco che allora le pareti degli edifici si rivestono internamente di paglia o lana di pecora, con benefici termici sia in inverno, che in estate, e ancora, le tegole lasciano il posto a coperture verdi e naturali. Grazie ai giardini verticali, agli orti a parete o a quelli sui terrazzi, piante e fiori stanno diventando sempre più elementi attivi di uno stile dell’abitare che guarda non solo all’estetica ma anche all’ambiente e al benessere psicofisico delle persone, commenta la Coldiretti Lombardia, stimando, all’interno della regione, oltre un milione di balconi in verde, di cui quasi la metà concentrati proprio a Milano.

Fonte: Casa&Clima

Casa: eco-edifici con lana vetro, taglio emissioni e bolletta

Una bolletta piu’ leggera, la certezza di aiutare l’ambiente. Sono questi, essenzialmente, i vantaggi ottenuti isolando gli edifici attraverso l’impiego della lana di vetro considerando che il fabbisogno energetico medio di un edificio nostrano e’ di 200 chilowattora (Kwh) per metro quadrato all’anno, contro i 130 della Germania e i 60 della Svezia, e che il 28% delle emissioni italiane di CO2 deriva proprio dagli edifici. Della lana di vetro, realizzata con l’80% di vetro riciclato, e della possibilita’ di offrire una risposta alla riduzione della ‘fame’ energetica degli edifici se ne e’ parlato nel corso del convegno ”Valutazione scientifiche sulle lane di vetro alla luce dell’evoluzione normativa”, organizzato dalle universita’ di Urbino e di Torino oggi a Roma. Avendo un’edilizia sostenibile l’Europa potrebbe far risparmiare 270 miliardi di euro l’anno, oggi spesi per l’inefficienza energetica delle case (per di piu’ agli edifici europei possono essere attribuite 842 milioni di tonnellate di emissioni di CO2). Del resto il 40% del consumo totale di energia in Europa proviene dai suoi 160 milioni di edifici (piu’ dei trasporti con il 33% e dell’industria con il 26%). La dispersione energetica in Italia si amplifica dal momento che ”circa il 70% delle case” risale a prima della prima legge sull’isolamento termico del 1976. Impiegando tecniche di coibentazione e’ pero’ possibile risparmiare tra il 70 e il 90% dell’energia richiesta da un edificio e 3,3 milioni di barili di petrolio al giorno. E la lana di vetro viene ritenuta ”un’ottimo isolante” particolarmente adatta ”al clima mediterraneo”, senza contare che la quantita’ di energia necessaria a produrla e’ tre volte inferiore rispetto ad altri materiali. Gaetano Cecchetti dell’universita’ di Urbino e Pier Giorgio Piolatto dell’universita’ di Torino, infine, rassicurano in quanto agli effetti sulla salute umana.

Fonte: Ansa

La Coinbentazione: come ridurre le dispersioni aumentando il risparmio energetico

Con il termine coibentazione si intende l’isolamento termico di una parete che divide due ambienti. Significa cioè aumentare la resistenza termica (o anche diminuire trasmittanza o conduttanza) attraverso l’impiego di materiali che presentano una elevata resistenza termica (che dipende anche dal loro spessore), della tecnica di costruzione o posa utilizzata e di alcuni accorgimenti costruttivi.

IL RISANAMENTO ENERGETICO IN  3 PASSI
1 – Ridurre le dispersioni Attraverso il migliore isolamento termico
2 – Migliorare l’efficienza Una bassa dispersione significa meno energia da reintrodurre nell’ambiente da climatizzare. Minor funzionamento ed usura dei dispositivi in questione (caldaie, pompe, cimatizzatori, etc).
3 – Ottimizzare la gestione Utilizzare temperature non troppo diverse da quelle esterne (il minor salto termico giova anche alla salute, oltre a ridurre le dispersioni) e climatizzare solo gli ambienti nei quali si soggiorna. Una soluzione grossolana ma efficace: zona giorno e zona notte. Utilizzare termostati o valvole termostatiche.

Tra gli accorgimenti costruttivi sono da evidenziare i seguenti:

– Intercapedine (lo spazio vuoto tra le pareti interna ed esterna) ridotta. A differenza di quanto adottato in passato, l’ intercapedine vuota presente tra mura esterne ed interne deve essere di ridottissima entità. Va cioè adottata una intercapedine a “lama d’aria” (il termine aiuta a visualizzare la reale consistenza della metodologia). Questo perchè una intercapedine di grandi dimensioni peggiora l’isolamento, dal momento che al suo interno si verificano facilmente moti convettivi d’aria che fisicamente trasportano più facilmente il calore da un ambiente all’altro. Meglio quindi uno spessore esiguo, pochi millimetri, che riesca a facilitare lo smaltimento di eventuale umidità ma senza peggiorare l’isolamento termico. Come regola empirica considerare che oltre i 4 centimetri i moti convettivi all’interno delle pareti vengono sensibilmente facilitati.  Questo vale anche se tra le pareti è presente uno strato di materiale isolante, anche una piccola interruzione, in presenza di troppa aria libera di circolare, è in grado di peggiorare sensibilmente l’isolamento.

– Ponti termici interrotti. Con il termine “ponte termico” si intende la presenza di una zona che a causa della sua elevata conduttività termica, aumenta le dispersioni termiche tra due ambienti.
Uno dei ponti termici più comuni è costituito dalla presenza di parti di cemento armato non rivestite. Un classico è l’interruzione dello strato isolante (lana di roccia o pannelli di vari materiali) in corrispondenza di colonne o travi in cemento armato. Anche se tale ponte non è in vista, ma è presente all’interno di una  intercapedine troppo ampia (vedi sopra), facilita comunque il trasferimento del calore tra gli ambienti.

Infissi. La superficie delle superfici vetrate è esigua rispetto a quella delle pareti, ma la resistenza termica del vetro è molto più bassa di queste ultime e quindi si può arrivare anche  al 50% delle dispersioni attraverso le finestre (vedere sezione infissi).

Gli interventi possono riguardare sia le pareti perimetrali dell’ambiente considerato, sia il tetto, sia il pavimento.
L’isolamento del pavimento è generalmente poco considerato, ma se è quello di ambienti confinanti con locali disabitati o climatizzati, come ad esempio garages, cantine e simili, magari con grosso ricambio di aria e temperatura quindi molto vicina a quella esterna, potrebbe essere una grossa fonte di dispendiosa dispersione.  In caso di ultimo piano il problema potrebbe essere nel tetto.

Per isolare termicamente le pareti perimetrali della casa si possono in sintesi adottare 3 metodologie (anche contemporaneamente, specialmente in caso di interventi successivi):
– Isolante applicato esternamente.
– Isolante applicato internamente.
– Isolante applicato all’interno delle pareti (intercapedine).
Esistono anche blocchi da costruzione in materiali particolari (ad esempio il “poroton”) che presentano già di per se un alta resistenza termica, ma qui stiamo citando le metodologie e non il materiali.

 

Isolante applicato esternamente: Isolamento a Cappotto
Lo strato applicato esternamente, prende il nome di isolamento a “cappotto” (quando è riferito alle pareti). Questo intervento diventa una priorità quando siamo in presenza di strutture concepite e costruite in periodi nei quali i costi dei combustibili era basso e i materiali e le conoscenze scarsi rispetto agli odierni. Le costruzioni di qualche decennio fa, non sempre erano attente alla dispersione e alla formazione di ponti termici. I sistemi oggi a disposizione consentono di risolvere nella globalità queste problematiche, anche agendo su più fronti.
Un intervento esterno si può applicare anche per i tetti, ad esempio lastre da applicare sotto le tegole (diverse metodologie e materiali), ma è improprio il termine cappotto in questi casi. Il sostanziale vantaggio di questa tipologia di intervento rispetto ad uno strato interno è quello dovuto alla creazione di un “volano termico”. Questo significa che tutta la muratura interna al “cappotto” è capace di accumulare energia termica e la sua inerzia termica contribuisce a tenere stabile la temperatura nell’ambiente interno o comunque di evitare variazioni rapide della stessa. Un isolamento applicato sulle pareti interne, ad esempio lastre di polistirolo, non ha inerzia termica, e quindi si viene a creare il cosiddetto “effetto baracca”, dove la temperatura degli ambienti varia in maniera relativamente rapida (ad esempio tra giorno e notte) inficiando il comfort abitativo. Questo, anche se può sembrare strano, non influenza però il consumo energetico che a conti fatti è lo stesso!  Il sistema a cappotto per l’isolamento termico può essere utilizzato sia in edifici di nuova costruzione, sia in interventi di restauro. Tale sistema garantisce l’eliminazione totale dei “ponti termici”, ossia di quei punti della struttura in cui si hanno delle vie preferenziali per la dispersione del calore. Può rappresentare inoltre una soluzione alla formazione di condensa, macchie e muffe sulle superfici interne delle pareti.
Nelle sue linee essenziali il sistema d’isolamento a cappotto consiste nel fissare all’esterno delle pareti, tramite collanti e tasselli, dei pannelli coibentanti che successivamente vengono rasati con una speciale colla ed armati con una rete in fibra di vetro prima dell’applicazione finale del rivestimento di protezione per gli strati sottostanti.

Applicazione di un sistema a cappotto in 6 passi:
1) Pannello isolante
(generalmente in polistirene espanso sinterizzato). Lo spessore è scelto a seconda delle esigenze di isolamento.
2) Collante e/o tasselli. Servono a fissare i pannelli alla muratura.
3) Rete di armatura in fibra di vetro. Conferisce una adeguata capacità di resistere agli urti e a contenere le tensioni dovute agli sbalzi termici e al ritiro/assestamento dopo l’applicazione.
4) Rasatura. Serve
a proteggere, insieme alla rete d’armatura, il pannello isolante.
5) Fissativo. Come in tutte le preparazioni alla finitura serve ad isolare e stabilizzare il fondo, migliorando le condizioni di adesione e compatibilità, prima dell’applicazione del rivestimento finale.
6) Strato di finitura. Può essere di tipo tradizionale, anche come quello preesistente.
Ha una funzione protettiva degli strati sottostanti e serve a conferire l’ aspetto esterno dell’edificio. Visto che la crescita dialghe e funghi si può manifestare più facilmente nei sistemi a cappotto, è indicato un rivestimento additivato con specifici prodotti.

 

Isolante applicato internamente
Un sistema come quello a cappotto sopra citato può essere applicato anche internamente, ad esempio in quei casi dove la facciata esterna rende sconsigliabile o impraticabile l’isolamento a cappotto esterno (ad esempio edifici rivestiti in cortina) , oppure nel caso di appartamenti in condominio, dove l’assemblea è restia a migliorare l’isolamento termico dell’edificio intero.  Una diversa soluzione potrebbe essere quella si utilizzare lastre in cartongesso preaccoppiate a pannelli di polistirene espanso sinterizzato (consigliati almeno 3 cm di spessore) da applicare a colla. Il vantaggio è la rapidità di applicazione e la relativa economicità. Lo svantaggio è rappresentato dalle problematiche appendere oggetti alle pareti (anche se esistono gli appositi stop da cartongesso o la possibilità di usare stop più lunghi che possono ancorarsi alle mura sottostanti), e la possibilità di ottenere fessurazioni lungo le linee di accoppiamento delle lastre che non sempre la retina utilizzata riesce ad evitare. Altre alternative rivestimenti in “perlina di legno” (tavolette presagomate) alla quale accoppiare lastre di materiale isolante (sintetico come il polistirene o naturale come il sughero).

 

Isolante applicato all’interno delle pareti.
Se l’edificio è in costruzione è possibile inserire lastre di polistirene, lana di roccia o materiali naturali vari come sughero, fibra di canapa, lana di legno etc.
In muri gia esistenti è possibile inserire dei materiali isolanti sfusi per insufflazione (come sughero, sughero tostato, perlite, polistirolo, etc.) o per pompaggio (è il caso delle resine sintetiche).
Queste operazioni sono generalmente possibili effettuando un reticolo di fori a distanza di circa un metro tra di loro (ma dipende dai materiali) e da li procedendo all’inserimento dei materiali.
I materiali sfusi devono essere leggeri, evitare quindi l’utilizzo di argilla espansa o altri materiali relativamente “pesanti”, a meno di muri di forte spessore. La pressione esercitata alla base potrebbe far cedere il muro nella parte bassa!

 

Pavimenti
L’intervento è complesso e costoso se riguarda pavimenti già esistenti. Moquette e parquet, considerati il materiale e lo spessore, servono a poco. In tal caso, se i locali sottostanti e gli eventuali proprietari lo consentono, potrebbe essere più conveniente isolare il soffitto di questi ultimi. A tale scopo si potrebbero utilizzare ad esempio lastre in fibra o lana di legno mineralizzata (totalmente insensibili all’umidità e molto stabili e resistenti) di elevato spessore, almeno 4cm (perchè isolano meno rispetto ad altri materiali come il polistirene, vedere tabelle in questo sito)  o con una controsoffittatura ben coibentata all’interno (che soffre di altri problemi).
Se si sta ristrutturando e si sta mettendo anche mano al massetto, si potrebbero usare massetti premiscelati/alleggeriti con argilla o con altri materiali inerti affogati all’interno,  oppure a lastre di polistirene concepite per questo utilizzo (hanno una resistenza alla compressione più elevata rispetto alle normali).

 

Tetti
Ad un tetto in tegole è possibile applicare sotto di queste dei pannelli preformati in polistirene o altri materiali, con spessore minimo di almeno 5 cm, che volgono anche la funzione di guaina e di sistema di ventilazione sottocoppo, coi vantaggi che questo comporta.

Per tetti a lastricato solare è applicabile la soluzione di quanto illustrato nella sezione pavimenti.  Se il lastricato solare non è calpestabile si può anche applicare del materiale semplicemente appoggiato sopra. Tenere presente, se il problema principale è il caldo, che una semplice mano di vernice bianca o argento (ne esistono di speciali e apposite) riduce moltissimo il calore assorbito (e poi ritrasmesso all’interno). Provare per credere.

Fonte: riscaldamento-news

Protocollo LEED

Gli standard LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) sono parametri per l’edilizia sostenibile, sviluppati negli Stati Uniti e applicati in 40 Paesi del mondo.
Rivolgendosi all’intero processo (dalla progettazione, alla fase di costruzione e di occupazione) e ad ogni parte dell’edifico, il LEED opta per una visione olistica della sostenibilità, sfruttando ogni possibilità di ridurre impatti ambientali di vario genere ed emissioni nocive degli edifici in costruzione. Si individuano e delineano così le “best practice” per ingegneri, architetti, professionisti e l’intera comunità del settore, destinate a divenire linee guida nella certificazione di parte terza.
Il GBC Italia ha avuto il compito di sviluppare, secondo le linee guida comuni a tutti gli aderenti alla comunità internazionale LEED, le caratteristiche del sistema LEED Italia, che sarà attivo da Aprile 2010 e terrà presenti le specificità climatiche, edilizie e normative del nostro Paese.
Il sistema si basa sull’attribuzione di crediti per ciascuno dei requisiti caratterizzanti la sostenibilità dell’edificio. Dalla somma dei crediti deriva il livello di certificazione ottenuto.
I criteri sono raggruppati in sei categorie, che prevedono prerequisiti prescrittivi obbligatori e un numero di performance ambientali, che assieme definiscono il punteggio finale dell’edificio:
• Siti sostenibili
• Gestione efficiente dell’acqua
• Energia ed atmosfera
• Materiali e risorse
• Qualità degli ambienti interni
• Progettazione ed innovazione

Sommando i crediti conseguiti all’interno di ciascuna delle sei categorie, si ottiene uno specifico livello di certificazione, che attesta la prestazione raggiunta dall’edificio in termini di sostenibilità ambientale. La certificazione LEED si articola in:
– Certificazione Base (Certified)
– Certificazione Argento (Silver)
– Certificazione Oro (Gold)
– Certificazione Platino (Platinum)

FONTE: Sistemi di energy managment

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L’impatto acustico dei bar e dei locali pubblici.

L’impatto acustico dei bar e dei locali pubblici in genere è oggi sempre più argomento di attualità. La questione è delicata perché oltre al rumore dei classici apparecchi presenti in tutti i bar d’Italia si aggiunge spesso il suono della musica (diffusa o suonata) e il rumore generato dai clienti anche quando sono fuori dal locale (seduti ai tavoli o in piedi).

La legge quadro sull’inquinamento acustico n. 447/95 obbliga i comuni a richiedere che vengano eseguiti degli studi previsionali per tutte le attività rumorose, ciò succede contestualmente alla dichiarazione di inizio dell’attività (nella burocrazia della D.I.A.P. ma spesso anche nella S.C.I.A. per apertura o modifiche all’attività di somministrazione all’interno di pubblici esercizi), succede sempre più spesso che vengano richieste delle valutazioni di impatto acustico (V.I.A.) anche per le attività già esistenti: gran parte dei locali pubblici sono oggi considerati essere potenziali inquinanti per quanto riguarda il rumore.
Si noti come in caso di esposto al comune da parte dei vicini oggi molti uffici ARPA chiedono di effettuare uno studio sull’esistente con progetto di bonifica prima di uscire a fare i controlli e comunque obbligano sempre il gestore a farlo dopo aver fatto dei controlli con esito di superamento die limiti e multa conseguente.

Il titolare deve incaricare un tecnico competente in acustica ambientale riconosciuto da una regione Italiana: questo professionista effettuerà delle misure fonometriche approfondite sull’area interessata e una serie di calcoli per dimostrare se l’attività inquini o meno verso i vicini di casa, nel caso ci sia uno sforamento dei limiti di legge è suo dovere individuare tutte le possibili soluzioni per diminuire l’impatto verso di essi e far rientrare le immissioni sonore nei limiti di legge.

Lo studio è effettuato in via previsionale (V.P.I.A.) se l’attività non si è ancora insediata, è fatto sulla situazione esistente (V.I.A.) se l’attività è già avviata.
I controlli vengono effettuati dall’ARPA provinciale competente su richiesta del comune che raccoglie gli esposti dei cittadini e può multare le attività inquinanti (ammenda, più pagamento delle spese dei tecnici, più conseguenti limitazioni sulla licenza).
L’intervento di un tecnico competente in acustica ambientale riconosciuto dalla regione è obbligatorio per legge quando si deve studiare la bonifica della situazione ma è utile anche per conciliare situazioni delicate extra-giudiziali o a supporto di un avvocato di una delle parti quando si arriva all’accertamento tecnico e poi alla causa legale.

Purtroppo sono ancora poche le zonizzazioni acustiche che prevedano questa problematica e la affrontino seriamente e serenamente verso tutte le persone coinvolte: all’estero è normale che ci siano zone dedicate della città dove si incoraggia l’apertura di locali notturni rumorosi, o che vengano date delle prescrizioni d’orario ben definite, nel nostro paese si riempiono i centri storici senza valutazioni tecniche approfondite e si va sempre più spesso alla guerra degli avvocati con grosse spese e tempi lunghi per tutte le parti coinvolte.

La nostra esperienza diretta è che la classica attività di bar al chiuso con radio/tv o filodiffusione a basso volume raramente risulta inquinante, lo è se lo stabile e/o il locale in cui è posta l’attività ha dei difetti edili o impiantistici o se alcune semplici norme di buon senso tecnico e di civile educazione non sono rispettate. Solitamente i livelli sonori interni a queste attività sono vicini ai 65 dB(A).

La questione cambia quando l’attività nell’ happy hour o la sera preveda musica diffusa a volume sostenuto o suonata dal vivo, quando ci siano tavolini e clienti che consumano e/o sostano all’aperto, quando ci siano impianti particolarmente rumorosi all’interno o all’esterno del locale (p.e. aria condizionata, frigoriferi, videopoker, etc.) e i vicini siano proprio a ridosso del locale. In questi casi il livello sonoro interno può superare gli 80 dB(A) e i 90 dB(A) rendendo la situazione delicata anche dal punto di vista tecnico.

L’insonorizzazione dello spazio può essere concepita al meglio e con risparmio in fase di ristrutturazione, l’ingegnere acustico da informazioni per la realizzazioni delle opere di isolamento ma controlla e cura i dettagli dei progetti di tutti gli impianti in gioco (elettrico, aria, idrico, audio, etc.) confrontandosi con l’architetto/il geometra incaricato e tutti i tecnici del caso.
Le opere di isolamento possono integrarsi con la ristrutturazione e con il progetto architettonico dell’interno dei locali.
Come già detto l’insonorizzazione e la bonifica acustica dei locali deve essere studiata per legge da un tecnico competente in acustica ambientale (sigla TCAA) riconosciuto, ogni situazione è differente e va analizzata nei dettagli dell’edificio e del contesto: il problema è risolvibile in gran parte dei casi se c’è l’impegno e la competenza specifica di tutte le persone coinvolte.

Fonte: suonoevita.it

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