Articoli relativi a ‘bioarchitettura’

Bioarchitettura. A Trento l’edificio unifamiliare PF

 

Anche in Italia qualcosa si muove. La sostenibilità diventa un criterio che detta scelte architettoniche, costruttive,  di vita. Ne sono una prova gli edifici che si stanno realizzando per i quali la sostenibilità è la parola d’ordine. Vi proponiamo un esempio di edificio unifamiliare realizzato a Pergine Valsugana in provincia di Trento dallo studio Burnazzi Feltrin Architetti che si occupa principalmente di progettazione a risparmio energetico. L’edificio unifamiliare PF nasce dal rifacimento e ampliamento di una costruzione esistente collocata in una posizione ideale sia dal punto di vista dell’esposizione, sia per la vista sulla valle, sotto il castello medievale del comune. Si tratta di un edificio privilegiato dalla sua posizione che lo rende soleggiato tutto l’anno. Condizione da non sottovalutare, soprattutto in una zona dove le temperature non raramente scendono al di sotto dello zero. L’ampliamento del vecchio edificio ha una struttura portante autonoma costituita da una trave Vierendeel alla quale è appeso il primo piano. Questo espediente tecnologico consente di avere una pianta libera da pilastri. Molte sono state le attenzioni dei progettisti alle soluzioni per il risparmio energetico, a partire dall’involucro edilizio, attentamente studiato per essere ben isolato: le tamponature sono in legno prefabbricato preassemblato e l’isolamento termico è realizzato da pannelli in fibra di legno. Anche gli infissi contribuiscono, con i loro vetri basso emissivi, alla coibentazione termica della struttura. Attenzione anche agli impianti: il sistema di riscaldamento e raffrescamento a pavimento e a parete è alimentato da un fluido termovettore pre-riscaldato o raffreddato dal terreno tramite un impianto geotermico. L’acqua calda è fornita invece dal solare termico e all’interno a farla da padrona è la domotica.La sensibilità dei progettisti è stata confermata dalla scelta dell’uso del legno, a creare un legame con l’architettura rurale della regione.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Una bio-edilizia è possibile!

Il termine rinnovabile viene citato nell’ambito architettonico ed edilizio quasi esclusivamente a proposito della produzione di energia, che dovrebbe essere risolta impiegando fonti naturali come sole e vento per non depauperare le risorse del pianeta, sempre più in pericolo. Stesso concetto dovrebbe guidare la scelta dei materiali da costruzione per favorire il risparmio di energia:  riducendo le dispersioni termiche degli involucri e limitando il suo impiego nell’ambito della produzione dei singoli componenti edilizi.

Esiste ormai in commercio un discreto numero di prodotti non soltanto caratterizzati da un basso contenuto di energia grigia (impiegata per la produzione e per il trasporto in cantiere), ma anche realizzati esclusivamente con materie prime rinnovabili, naturali. In questa prospettiva l’industria edilizia non consumerebbe più suolo per la produzione dei suoi manufatti, ma contribuirebbe a farlo coltivare in maniera corretta, riducendone notevolmente l’impatto in termini di emissioni di CO2 in fase di produzione. Una fabbrica di questo genere può attivare circoli virtuosi anziché viziosi, sempre che si controlli in modo preventivo che le coltivazioni avvengano con le regole dell’agricoltura biologica, che non si causi l’impoverimento dei suoli utilizzabili per colture alimentari, che i processi di trasformazione delle materie prime e il trasporto delle stesse e dei prodotti finali non comportino l’impiego di troppa energia, specialmente se quest’ultima proviene da fonti non rinnovabili. In questo ambito vi sono alcuni materiali naturali che più di altri contribuiscono a migliorare il bilancio dei gas climalteranti e degli altri fattori che stanno minando il futuro del pianeta. Si tratta di specie vegetali rapidamente rinnovabili, in grado di rigenerarsi completamente in meno di 10 anni (alcuni anche in meno di uno). Tra queste si annoverano bambù, sughero, canapa e paglia. Le ultime due sono ritenute le risorse più significative per lo sviluppo della  nuova bioedilizia, in quanto appartengono a specie che crescono praticamente ovunque (riducendo i costi ambientali legati al loro trasporto), impiegano in questo ambito soltanto gli scarti di produzioni alimentari e tessili e sono lavorabili in modo semplice e poco energivoro. La paglia è considerata un ottimo materiale da costruzione da più di 100 anni e nonostante ciò è considerato un prodotto di nicchia, ritenuto ancora  poco affidabile.

Per contrastare questa situazione e diffondere questa famiglia di materiali in un mercato edilizio più ampio è necessario introdurre questi materiali nelle pratiche di costruzione legate alla prefabbricazione, la quale deve essere intesa come una strada da percorrere per ottimizzare la qualità degli stessi prodotti edilizi e del processo costruttivo in generale. Questa è una via in grado di far crescere la nuova architettura naturale nella giusta direzione. (Beatrice Spirandelli, architetto libero professionista, è membro del Consiglio dei Delegati ANAB. Redattrice della rivista “L’architettura naturale” si occupa anche del settore viaggi per anab architettura naturale).

Fonte: Anab

Plastic Dining Room: l’eco-ristorante costruito su bottiglie riciclate

In uno Yacht Club ci si aspetterebbe di trovare materiali e rifiniture pregiate, magari del marmo o del legno. E invece da Vancouver, in Canada, ci arriva la smentita. Perché presso lo Yacht Club del posto, è stata realizzata una sala ristorante rifinita con materiali riciclati e alimentata da energia pulita. Questo fa piacere, sì, ma c’è dell’altro, che vi sorprenderà.
La sala ristorante, infatti, galleggia su 1675 bottiglie di plastica da due litri. Sostituiscono il cemento, riducono il problema dello smaltimento della plastica e, soprattutto, sensibilizzano alla questione rifiuti. Un problema da non sottovalutare perché genera delle enormi isole di spazzatura che possono raggiungere dimensioni sorprendenti e danneggiare la flora e la fauna marina. L’hanno chiamata la Plastic Dining Room ed è il primo locale al mondo a galleggiare su così tante bottiglie di plastica da due litri. Come anticipato, ogni dettaglio della sala è realizzato con criteri di sostenibilità ambientale. Dall’energia, generata tramite pannelli solari, ai materiali utilizzati per le finiture, esclusivamente riciclati, tutto è pensato per ridurre i consumi energetici e gravare il meno possibile sull’ambiente. Trattandosi di un ristorante, dopo aver parlato del modo in cui è realizzato, è arrivato il momento di parlare del cibo che viene servito. Le specialità del posto, sono i piatti a base di pesce, rigorosamente locale. Acquistando i prodotti del mare dai pescatori della zona, si riducono infatti le emissioni di CO2 che deriverebbero da un eventuale trasporto. Continuamente a contatto con il mare, chissà se i membri dello Yacht Club, mangiando in una simile sala, saranno sensibilizzati al problema…

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

Bioedilizia italiana: tra abusivismo e casi d’eccellenza

Secondo un’indagine del portale Casa.it, il 63% degli italiani vorrebbero un appartamento bio, il 58,8% ha intenzione di ristrutturare il proprio secondo i principi della bioedilizia e il 17,5% abita già tra muri di legno e finestre con doppio vetro. Risultati incoraggianti anche se rispetto agli altri paesi europei siamo ancora in forte ritardo. Una recente direttiva dell’Itre, il Comitato industria, ricerca ed energia del Parlamento Europeo, ha stabilito che dal 1 gennaio del 2019 tutti gli immobili dovranno essere costruiti ad impatto zero e che entro il 2018 saranno effettuati interventi sugli edifici già realizzati. Nel nostro paese, il tema della bioedilizia è solitamente accompagnato dal termine abusivismo. Case, ville, centri di qualsiasi genere vengono liberatamente realizzati là dove scorre un ruscello, a due passi dalla spiaggia, sulle propaggini rocciose di qualche riserva naturalistica orientata senza badare ai limiti ambientali, naturali e paesaggistici. Ad esempio, tra il 1990 e il 2005 sono stati divorati 3,5 milioni di ettari, cioè una regione più grande del Lazio e dell’Abruzzo messi insieme. Altri gli esempi che provengono d’oltralpe, dal nord del vecchio continente, dove già da tempo esistono addirittura interi quartieri e città scrupolosamente costruite secondo i canoni della bioarchitettura.
In Svezia, ad esempio, la carbon tax, la tassa sulle emissioni di CO2 è in vigore da 9 anni e, oltre a far diminuire le emissioni di gas serra, porta ogni anno 1,4 miliardi di euro allo stato svedese.
In Germania, nell’eco-quartiere di Vauban, coesistono luoghi di lavoro e residenze per diverse utenze sociali, un sistema di mobilità sostenibile che valorizza i trasporti pedonali, ciclabili e pubblici a scapito dell’uso delle auto private. Le facciate degli edifici, rivolti a sud per usufruire del maggior irraggiamento solare, sono realizzate su intelaiature in legno non strutturali mentre i tetti sono coperti da un sistema estensivo a verde. Gli edifici sono inoltre dotati di un sistema di gestione delle acque e dei rifiuti che vengono reimpiegati, attraverso opportuni processi di depurazione, per i wc e come fertilizzanti.
In Italia il primo esempio di architettura ecosostenibile risale al 1998 quando a Caponago (Mb) venne realizzato un complesso residenziale secondo i principi della bioarchitettura: isolanti naturali come sughero e kenaf, vernici bioprodotte per le rifiniture di tetti e pareti e legno per il tetto.
In Toscana,  in un quartiere popolare di Capannori (Lu) è stata realizzata (in un arco temporale brevissimo) la prima palazzina verde di classe energetica A. I pannelli di lana di roccia e fibra vegetale di canapa sono efficaci isolanti termici capaci di trattenere il calore durante la stagione invernale mentre i pannelli solari riscaldano l’acqua per usi sanitari. E ancora, risalendo lo stivale, in Veneto è in fase preliminare la ristrutturazione di uno stadio di rugby, concepito non solo per limitare i consumi energetici ma anche per produrre esso stesso energia.
A Bergamo è stata da poco realizzata una cattedrale vegetale: opera dell’architetto Giuliano Mauri, è composta da 42 piante di faggio su una superficie di 650 mq e favorisce un dialogo continuo tra l’uomo e la natura, trasmettendo così un messaggio di sintonia con l’ambiente. A dirla come Giancarlo Allen, segretario nazionale dell’ Associazione nazionale architettura bio–ecologica, L’unica architettura sostenibile è quella non costruita.

Fonte: Greenbiz

Bioarchitettura: realtà nella Puglia del 2012

Abitare un luogo, scriveva Luigi Zanzi, in Le case dei Walser sulle Alpi della Fondazione Enrico Monti – è qualcosa di assai diverso che l’insediare in esso una costruzione: l’abitare un luogo comincia con l’aver cura di esso, nel senso di un disegno vitale che sappia far sì che quel luogo stesso diventi la radice della propria cultura, la risorsa prima della propria sopravvivenza, l’occasione creativa per l’invenzione della propria sorte.
Tutti ormai sappiamo che oggi oltre il 40% delle emissioni di gas serra proviene proprio dagli edifici pubblici e privati, non certo nati secondo i criteri di cui parla Zanzi.
Fortunatamente negli ultimi anni una nuova “coscienza ambientale e architettonica” sta prendendo sempre più piede. Anche in Puglia. In provincia di Brindisi, in un paesino chiamato Ceglie Messapica, stanno infatti per sorgere bellissimi appartamenti di 100 mq costruiti rispettando l’ambiente. E la notizia più sorprendente è che i finanziamenti per la realizzazione di questi bio-edifici provengono dalla Regione Puglia, in un quadro più ampio di riqualificazione delle periferie. L’obiettivo è quello di dare alle fasce più svantaggiate la possibilità di comprare casa nel proprio comune. Perché una casa in classe A può non costare di più di quelle tradizionali.
Ne costituisce un esempio “La piccola residenza”, un edificio costruito a Milano secondo criteri di bioedilizia e con prezzi concorrenziali. Gli esempi da citare sono davvero tanti, ma li troviamo soprattutto nel Nord Italia dove sono sorte anche le prime case popolari sostenibili (in provincia di Lucca). Il piccolo paese pugliese, invece, è un bell’esempio di “bioedilizia meridionale” e risponde a tutte quelle obiezioni secondo cui costruire rispettando l’ambiente e il portafoglio è possibile solo nell’Italia settentrionale. Le case, situate nella zona PEEP di Ceglie Messapica saranno interamente costruite con materiali ecologici, pannelli solari e infissi di ultima generazione. Garantiranno un notevole risparmio energetico e le acque saranno trattate con un sistema di depuratori che assicureranno il minimo inquinamento. Saranno assegnate alle famiglie con una procedura simile a quella usata dall’Istituto autonomo per le case popolari, ma gestita dal Comune con una graduatoria basata sulla reale condizione di necessità per le famiglie in emergenza abitativa. L’augurio è che questo bell’ esempio di civiltà venga presto seguito anche da altre amministrazioni comunali meridionali e settentrionali perché il “prendersi cura” del luogo in cui si vive significa prima di tutto prendersi cura di se stessi e delle generazioni future.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Genova risparmia con le abitazioni autosufficienti

Progettare senza gravare sull’ambiente. E’ questo lo spirito di chi realizza una casa passiva. Autosufficienti sia d’estate che d’inverno, sono in grado di far risparmiare notevolmente sulle bollette. Niente condizionatori né termosifoni, a tenerci al caldo in inverno e freschi in estate, ci pensano le mura domestiche ed un’accorta progettazione. La casa passiva in questione, è quella realizzata da PassivHaus Zentrum in collaborazione con Saint-Gobain a Cogoleto, in provincia di Genova.
A guardarla, non sembrerebbe poi così speciale, ma andando oltre l’apparenza, si scoprono i suoi molteplici pregi. Si tratta infatti di una casa energeticamente autosufficiente, ben isolata sia termicamente che acusticamente, dotata di un sistema di recupero e ricircolo delle acque piovane, utilizzate per gli scarichi domestici e per scopi irrigui. Un impianto di solare termico provvede al riscaldamento dell’acqua e uno fotovoltaico alla fornitura di energia elettrica. La ventilazione, necessaria per il comfort termo-igrometrico, avviene tramite un apposito impianto, che garantisce i dovuti ricambi d’aria.
A testimonianza che quella di realizzare case passive è una pratica che, qualora diventasse abitudine, gioverebbe all’ambiente quanto ai proprietari, c’è l’azzeramento della spesa annua per riscaldamento e raffrescamento della casa. Il costo annuo della climatizzazione, sia invernale che estiva per un edificio che, come quello in esame, è caratterizzato da un indice energetico di 8,8 kWh/mq annui, sarebbe in realtà di 65 euro, azzerati però dalla presenza di pannelli fotovoltaici in copertura. Un risultato simile, nella casa passiva di Cogoleto, è stato ottenuto grazie sia a pannelli in lana di vetro per la tamponatura esterna che a serramenti con doppia vetrocamera.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Europa: 22 mila chilometri quadrati per il fotovoltaico

L’European Photovoltaic Industry Association (EPIA), ha recentemente pubblicato uno studio in cui si rende noto che in Europa vi sarebbe spazio per la realizzazione di superfici di sfruttamento dell’energia solare sui tetti per almeno 22 mila chilometri quadrati. Se queste aree venissero sfruttate a pieno si potrebbero  generare 1.500 GW di energia fotovoltaica. Attualmente negli stati dell’Unione Europea, 4 tetti su 10 e 15 facciate su 100 sarebbero pronti all’uso. Bioedilizia e  bioarchitettura, sono chiavi importanti di sviluppo per migliorare l’apporto energetico del fotovoltaico. Lo sviluppo ecocompatibile all’interno degli edifici, oltre a generare un virtuoso impatto ambientale del settore edile, porterebbe un innalzamento  della qualità della vita.

Fonte: FotovoltaicoBlog

L’eco-office Ghella: il progetto di riqualificazione di RicciSpaini

L’ eco-office di Ghella consiste nella riqualificazione di un edificio esistente, per accogliere la sede di un gruppo imprenditoriale leader nel suo settore. Lo studio di architettura RicciSpaini interviene con standard di qualità nel rispetto del forte carattere architettonico originario, della qualità dell’ambiente di lavoro e del rispetto dei principi di contenimento dei costi energetici. Assumendo che la modalità di lavoro è cambiata e che essa stessa genera lo spazio, si fa riferimento al modello tipologico di ufficio combinato, le celle (per il lavoro singolo) e l’open space (per il lavoro di team). Le celle sono poste tutte lungo le facciate e si relazionano con lo spazio centrale tramite pareti vetrate a tutta altezza che consentono il passaggio della luce agli spazi interni e di vedere ed essere visti mantenendo un contatto visivo tra i singoli e il gruppo, assicurando il confort acustico per favorire la privacy e la concentrazione. La proposta di distribuzione degli spazi interni segue la geometria planimetrica esistente, ricavando gli ambienti di lavoro lungo il perimetro esterno e creando una ciambella distributiva attorno al cuore centrale, che accoglie i cavedi esistenti (trasformati in elementi illuminanti). Lo spazio dell’open space è scandito da bolle luminose che portano luce naturale/artificiale agli spazi interni. L’obiettivo è ampliare lo spazio adibito ad attività operative includendo la parte centrale del piano. Oltre a massimizzare la trasparenza delle partizioni interne sono stati pensati camini di luce nello spazio degli attuali cavedi, parzialmente utilizzati per le canalizzazioni degli impianti; essi captano la luce in copertura e la trasportano all’interno di condotti opachi con superficie interna riflettente. La riqualificazione della facciata prevede sistemi di ombreggiamento con sensori d’ambiente. La copertura diventa “captante” tramite l’istallazione di una pergola ombreggiante con pannelli per solare termico e per pannelli fotovoltaici.

Fonte: Archiportale

Philips: bio-architetture sostenibili

Si chiamano Off The Grid, Sustainable Habitat 2020 e sono le nuove bio-architetture progettate dalla Philips. Il progetto è destinato alle megalopoli del 2020, in particolare alle emergenti megalopoli cinesi, ma si spera possano, poi, uscire dai confini del mondo asiatico. Il palazzo è progettato con una pelle particolare che reagisce e interagisce con l’ambiente, recupera le acque piovane, immagazzina calore, scherma o lascia passare luce, recupera energia pulita. Il corpo Off the Grid si presenta con una struttura leggera caratterizzata da particolari fiori, nucleo fondamentale di tutto il funzionamento bio-mimetico dell’edificio, che a seconda delle necessità si possono aprire per lasciar passare più o meno luce fino a rendere l’appartamento completamente trasparente, riducendo drasticamente l’utilizzo di luce artificiale. Allo stesso tempo, tali fiori, fungono da incanalatori di aria e vento. Il passaggio delle correnti di aria all’interno dei fiori genera energia pulita destinata ad alimentare l’edificio stesso fornendo, in più, aria pulita (depurata e privata di agenti allergici o tossici) per gli interni dell’edicifio e, grazie ai sistemi di canalizzazione, l’aria può anche essere raffreddata naturalmente (per i periodi estivi).  Sempre gli stessi fiori recuperano l’acqua piovana e l’umidità presente nell’aria (anche nei periodi di siccità). Una volta purificata e filtrata è possibile riutilizzarla nel circuito chiuso della casa. I rifiuti organici vengono trasformati in energia di biogas utilizzabile per il riscaldamento dell’appartamento o dell’acqua per il lavaggio.

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Emirati Arabi: il grattacielo sostenibile, il primo con turbine eoliche integrate

Il primo grattacielo al mondo ad integrare turbine eoliche nel proprio design è il Bahrain World Trade Center, negli Emirati Arabi. Più che un grattacielo, in verità sono due, unite dalla sostenibilità. Eh sì perché le due torri di quello che è chiamato anche BWTC, sono collegate tra loro da tre ponti, su ognuno dei quali è installata una pala eolica. Progettate dallo studio di architettura Atkins ed ultimate nel 2008, le due torri del Bahrain World Trade Center hanno vinto il “2006 LEAF Award” per il miglior uso della tecnologia all’interno di una grande struttura e “The Arab Construction World for Sustainable Design Award”.
Le torri del BWTC hanno una forma particolare! Come due vele spiegate al vento, fanno in modo che le correnti del Golfo Persico, attraversandole, accelerino, così da mettere in moto le pale eoliche, in grado di produrre 225kW l’una.Per continuare con i numeri, le turbine, di 29 metri di diametro, generano un totale di 675kW e forniscono circa il 13% dell’energia totale necessaria agli edifici, cioè l’illuminazione sufficiente a 300 degli appartamenti situati all’interno delle due torri di 50 piani, alte 240 metri l’una. Prima di diventare realtà, il progetto era stato sottoposto al test della Galleria del Vento, che aveva dimostrato che i venti, per la conformazione degli edifici, entrano a 45° nell’”imbuto” formato dalle torri e si dispongono, in corrispondenza delle turbine, ortogonalmente ad esse.

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

Bioarchitettura: scuola modulare ed economica in Tanzania

La Morogoro International School è un collegio del sud della Tanzania progettato dallo studio londinese Alma-nac.
Un edificio, per ora solo su carta, in grado di riassumere, nella sua semplicità, i principi cardine della bioarchitettura.
Partendo dalla conoscenza della quantità di spazio necessaria a soddisfare i bisogni richiesti, gli architetti dell’Alma-nac, l’hanno distribuita in modo lineare ed orientata con l’asse principale lungo la direttrice est-ovest . L’edificio così disposto infatti, sarà caratterizzato da facciate est ed ovest con un carico termico estivo inferiore rispetto a quello che avrebbe un edificio diversamente orientato. La rottura della linearità dell’edificio e la provenienza sud dei venti, consentirà poi agli ambienti, di godere della ventilazione naturale, con immancabili benefici sulla qualità dell’aria ed il benessere abitativo.
Nel collegio, che comprende circa 100 posti letto, la zona maschile è separata dalla femminile dalla zona pranzo che si configura come il fulcro della struttura. Vicino alla zona pranzo si trovano le camere dei responsabili che, disposte nelle vicinanze dell’entrata, consentono un costante controllo degli accessi notte e giorno. La perfetta modularità della struttura significa sostenibilità perché consente un risparmio di tempo, costi e materiali che tra l’altro sono stati scelti tutti locali.
E’ un’unica sezione infatti quella che caratterizza l’edificio. Una sezione ripetuta più e più volte a definire i diversi ambienti il cui numero può facilmente variare in funzione delle esigenze della popolazione. L’uso di schermi solari retraibili consente al collegio di proteggersi dall’esterno e chiudersi in se stesso durante il giorno per ridurre la quantità di calore accumulata e proteggere i ragazzi dal caldo. Allo stesso tempo però si tratta di una struttura molto ben ventilata di giorno e di notte in completa sicurezza. Oltre alle strategie di controllo ambientale appositamente studiate per il collegio, sarà installato un sistema per il recupero e riciclo delle acque grigie. Economica e di facile manutenzione, la Morogoro International School è anche predisposta per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Più che come semplice collegio, la struttura vuole rappresentare un fulcro per la comunità del posto e si spera che il suo rispetto per la natura influisca positivamente sulle loro scelte quotidiane.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Premio Fassa Bortolo 2011: l’architettura che soddisfa l’uomo e rispetta l’ambiente

Aperte le iscrizioni del II Premio Architettura Sostenibile, ideato e da Fassa S.p.A., edizione 2011
Il premio  nasce dalla volontà di premiare e far conoscere ad un ampio pubblico architetture che sappiano rapportarsi in maniera equilibrata con l’ambiente, che siano pensate per le necessità dell’uomo e che siano capaci di soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza limitare, con il consumo indiscriminato di risorse e l’inquinamento prodotto, quelli delle generazioni future. Aperto alla partecipazione di opere di nuova realizzazione, interventi di riqualificazione e ampliamento di edifici esistenti, interventi sul paesaggio e qualsiasi altro campo realizzativo che rivesta un significato concreto in termini di sostenibilità. 
II Premio ha cadenza annuale ed è suddiviso in due sezioni:
– opere realizzate da professionisti;
– progetti elaborati come Tesi di Laurea, Tesi di Dottorato, Tesi per Master o Corsi di Formazione Post-Laurea.
Saranno assegnati per ciascuna sezione un Premio al primo classificato e due Menzioni Speciali alle opere e ai progetti ritenuti, a giudizio della giuria, meritevoli per aspetti particolari. Per la sezione delle “opere realizzate da professionisti” i Premi consistono in:
– una Medaglia d’oro al vincitore del Premio “Architettura Sostenibile”;
– una Medaglia d’argento a ciascuna delle due Menzioni Speciali. La giuria, se lo riterrà opportuno, potrà individuare ulteriori Menzioni Speciali e comunque definire in maniera diversa l’attribuzione dei Premi.
Per la sezione dei progetti elaborati come Tesi di Laurea il monte premi complessivo è di 8mila euro così distribuito:
– un premio al vincitore del Premio “Architettura Sostenibile” pari a 4mila euro;
– due premi alle Menzioni Speciali pari a 2mila euro ciascuno.
La giuria, se lo riterrà opportuno, potrà distribuire diversamente il monte premi complessivo della sezione “progetti elaborati come Tesi di Laurea”. La candidatura al Premio potrà avvenire entro il prossimo 31 dicembre 2010, mentre per gli elaborati ci sarà tempo fino al prossimo 31 gennaio 2011. I progetti vincitori insieme a tutti quelli ritenuti onorevoli di menzione saranno pubblicati in un fascicolo e CD dedicato all’edizione del Premio.

Fonte: Archiportale

Premio Nazionale di Bioarchitettura. Tema per il 2010: centri storici italiani

Lanciata la seconda edizione del Premio Nazionale di Bioarchitettura dedicata quest’anno ai centri storici. Promosso dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura con il sostegno di LegnoFinestraItalia il premio intende contribuire al recupero e alla tutela qualitativa del patrimonio architettonico dei nostri centri storici, soprattutto in quelle realtà territoriali dove le dimensioni contenute implicano maggior impegno economico e culturale da parte delle amministrazioni e dei cittadini. L’intervento dovrà testimoniare la presenza di tale dialogo, volto a valorizzare ciò che il contesto già comprende, anche attraverso l’interpretazione bioclimatica degli spazi urbani condivisi. La partecipazione è aperta a istituzioni pubbliche e progettisti, distinti in due diverse categorie, che abbiano realizzato, a partire dal 1990 interventi di recupero su centri storici di comuni italiani fino a 20.000 abitanti, ovvero in realtà territoriali dove le contenute dimensioni urbane implicano un maggiore impegno economico e culturale da parte delle amministrazioni locali e dei loro cittadini. Il premio è suddiviso in tre sezioni di valori geografico territoriali: centri storici nord Italia, centri storici centro Italia e centri storici del sud Italia e isole. Il plico contenente la documentazione di partecipazione al premio dovrà pervenire entro il prossimo 30 luglio 2010. La giuria assegnerà il Premio al migliore progetto pervenuto nelle tre sezioni di partecipazione. La giuria, inoltre, potrà esprimere anche “menzioni” di merito sui progetti partecipanti.
 
Il premio consiste:
nell’assegnazione di una targa di riconoscimento istituzionale;
nella pubblicazione ufficiale del progetto in forma estesa, con il commento di studiosi ed esperti di architettura sostenibile.

Fonte: Archiportale

Marco Sala: fattibilità di applicazione LEED in Italia

marco sala Giovedì 22 aprile a Firenze si è tenuto il convegno dedicato agli ‘Historical Building. Edifici storici:interventi di restauro sostenibile.’ Un primo approccio del Green Building Council per introdurre la certificazione leed in Italia.

Intervista al prestigioso arch. Marco Sala, professore dell’Università di Firenze.

Servizio Chiara Vannoni.