Archivio della categoria ‘URBANISTICA’

Olbia: idee per realizzare edifici multi funzioni con carattere direzionale

Il comune di Olbia ha lanciato un concorso di progettazione per la riqualificazione dell’area dell’ex Consorzio Agrario mediante la realizzazione di uno o più edifici multi funzioni con carattere direzionale e servizi.
Il comune intende realizzare immobili a carattere direzionale nell’area compresa tra Corso Umberto, Via Catello Piro e Via Garibaldi. Pertanto, la stessa Amministrazione ha ritenuto utile sotto l’aspetto logistico individuare delle aree limitrofe all’attuale sede al fine di realizzare strutture da destinare ad uffici, parcheggi e verde consentendo nel contempo l’accorpamento di tutti i servizi comunali in un unico polo urbano. L’area oggetto si colloca in posizione centralissima, tra le Vie Genova, C. Colombo e Garibaldi, in zona dotata di normali infrastrutture e servizi; nelle immediate vicinanze sono presenti numerose strutture pubbliche, quali: gli uffici amministrativi e finanziari del Comune, gli uffici delle maggiori Compagnie Marittime, gli uffici della Provincia di Olbia-Tempio, il porto, etc. Sono ammessi a partecipare i soggetti legalmente abilitati ad eseguire le prestazioni oggetto del concorso di progettazione ed iscritti ai relativi Albi Professionali.

I premi previsti saranno così ripartiti:
– I° premio 16mila euro;
– II° premio 8mila euro;
– III° premio 3mila e 500 euro.

L’ente banditore conferirà al vincitore di concorso l’incarico per la progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione, a condizione che lo stesso sia in possesso dei requisiti dichiarati per la partecipazione al concorso nonché dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Tutta la documentazione richiesta dal bando dovrà pervenire entro il prossimo primo ottobre 2010.

Fonte: Archiportale

Flipper: un ponte contro gli incidenti

La Cina è un Paese diviso: sull’isola di Hong Kong – ex colonia britannica – si guida sul lato sinistro della strada, come nel Regno Unito e in Australia. Sulla terraferma cinese, invece, il senso di marcia è a destra.
Un dilemma per gli automobilisti, che rischiano di restare coinvolti in pericolosi incidenti stradali: nel tragitto tra la terraferma cinese e Hong Kong devono necessariamente fare attenzione su quale lato della carreggiata è consentito guidare. Gli abitanti di Hong Kong e Macao si mantengono infatti sulla sinistra, quelli a Zuhai, invece, sulla destra. Per evitare incidenti, code, traffico caotico nella zona di confine, un gruppo di architetti di Amsterdam ha elaborato una soluzione: il ponte Pearl River Necklace Bridge, ribattezzato Flipper (flip significa inversione). Costruzione a forma di otto, che permette, senza grosse difficoltà, di separare i due lati del traffico, un lato della carreggiata si trova sotto l’altro. È dunque possibile deviare i mezzi di trasporto che viaggiano sulla sinistra verso il lato destro, e viceversa. Evitando così una collisione frontale con le auto che arrivano in senso contrario, come evidenziato in un filmato su YouTube (guarda qui).
Il progetto Flipper ha partecipato al maxi-concorso internazionale di idee lanciato per la progettazione del ponte destinato a collegare le centralità di Hong Kong, Zhuhai e Macao. Una costruzione complessa fatta di gallerie e ponti con lo scopo di congiungere entro il 2016 la terraferma della Cina, ovvero Zhuhai nella provincia del Guangdong e il sud della Cina, così come Hong Kong e Macao. L’idea non ha però convinto la giuria. Ciò nonostante, lo spunto lanciato dagli architetti olandesi dello studio NL ha avuto un grande riscontro nella blogosfera, tanto da attirare l’interesse dei colleghi australiani e inglesi. Ad aggiudicarsi il concorso per la progettazione dell’Hong Kong Boundary Crossing Facility, il ponte-terminal destinato a collegare le centralità di Hong Kong, Zhuhai e Macao, è stato un un trio di architetti cinesi.

Fonte: IlCorrieredellaSera

Vivere secondo natura a Ozzano dell’Emilia: Dulcamara

A Ozzano dell’Emilia si trova Dulcamara una piccola cooperativa che vuole costruire qualcosa insieme: vivere con quello che la terra ci dà, creare in autonomia il nostro lavoro, mangiare cibi sani e puliti, confrontarsi e crescere, ricercare una soddisfazione di lavoro e di vita, personale e di gruppo, scegliere e sperimentare comportamenti più rispettosi della Terra. Abbiamo fatto la scelta di non fuggire per i monti ma di restare vicini alla città, di scommettere anche sulla sostenibilità economica del nostro lavoro. Crediamo profondamente nel valore della diversità come garanzia per il futuro, diversità biologica ma anche culturale.
Cosa offre Dulcamara? Ospitalità: che non è solo consumo turistico ma scambio e partecipazione: abbiamo fatto la scelta di non fuggire per i monti ma di restare vicini alla città, di scommettere anche sulla sostenibilità economica del nostro lavoro. Crediamo profondamente nel valore della diversità come garanzia per il futuro, diversità biologica ma anche culturale.

Per conoscere le attività e le iniziative di Dulcamara, per fare un salto in questo piccolo paradiso situato alle porte bolognesi, vai qui.

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Ai milanesi piace lo sviluppo verticale?

Il grattacielo rappresenta il simbolo del cambiamento? A confermare questa tendenza sono lo studio di Housing Evolution (Makno) e lo scenario socio culturale 3SC (Gpf), che hanno valutato su un campione di 1000 persone l’impatto del progetto Porta Nuova di Milano. I milanesi potevano esprimere il loro parere attraverso una scala di preferenze da 1 a 10 e il risultato è stato di 8.3, dunque un giudizio molto positivo. Secondo quanto dichiarato al Sole 24 Ore dal presidente Gpf, Monica Fabris, monitorando gli stili di vita dei cittadini, è emersa una grande attenzione all’innovazione cittadina e una rivalutazione della città nei confronti della campagna. Dalle analisi qualitative è emerso che il cittadino rinuncia ai benefici della campagna in cambio di un vantaggio reale rispetto alla stessa scelta di una città medio-piccola. Inoltre, è stato manifestato un interesse per i simboli di Milano, fra cui si evidenziano ricorrenze in crescita proprio per il grattacielo.
L’idea di sviluppo cittadino sta cambiando e si sta modificando anche l’aspettativa di evoluzione della città: non più estesa, ma in verticale.
Siamo passati dal panico effetto Pirellone a rilevare la frustrazione dei milanesi per non avere dei veri e propri grattacieli – sottolinea Fabris al Sole24Ore – avvertito come senso di inferiorità per non avere dei veri giganti rispetto alle altre capitali europee e alle città americane. È come se i milanesi ne sentissero la mancanza. Milano è percepita come capitale economica, città industriale e post industriale, della comunicazione, internazionale, ma non dei grattacieli. Il trend di globalizzazione, nel senso di adeguamento alle altre città, è in continua crescita. Tanto più che per la grossa percentuale di milanesi che viene da fuori a fare d’attrazione oltre alla leva del lavoro è il senso di appartenenza a una capitale europea che ha nel grattacielo il simbolo che la rende la meno provinciale delle città italiane. Per quanto riguarda l’Expo abbiamo avvertito la grande delusione dei cittadini per non poter capire a cosa vada incontro la città. I milanesi percepiscono solo lo sviluppo di immobili, ma chiedono di essere più consapevoli e informati sul progetto. Un progetto che li renda protagonisti.

Fonte: Casa&Clima

Proposta di legge 3493: ingegneri e architetti contro l’ampliamento delle competenze dei geometri

Non è ancora iniziato l’iter in Parlamento, ma la proposta di legge 3493 che amplia le competenze dei geometri e dei periti edili, sta già tirandosi addosso critiche di ingegneri e architetti. Il disegno di legge 3493, presentato il 20 maggio scorso dal deputato Daniele Toto, riprende pressoché integralmente il disegno di legge 1865 presentato alla fine del 2009 dalla senatrice Simona Vicari e propone di consentire a geometri, geometri laureati, periti industriali specializzati in edilizia e periti industriali laureati di occuparsi di progettazione architettonica e strutturale, collaudo statico e amministrativo, ristrutturazioni. Contro il ddl Toto si sono già espressi i Consigli Nazionali di architetti e ingegneri che, in una nota congiunta, hanno sottolineato che per esercitare le professioni di architetto e di ingegnere occorre superare percorsi universitari e non può una legge, prevedendo un semplice corso di 120 ore, annullare 5 anni di studio e hanno invitato i geometri e i periti edili a percorrere comunemente la strada della ragionevolezza preannunciando, in caso contrario, la propria ferma opposizione a proposte di legge basate sulle solite, inopportune ed antistoriche regalie all’“italiana”.
Nei giorni successivi si sono mobilitate le associazioni degli Ingegneri e degli architetti liberi professionisti.
Non su uno ma su quattro progetti di legge si concentra la protesta di INARSIND, il Sindacato nazionale ingegneri e architetti liberi professionisti italiani secondo cui dopo la sciagurata riforma dell’Università, varata da Berlinguer, dopo le liberalizzazioni di Bersani, dopo la catastrofe voluta, certamente in buona fede, dalla sinistra […] alcuni onorevoli di destra provano a distruggere in modo assolutamente casuale quello che resta delle libere professioni e più segnatamente delle professioni tecniche svolte dai laureati Architetti ed Ingegneri.
I progetti di legge nel mirino sono il ddl 503 “Disciplina delle libere professioni” presentato da Maria Grazia Siliquini – già contestato dagli ingegneri e dagli ingegneri juniores  – il ddl 1865 Vicari sulle competenze dei geometri e dei periti edili, il successivo ddl 3493 Toto sulla stessa materia e la proposta di legge 3522 “Delega al Governo per l’istituzione dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei liberi professionisti” presentata il 1° giugno 2010.
Con riferimento al ddl 3493 Toto, secondo INARSIND è incomprensibile che l’Avvocato Toto abbia ripresentato sostanzialmente la stessa proposta della Vicari (con la differenza che la modesta costruzione si è abbassata a 4.500 mc) aggravata dal fatto che, se la legge venisse approvata, queste competenze potrebbero essere svolte anche in “zona a rischio sismico non elevato per edifici con non più di tre piani fuori terra oltre al piano interrato o seminterrato e in  zona a rischio sismico elevato per edifici con  non più di due piani fuori terra, oltre al piano interrato o seminterrato”.
Crediamo – afferma INARSIND – che la buona politica debba impedire queste azioni che non sottostanno ad alcun disegno organico di riforma. Soprattutto in  questo momento in cui il Ministro della Giustizia, On. Angelino Alfano, si è dichiarato intenzionato a condurre in porto  la riforma delle professioni, attesa da oltre 25 anni, entro la fine della legislatura. Gli Architetti e gli Ingegneri Liberi Professionisti Italiani, in veste di garanti della qualità edificatoria sul territorio italiano, avevano già lanciato una petizione online per fermare la proposta di legge 3493 come è stato già fatto per il ddl 1865, chiedendo, inoltre, di avere in futuro l’opportunità, nel comune interesse, di esprimere un parere su disegni di legge di competenza propria della Professione di Architetto e Ingegnere con laurea quinquennale e triennale.

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Emilia-Romagna: housing sociale, fondo da 100 mln

L’Emilia-Romagna punta su un programma di housing sociale per contrastare il disagio abitativo. Sono in arrivo circa 100 milioni di euro grazie a un protocollo di collaborazione tra sei Fondazioni bancarie e la Regione per la costituzione del Fondo immobiliare etico.
Opereremo perché questa nuova misura possa potenziare il Piano Casa dell’Emilia-Romagna, ha sottolineato Gian Carlo Muzzarelli, assessore all’Edilizia della Regione, durante la conferenza stampa di presentazione. Siamo perfettamente consapevoli di quanto la casa sia centro degli affetti e luogo di vita per ognuno; a maggior ragione, in una fase di crisi come quella che stiamo attraversando, è necessario impegnarsi per dare risposte a chi è più esposto al disagio abitativo, e quindi giovani coppie e studenti. Grazie alle Fondazioni ha aggiunto l’assessore mettiamo in moto 100 milioni di euro, che consentiranno di riqualificare pezzi di città e mettere a disposizione circa 2000 appartamenti in più.
Il Comitato promotore del Fondo immobiliare etico, costituito da sei importanti Fondazioni bancarie regionali – Fondazione Carisbo, Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione CR Piacenza e Vigevano, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini – in accordo con la Regione sta perfezionando la costituzione di un fondo immobiliare chiuso per rispondere al disagio abitativo che colpisce fasce crescenti di popolazione (in prima battuta giovani coppie e studenti) con redditi medio-bassi, insufficienti per accedere alla casa in proprietà, ma anche per confrontarsi con il libero mercato dell’affitto. Il Fondo sarà gestito da una Società di gestione del risparmio (Sgr) con criteri etici e non speculativi.
 Con la sottoscrizione del protocollo, il Comitato si impegna a condividere con la Regione finalità e criteri che ispireranno l’attività del Fondo immobiliare. Il protocollo pone così le basi per definire la struttura e il funzionamento del Fondo, e per una valutazione dei modi e tempi di una partecipazione dell’amministrazione regionale alle operazioni. Il Fondo immobiliare avrà un patrimonio iniziale di 35 milioni di euro che consentirà di accedere al Sistema integrato di fondi nazionale e locale (con una dotazione di oltre 2,6 miliardi di euro, di cui 1 miliardo della Cassa Depositi e Prestiti, 150 milioni del ministero del Tesoro e 1,5 miliardi da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Generali, Allianz e una decina di casse di previdenza private) previsto dal cosiddetto “Piano Casa”. In questo modo si attiveranno ulteriori risorse per la partecipazione a Fondi immobiliari di carattere etico locali nella misura pari al 40% del patrimonio. Il Fondo si avvarrà inoltre di accordi con le amministrazioni locali per la disponibilità di aree e immobili da destinare a interventi di edilizia sociale come previsto dal Piano territoriale regionale. Complessivamente, a regime, il Fondo sarà in grado di attivare interventi per oltre 100 milioni di euro.

Fonte: Casa&Clima

Pesaro: il più grande impianto fotovoltaico d’Italia integrato nel tessuto urbano

Sono iniziati a fine aprile i lavori per la realizzazione del più grande impianto fotovoltaico d’Italia totalmente integrato nel tessuto urbano, con una potenza di 2.200 kW, corrispondente al fabbisogno energetico medio di circa 750 famiglie e vedrà la sua realizzazione nell’area dell’Adriatic Arena di Pesaro. Il progetto, sarà completato entro il mese di ottobre, prevede la realizzazione di pensiline ombreggianti in acciaio la cui copertura è costituita da pannelli fotovoltaici collegati alla rete di distribuzione elettrica che alimenterà il quartiere con l’energia elettrica prodotta dal sole, completamente rinnovabile e senza emissioni di Co2.
Gli abitanti del quartiere e i passanti occasionali potranno seguire in tempo reale la produzione di energia rinnovabile e il conseguente risparmio di combustibile fossile e di CO2 immessa in atmosfera tramite display che verranno installati sulle strade del quartiere. L’area del parcheggio, che vedrà la realizzazione di 1000 posti auto coperti da 9.590 pannelli fotovoltaici che produrranno 2.500.000 kW di energia verde, sarà dotata di un sistema di videosorveglianza sulle 24 ore connesso alla centrale operativa della Vigilanza Urbana del Comune, garantendo una migliore protezione alla vita quotidiana dei residenti.
L’installazione del protitipo del trisol, la struttura che verrà utilizzata per la realizzazione del parcheggio, ha visto la partecipazione del Sindaco di Pesaro, Prof. Luca Ceriscioli, dell’Assessore all’Ambiente del Comune di Pesaro, Giancarlo Parasecoli, dell’ Arch. Annarita Santilli, Responsabile Ufficio Energia del Comune di Pesaro e l’Ing. Roberto Longo, presidente di Sunparking Pesaro Srl. Visita il sito BluMiniPower.

Fonte: BioEcoGeo

L’eco-office Ghella: il progetto di riqualificazione di RicciSpaini

L’ eco-office di Ghella consiste nella riqualificazione di un edificio esistente, per accogliere la sede di un gruppo imprenditoriale leader nel suo settore. Lo studio di architettura RicciSpaini interviene con standard di qualità nel rispetto del forte carattere architettonico originario, della qualità dell’ambiente di lavoro e del rispetto dei principi di contenimento dei costi energetici. Assumendo che la modalità di lavoro è cambiata e che essa stessa genera lo spazio, si fa riferimento al modello tipologico di ufficio combinato, le celle (per il lavoro singolo) e l’open space (per il lavoro di team). Le celle sono poste tutte lungo le facciate e si relazionano con lo spazio centrale tramite pareti vetrate a tutta altezza che consentono il passaggio della luce agli spazi interni e di vedere ed essere visti mantenendo un contatto visivo tra i singoli e il gruppo, assicurando il confort acustico per favorire la privacy e la concentrazione. La proposta di distribuzione degli spazi interni segue la geometria planimetrica esistente, ricavando gli ambienti di lavoro lungo il perimetro esterno e creando una ciambella distributiva attorno al cuore centrale, che accoglie i cavedi esistenti (trasformati in elementi illuminanti). Lo spazio dell’open space è scandito da bolle luminose che portano luce naturale/artificiale agli spazi interni. L’obiettivo è ampliare lo spazio adibito ad attività operative includendo la parte centrale del piano. Oltre a massimizzare la trasparenza delle partizioni interne sono stati pensati camini di luce nello spazio degli attuali cavedi, parzialmente utilizzati per le canalizzazioni degli impianti; essi captano la luce in copertura e la trasportano all’interno di condotti opachi con superficie interna riflettente. La riqualificazione della facciata prevede sistemi di ombreggiamento con sensori d’ambiente. La copertura diventa “captante” tramite l’istallazione di una pergola ombreggiante con pannelli per solare termico e per pannelli fotovoltaici.

Fonte: Archiportale

Torino: una “nuvola verde” sul nuovo centro direzionale Lavazza

Ha immaginato una “nuvola verde” per il nuovo centro direzionale Lavazza a Torino il team guidato di Cino Zucchi Architetti, vincitore del concorso di progettazione lanciato nel 2009 dalla nota azienda produttrice di caffè. La proposta di Zucchi, sviluppata assieme a Ai Engineering (tecnologie e strutture), Manens -TiFS (strategie ambientali e impianti) e Atelier G’Art (verde e paesaggio) ha superato i progetti di altri tre noti studi che hanno preso parte al conocorso a inviti, ovvero Mario Cucinella, Vanja Frlan Jansen e Luciano Pia. Il nuovo quartier generale di Lavazza sorgerà entro il 2014 sull’area dismessa dell’ex centrale Enel cittadina. La proposta vincitrice prevede il restyling del lotto di destinazione in un’ottica di maggiore apertura del tessuto urbano. Una nuova grande piazza alberata, al cuore dell’isolato, fungerà da membrana osmotica, favorendo il dialogo tra l’architettura industriale della centrale dismessa ed il nuovo volume della Lavazza. “L’edificio prende la forma di una grande “nuvola” che raccorda tra loro i vari fronti e gli edifici industriali conservati e convertiti a nuove funzioni, regalando una piazza verde alla città e aprendo un inedito accesso verso il lungo Dora. Il nuovo centro direzionale Lavazza si innesta sulla città esistente con grande attenzione: le altezze dei corpi edilizi e la qualità delle facciate sono attentamente studiati in rapporto agli edifici del contesto, alla qualità degli spazi aperti e all’orientamento solare. Il risultato è un progetto che fa riferimento all’architettura della Torino storica con una sensibilità contemporanea, attenta alle tecniche attuali e ai valori di durata e di rispetto per l’ambiente”, si legge nella relazione di progetto.

Il progetto preliminare della struttura è stato sviluppato coerentemente con quanto stabilito dai parametri di certificazione LEED (Leader in Energy and Environmental Design Green Bui lding Rating System). L’alto profilo del cliente e l’eccezionalità del luogo ci hanno stimolato a cercare un equilibrio tra il radicamento nel contesto e la creazione di una nuova architettura capace di comunicare al mondo il rapporto vivo tra un’azienda globale e la sua città. Gli spazi di lavoro Lavazza e la nuova piazza verde trasformeranno il recinto industriale esistente in un nuovo luogo urbano animato a tutte le ore, capace di incarnare stili di vita più consapevoli ha dichiarato Cino Zucchi.

Fonte: Archiportale

Benvenuti ad Hackney City Farm!

Questo piccolo paradiso – oltre 60mila visitatori l’anno –  si chiama Hackney City Farm, non si trova in una sperduta campagna della brughiera inglese, ma nel cuore di Londra all’interno di Haggerstone Park. Fino a venticinque anni fa era una fabbrica di birra e ora è il simbolo verde della zona Est della città dove da qualche anno si vedono fiorire creatività e mode, dove la riqualificazione urbana ha lasciato spazio anche a stili di vita alternativi che hanno fatto lievitare i prezzi degli appartamenti del 20% negli ultimi tre anni.

Nei weekend di primavera le strade di Hackney si animano di famiglie in bicicletta, il piccolo ristorante all’interno della fattoria, Frizzante Café, è gestito da italiani: ottimi piatti mediterranei a base di prodotti biologici provenienti direttamente dall’orto. Tutto quello che scartano cercano di riciclarlo: gli avanzi di cibo diventano pastone per i maiali, l’olio da cucina viene trasformato in biodiesel per alimentare i macchinari della fattoria. Hanno attivato un programma di sensibilizzazione della comunità locale per la riduzione delle emissioni di carbonio, si vantano di aver già ridotto il proprio impatto ambientale del 30% nel 2009, e ora si propongono di abbassarlo ulteriormente con piccoli accorgimenti come la sostituzione della vecchia caldaia con fonti rinnovabili. Hanno un programma di assistenza per i rifugiati politici e per i richiedenti asilo, e una grande attenzione rivolta ai bambini e a sistemi di educazione attraverso il contatto con i prodotti della terra e le attività pratiche.

Il 72% dei londinesi, secondo una recente indagine, si dichiara sensibile ai problemi ambientali e vuole che questa non sia più considerata una delle città più inquinanti d’Europa. A partire da zone come Hackney e dal coinvolgimento dei cittadini, Londra ha iniziato un lungo percorso per dissipare il suo antico “smoke”: la prima tappa e primi conti si faranno presto, con le Olimpiadi 2012.

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A Caserta un grande progetto di bioarchitettura: Il Quartiere Sostenibile

Lo chiamano the sustainable neighbourhood, il quartiere sostenibile, una sorta di cattedrale nel deserto casertano. Struttura residenziale multi funzionale concepita su larga scala, costruzione eco-sostenibile che ricoprirà 12 acri nella provincia di Caserta. L’autore è l’architetto Andrea Salvini, che insieme all’architetto Barbara Berni ha curato la fase progettuale. La design phase (che prevede la costruzione di 13 palazzi) è stata pensata per preservare l’ecosistema e le aree verdi. Ogni palazzo sarà composto di 20 unità, distribuite equamente su cinque piani dei quali il piano terra sarà destinato alle attività commerciali. Tutti i palazzi saranno costruiti seguendo lo stesso criterio, per conferire una certa coesione del design, ad esclusione dei materiali di facciata. Ogni struttura avrà un sistema di pannelli solari perpendicolare alla facciata che servirà ad illuminare, nelle ore notturne, l’intero palazzo, creando un effetto quasi artistico. Aspettiamo fiduciosi di vedere come procedono i lavori.

Fonte: BioEcoGeo

Gaon Street Light, il lampione che elimina il problema dei rifiuti

Il progetto è di Haneum Lee e si tratta di un lampione che si alimenta con la spazzatura. Ma non tutta, non l’indifferenziato, la plastica e il vetro: solo l’umido, l’organico.  Gaon Street Light, ha alla base un bidone della spazzatura dove i passanti possono gettare i rifiuti organici che vengono compostati per ottenere il metano che alimenta la lampada: un’invenzione geniale che però per risultare davvero perfetta dovrebbe riuscire a superare alcuni ostacoli. Cosa succede se nel bidone i passanti distratti gettano rifiuti diversi da quelli organici? Quanta spazzatura serve per fare accendere un lampione? E se per caso non ci sono sufficienti rifiuti da consentire l’accensione del lampione, la strada resta buia? L’idea di Lee è sicuramente promettente, e un giorno (magari con un’adeguata educazione civica)  potremmo essere capaci di alimentare la nostra rete d’illuminazione pubblica stradale.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Consulta anche: GenitronSviluppo

Il premio alla riqualificazione urbana attraverso la luce

La luce nell’architettura e in urbanistica ben si presta a qualificare l’immagine delle città, oggi sempre di più anche attraverso concorsi di altissimo profilo come “City People Light”, giunto all’ottava edizione, ideato da Philips e gestito in collaborazione con Luci. Come noto, la Lighting Urban Community International Association è l’unico network internazionale che riunisce rappresentanti di 95 città e numerosi professionisti dell’illuminazione. Essi hanno lo scopo di utilizzare la luce come strumento fondamentale per lo sviluppo urbano, secondo una visione che pone la sostenibilità ambientale al centro dell’intero progetto, impegnandosi nel rendere i centri abitati più a misura d’uomo. L’obiettivo è sempre lo stesso dalla prima edizione del 2002: spingere le città a migliorare, attraverso la luce, la qualità di vita ed il benessere delle persone che ci vivono, lavorano o transitano. Il premio, di 10mila euro, verrà riconosciuto alle città che, attraverso un progetto d’illuminazione innovativo e completo, sapranno integrare al meglio i bisogni della vita urbana contemporanea con le nozioni di “city”, “people” e “light”. Il concorso prevede un gran giurì di professionisti composto da lighting architect, lighting designer e assessori urbanisti che valuteranno i progetti in base a come sapranno integrare l’illuminazione outdoor con il patrimonio architettonico esistente e la vita del contesto urbano interessato, a come sapranno costruire l’identità notturna della città e al grado di sostenibilità ambientale del progetto. Le adesioni per l’edizione 2010 dovranno pervenire entro il 30 giugno 2010 e la premiazione dei tre vincitori avverrà in settembre a Chartres, in Francia, durante il forum annuale Luci. “Il concorso internazionale City People Light – ha dichiarato Marc de Jong, ceo Professional luminaires di Philips Lighting – è un’opportunità unica per gli architetti di urbanistica. Questa è l’occasione per condividere con il mondo esterno come un utilizzo creativo e sostenibile della luce possa davvero migliorare la vita dei cittadini”. Dalla prima edizione hanno partecipato al concorso ben 141 progetti: nel 2009 il primo premio è andato alla città finlandese di Jyväskylä, per il progetto che promuoveva innovative soluzioni d’illuminazione outdoor, capaci di permettere una miglior sicurezza della città, caratterizzata da un veloce aumento della popolazione e da una forte crescita urbana. Oltre a Jyväskylä sono state premiate nel 2009 Hangzhou in Cina e Lachen in Svizzera; due menzioni speciali sono state assegnate ai progetti illuminotecnici della città di Copenhagen in Danimarca, e di Moers in Germania.

Fonte: ArchiLight

Francia: i marciapiedi producono energia

Tolosa dà il via alla sperimentazione di un nuovo metodo per produrre energia che potrebbe rivoluzionare l’intero sistema di illuminazione delle città. Attraversando un passaggio pedonale un uomo produce, con la pressione dei piedi, un’energia pari a 50 watt, sufficienti ad alimentare in modo pulito una serie di piccole lampadine al suolo. Ogni passo su piccole mattonelle in plexiglas di 65 centimetri quadrati produce vibrazioni sufficienti che, trasformate da un generatore, creano energia elettrica. “Le strade pedonali potrebbero diventare delle fonti formidabili di energia pulita”, dichiara Alexandre Marciel, vice sindaco di Tolosa e promotore del progetto. “Tolosa sarà la prima città a dimostrare che è possibile riciclare l’attività urbana in energia elettrica“. Il marciapiede sperimentale è stato concepito dalla società olandese Sustainable Dance Club, che a Rotterdam ha lanciato, già da qualche tempo, una discoteca illuminata in parte dagli stessi utenti (leggi qui). L’azienda vorrebbe dotare di questo sistema stazioni, aeroporti, centri commerciali. Fra le applicazioni possibili anche l’alimentazione di colonnine per ricaricare telefoni e computer. “Un’autentica rivoluzione intellettuale.” Gli spostamenti non saranno più considerati come un consumo di energia, ma come una fonte energetica.

Fonte: LaStampa.it

L’ECO POD

Eco Pod by Howeler e Yoon ArchitectureLeggere la newsletter di Architettura e Design è uno dei piaceri della vita. C’è sempre una nuova idea, geniale, sostenibile, utile da scoprire e di cui stupirsi…l’unico dubbio è la reperibilità dell’eventuale prodotto e il costo. La prima idea che vi segnalo arriva da Boston e si colloca nel campo delle energie alternative. Si chiamano Eco Pod e sono nuovi ed innovativi metodi di produzione di energia derivante da biocombustibile. Si tratta di strutture verticali temporanee pronte ad abbellire la città e produrre energia alternativa, pulita e rinnovabile, che interviene sui vecchi edifici, ormai abbandonati. Nell’attesa di un eventuale recupero, questi edifici diventano dei veri e propri supporti verticali per bioreattori di micro-alghe pronti a produrre energia per la città. In questo modo le strutture, da ruderi abbandonati, si trasformano in edifici ad alto impatto visivo ricoperti da capsule multiple (prefabbricate) fonte di bio-combustibili che, nel caso delle micro-alghe è pari a 30 volte di più per acro rispetto ai tradizionali bio-combustibili. In più, diversamente da altri biocombustibili, le micro alghe crescono su qualsiasi tipo di supporto, anche su superfici verticali e, durante la fotosintesi, trasformano l’anidride carbonica in ossigeno. Tutta la struttura portante, inoltre,  è stata progettata per spostare agevolmente le varie capsule grazie a particolari bracci meccanici (azionati con la stessa energia prodotta dalle  micro-alghe) per massimizzare la crescita delle alghe e quindi il rendimento. Leggi l’articolo intero qui.

Eco-ascensori tedeschi

La nuova sede di Deutsche Börse a Eschborn (Germania) sarà aperta al pubblico nei prossimi mesi e potrà vantare ascensori “ecologici”. Per rendere l’edifico ecosostenibile, gli ascensori possiederanno un meccanismo di rigenerazione che reimmetterà nel circuito l’energia generata durante la frenata in fase di blocco dell’elevatore. Si sfrutta l’energia prodotta dagli ascensori in discesa, per fruttarla per la risalita, risparmiando tanto in termini di elettricità. Grazie a questo sistema si determinerà un risparmio energetico del 30% rispetto ai normali modelli prodotti. La società fornitrice ha inoltre dotato le strutture di un sistema di illuminazione a led che permetterà di risparmiare il 90%  dell’energia garantendo anche una maggiore durata dei sistemi luminosi. Per garantire un’ulteriore risparmio energetico è prevista l’istallazione di un display touch screen all’esterno dell’ascensore, che garantirà all’utente, potendo scegliere l’elevatore che sarà tempestivamente disponibile, un minor numero di fermate ai piani.  Fonte Casacoop

La sfida di New York

Se Londra usa il pedaggio d’ingresso in città per disincentivare l’uso dell’auto, Parigi ha lanciato Vélib, il parco-biciclette da affittare e Pechino ha costruito sei linee di metrò nuove per le Olimpiadi, New York è decisa a fare ancora meglio. Come?

Adottando progressivamente le soluzioni verdi delle sue rivali e puntando al primato, per diventare il modello della metropoli del terzo millennio, nell’èra post-automobile. È una competizione che può diventare un business, e trasformare i mega-agglomerati urbani nei laboratori della Green Economy. Per questo New York prepara una vera rivoluzione del traffico, che deve portare all’emarginazione dell’auto privata dalle sue strade.

Approfondisci l’articolo su La Repubblica.

L’asfalto fotovoltaico

Il Dipartimento dell’Energia degli StatiUniti ha finanziato un progetto che prevede la costruzione di un tratto autostradale costituito da pannelli solari. Si tratta di sostituire il vecchio manto stradale con un enorme pannello capace di sviluppare energia. Scott e Julie Brusaw basandosi sui consumi medi nordamericani, hanno calcolato che un miglio di strada a quattro corsie potrebbe fornire energia a più di 400 abitazioni, se si sostituisse l’asfalto della pavimentazione con moduli fotovoltaici Solar Roadways. I due hanno ottenuto 100mila dollari di finanziamento governativo per studiare e testare le strade fotovoltaiche. Le strisce sono illuminate da led incorporati nel manto stradale e possono fornire informazioni mutevoli, in caso di bisogno (corsie di emergenza, avviso di lavori in corso, rallentamenti per incidente…). I pannelli solari sono anche in grado di riscaldare le strade per evitare la formazione di ghiaccio, senza ricorrere a sali chimici (inquinanti e che richiedono una logistica non indifferente per essere resi disponibili al momento in cui sono necessari). La superficie di vetro dei pannelli e’ stata studiata per offrire aderenza alle ruote dei veicoli, anche in caso di pioggia. E’ impermeabile e resistente all’usura.

I problemi sono ancora tanti, sotto lo strato fotovoltaico vi è quello dei servizi, con il sistema dei cavi di telefono, web, TV, elettricità e altronon sono disponibili analisi sul ciclo di vita delle Solar Roadways, quindi non e’ chiaro in quanti anni venga ripagata l’energia necessaria alla produzione e allo smaltimento. Ma la direzione è quella giusta. Fonte Ecowiki