Articoli relativi a ‘Europa’

Energie rinnovabili: piu’ fondi Ue dopo il 2013

In vista delle prossime prospettive finanziarie dopo il 2013, la Commissione sta attualmente considerando l’opportunità di allargare l’ambito di pertinenza dei fondi a sostegno di progetti nel campo delle energie rinnovabili.
E’ quanto sottolinea, in risposta ad un’interrogazione sui progetti eco-sostenibili per le Alpi, il commissario Ue all’energia Gunther Oettinger. In base alla direttiva sulle energie rinnovabili, ricorda il commissario, ogni Stato membro è tenuto ad adottare le misure necessarie per raggiungere obiettivi nazionali vincolanti in materia di energie rinnovabili entro il 2020. Tali misure vanno dettagliate nei piani d’azione nazionali per le energie rinnovabili. La regione alpina si estende sul territorio di più Stati membri, e dal momento che gli obiettivi in materia di energie rinnovabili sono specifici per ognuno di essi, la responsabilità di decidere dove e come promuovere le energie rinnovabili spetta a ciascun Stato membro, ha precisato il commissario.
La Commissione, ha aggiunto Oettinger, è al momento impegnata nella valutazione di tutti i piani nazionali e prenderà i dovuti provvedimenti nel caso questi non fossero conformi a quanto disposto nella direttiva. L’Ue sostiene finanziariamente progetti regionali nel campo delle energie rinnovabili. L’energia, in particolare l’energia rinnovabile e le azioni in materia di efficienza energetica, figurano tra le priorità dei fondi della politica di coesione (Fondo strutturale e Fondo di coesione) per il 2007-2013.
In base al principio della gestione condivisa, la gestione particolareggiata dei programmi che beneficiano del sostegno dei fondi (attraverso sovvenzioni, prestiti, garanzie sui prestiti, assistenza tecnica) è di competenza degli Stati membri. I fondi della politica di coesione stanziati in tutta l’UE a sostegno di investimenti nell’intero settore delle energie sostenibili, comprese l’efficienza energetica, la cogenerazione, la gestione energetica e le energie rinnovabili ammontano, per il periodo 2007-2013, a circa 9 miliardi di euro. Per promuovere investimenti energetici sostenibili negli edifici, di recente è stato modificato il Fondo europeo per lo sviluppo regionale.

Fonte: Ansa

Casa: eco-edifici con lana vetro, taglio emissioni e bolletta

Una bolletta piu’ leggera, la certezza di aiutare l’ambiente. Sono questi, essenzialmente, i vantaggi ottenuti isolando gli edifici attraverso l’impiego della lana di vetro considerando che il fabbisogno energetico medio di un edificio nostrano e’ di 200 chilowattora (Kwh) per metro quadrato all’anno, contro i 130 della Germania e i 60 della Svezia, e che il 28% delle emissioni italiane di CO2 deriva proprio dagli edifici. Della lana di vetro, realizzata con l’80% di vetro riciclato, e della possibilita’ di offrire una risposta alla riduzione della ‘fame’ energetica degli edifici se ne e’ parlato nel corso del convegno ”Valutazione scientifiche sulle lane di vetro alla luce dell’evoluzione normativa”, organizzato dalle universita’ di Urbino e di Torino oggi a Roma. Avendo un’edilizia sostenibile l’Europa potrebbe far risparmiare 270 miliardi di euro l’anno, oggi spesi per l’inefficienza energetica delle case (per di piu’ agli edifici europei possono essere attribuite 842 milioni di tonnellate di emissioni di CO2). Del resto il 40% del consumo totale di energia in Europa proviene dai suoi 160 milioni di edifici (piu’ dei trasporti con il 33% e dell’industria con il 26%). La dispersione energetica in Italia si amplifica dal momento che ”circa il 70% delle case” risale a prima della prima legge sull’isolamento termico del 1976. Impiegando tecniche di coibentazione e’ pero’ possibile risparmiare tra il 70 e il 90% dell’energia richiesta da un edificio e 3,3 milioni di barili di petrolio al giorno. E la lana di vetro viene ritenuta ”un’ottimo isolante” particolarmente adatta ”al clima mediterraneo”, senza contare che la quantita’ di energia necessaria a produrla e’ tre volte inferiore rispetto ad altri materiali. Gaetano Cecchetti dell’universita’ di Urbino e Pier Giorgio Piolatto dell’universita’ di Torino, infine, rassicurano in quanto agli effetti sulla salute umana.

Fonte: Ansa

Albero più amato d’Europa: votate online

L’albero più amato d’Europa si può votare online. Il tutto rientra nell’ambito del concorso “European tree of the year“, che vede in gara cinque alberi che si trovano in differenti Paesi europei. Gli internauti possono esprimere la loro preferenza per una delle piante, contribuendo in questo modo a decretare il vincitore. Un’interessante opera di sensibilizzazione ambientale improntata alla sostenibilità ambientale. Non dobbiamo infatti dimenticare che gli alberi fanno parte di un ecosistema dai precisi equilibri naturali, che dovrebbero essere oggetto di tutela ambientale. Gli alberi in gara nell’ambito di questo a dir poco originale concorso sono due platani della Bulgaria e dell’Ungheria, due querce della Repubblica Ceca e della Slovacchia e un tiglio della Romania. Tutte le piante possiedono il titolo di albero nazionale del 2010, ciascuno in relazione al proprio Paese di riferimento. Come ha dichiarato Ladislav Miko, ex ministro ceco dell’ambiente: attraverso l’emulazione naturale, il concorso può cambiare il rapporto della gente con l’ambiente in cui vivono e richiamare l’attenzione sul patrimonio naturale locale. Un obiettivo di non poco conto, se si presta attenzione all’importanza del rispetto dell’ambiente e alla valorizzazione del patrimonio ambientale, inteso come vera e propria ricchezza da non sottovalutare. Non dimentichiamo che anche in Italia le foreste costituiscono un grande patrimonio ambientale.
Per votare c’è tempo fino al 6 Marzo. La premiazione si svolgerà a Bruxelles nel corso della “Settimana Verde” dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Far conoscere ai più quanto è importante l’attuazione di apposite strategie volte alla salvaguardia dell’ambiente significa puntare sull’opportunità di riuscire a costruire un mondo più a misura d’uomo. D’altronde le foreste rappresentano una parte considerevole del patrimonio ambientale dell’Unesco.

Fonte: Ecoo

Biomasse: bene l’Europa, ma obiettivi ancora lontani

L’ energia prodotta da biomasse solide (legno, rifiuti di legno e vegetali solidi) nell’Unione europea è cresciuta nel 2010 del 4,8% rispetto all’anno precedente, che già aveva registrato un incremento del 3,6% sul 2008. Senza dubbio un buon risultato, ma che rimane molto lontano dal Piano d’azione per le biomasse della Ue. Infatti in base alle stime di EurObserver’ER (l’osservatorio europeo delle energie rinnovabili) si stima per il 2010 un aumento a 76,3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) dell’energia nell’Ue prodotta da biomasse solide, contro i 72,8 milioni di tep del 2009. Solo che il Piano d’azione europeo per le biomasse prevedeva nel 2010 la produzione di 149 milioni di tep. E anche considerando biocombustibili, biogas e rifiuti urbani si arriva a 110,5 milioni di tep in tutto, un dato ben al di sotto degli obiettivi.
Nel rapporto di EurObserver’Er si sottolinea la crescita dell’ elettricità prodotta con biomasse, che nell’ultimo decennio è aumentata in media del 14,7% all’anno, passando dai 20,8 miliardi di kWh del 2001 ai 62,2 miliardi del 2009. E in quest’ambito domina la cogenerazione (produzione contemporanea di elettricità e calore), con il 62,9% nel 2009 della capacità di generazione elettrica da biomasse. Secondo il rapporto, la crescita esponenziale della cogenerazione è dovuta al fatto che molte nazioni Ue hanno puntato su questa strada per raggiungere gli obiettivi di produzione energetica da fonti rinnovabili, che secondo gli impegni comuntari nel 2020 deve essere il 20% di tutta l’energia prodotta.
Germania, Francia, Svezia, Finlandia e Polonia si confermano anche nel 2009 ai primi cinque posti della classifica dei produttori di energia da biomasse e rappresentano insieme il 57% della produzione europea. L’Italia è in decima posizione, con 2,8 milioni di tonnellate bruciate nel 2009, che migliora all’ottavo posto per la sola generazione elettrica, mentre è al 23mo posto (su 27) nei consumi pro capite con 46 kg a testa, contro i 1.209 kg dei finlandesi, i 151 kg della Francia e i 137 kg della Germania.

Fonte: IlCorriere

 

 

L’Europa verde del futuro: eco-industrie e meno gas serra

Il vecchio continente ce l’ha fatta. L’Europa a 27 ha superato il taglio delle emissioni serra previsto dal protocollo di Kyoto per il 2012 (l’8 per cento). Non solo, ma raggiungerà anche, con anticipo ancora maggiore, il traguardo fissato per il 2020: meno 20 per cento di gas che sconvolgono il clima. L’ asticella delle emissioni che moltiplicano uragani e alluvioni è infatti già scesa a quota meno 17 per cento. Sono i dati contenuti nel rapporto L’ambiente in Europa, uno studio che sintetizza cinque anni di lavoro dell’ Agenzia europea per l’ambiente. Non è stato per la verità solo un percorso virtuoso. Jacqueline Mc Glade, la biologa che dirige l’Agenzia, ha ricordato il ruolo svolto dalla crisi economica nel facilitare la diminuzione degli inquinanti, ma ha assicurato che la ripresa non farà ripartire l’inquinamento: abbiamo avviato il meccanismo della green economy e i risultati già cominciano a vedersi.
L’altra faccia della riduzione delle emissioni inquinanti è, infatti, lo slancio delle industrie verdi. L’Europa controlla il 30 per cento del mercato globale della produzione green e il 50 per cento delle attività di riciclo dei materiali ottenuti recuperando rifiuti. Nel 2008 l’eco-industria dell’Europa a 27 ha fatturato 319 miliardi di euro, il 2,5 per cento del Pil, e ha dato lavoro a 3,4 milioni di persone. E le fonti di energia rinnovabili hanno aiutato a spazzare via una quota di inquinanti: ogni lampadina che si accende con il sole o con il vento è un po’ di anidride carbonica in meno nel cielo, una speranza in più per le centinaia di milioni di persone che rischiano di perdere tutto per colpa dei cambiamenti climatici.
Se il futuro del mondo produttivo – secondo l’Agenzia europea – sarà sempre più verde, il presente è pieno di ombre proiettate dal passato. A cominciare da quelle sul riscaldamento globale.
Mentre a Cancun è appena cominciata la maratona sul clima, da Bruxelles arriva un allarme netto sulle conseguenze del caos climatico provocato dall’uso dei combustibili fossili e dalla deforestazione. L’Ipcc, la task force di scienziati delle Nazioni Unite, ha fatto una proiezione in base alla quale le temperatura a fine secolo subiranno un aumento compreso tra 1,1 gradi e 6,4 gradi. La seconda è un’ipotesi catastrofica, che porterebbe a sconvolgimenti devastanti. Ed è la più probabile se i governi riuniti a Cancun continueranno a rimandare le decisioni: osservazioni recenti fanno pensare che il ritmo di aumento delle emissioni di gas serra e i relativi impatti climatici si avvicineranno ai limiti superiori delle previsioni Ipcc, ammonisce la ricerca. Per dare un’idea del pianeta che ci attenderebbe se si perdesse la battaglia per l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili, il recupero dei materiali e i nuovi stili di vita, il rapporto fornisce l’ultima stima sul prezzo che abbiamo pagato per le ondate di calore che hanno colpito l’Europa nell’estate del 2003: 70 mila morti aggiuntivi. Non è uno scenario molto lontano da quello che diventerebbe routine in assenza di un cambiamento del modello energetico: Si stima un accrescimento del tasso di mortalità tra l’1 e il 4 per cento per ogni grado di aumento della temperatura al di sopra di un certo livello. A partire dal 2020 si potrebbero superare le 25 mila vittime per anno, principalmente nelle regioni centrali e dell’Europa del Sud. L’Europa è particolarmente esposta a questo rischio perché le aree urbane sono le più soggette alla minaccia delle ondate di calore e oggi 3 europei su 4 abitano in città. Nel 2020 saranno 4 su 10.
Un bambino nato oggi potrebbe arrivare a vedere un pianeta più caldo anche di 6 o 7 gradi, ha concluso Jacqueline Mc Glade. Nel Mediterraneo il numero di giornate sopra i 40 gradi potrebbe raddoppiare, i ghiacciai alpini sparire nell’arco del secolo e la mancanza d’acqua costringere a scegliere tra bere e innaffiare. Ma non è uno scenario già scritto. Abbiamo ancora uno spazio, sia pure estremamente ridotto, per intervenire. Se riusciremo a scrollarci di dosso l’inerzia che ha rallentato i cambiamenti economici necessari potremo fare molto. Una parte dei danni è inevitabile perché i gas serra che li produrranno viaggiano già in atmosfera, ma il disastro può ancora essere evitato chiudendo il rubinetto dell’inquinamento.

Fonte: LaRepubblica