Archivio della categoria ‘ENERGIE RINNOVABILI’

Pantelleria: bloccato progetto dell’eolico off-shore

38 aerogeneratori da 6 Mw ciascuno, con un diametro di circa 126 metri, a circa 25 – 35 miglia dalla costa sud orientale della Sicilia, il progetto della Four Wind srl è stato bocciato dalla Regione siciliana con un plauso da parte delle associazioni ambientaliste.
La Regione, infatti, aveva già fermato il progetto dal titolo “Centrale eolica off shore Banco di Pantelleria e Banchi di Avventura” per l’appartenenza della zona alla rete “Natura 2000”, per la protezione degli habitat, per il pericolo sismico e la difesa del sistema ittico. La conferma è arrivata anche dalla Commissione Via del Governo.

Fonte: EcoSeven

La geotermia e la produzione di energia elettrica

Sapevate che la Toscana è l’unica regione in Italia dotata di impianti geotermoelettrici? Ebbene sì, il primato lo detiene la città di Pisa con il 47% degli impianti e una produzione pari al 54%! Seguono le province di Siena e Grosseto con il 28% e il 25% dei 32 impianti totali. Dati statistici che sembrano non essere confortanti, e invece in termini di produzione di energia geotermica l’Italia si colloca al terzo posto della produzione mondiale il cui primato spetta agli Stati Uniti, e al quarto posto per incidenza sulla produzione rinnovabile con il 7,7%, e per l’incidenza sulla produzione lorda totale con l’1,8%.
La geotermia è la fortuna energetica dell’Islanda. L’isola basa la sua esistenza energetico-climatica sul naturale equilibrio tra l’acqua calda di profondità e l’atmosfera glaciale esterna. Un equilibrio naturale sfruttato dagli islandesi anche per la produzione di energia elettrica con gli impianti geotermici.
Capiamone un po’ di più di questo tipo di scienza e di tecnologia spesso citata nelle descrizioni di numerosi progetti di Architettura Ecosostenibile. La geotermia è la scienza che studia il calore terrestre. Il calore terrestre nasce nella crosta e nel mantello a causa del decadimento radioattivo di alcuni elementi che li compongono, e successivamente viene trasferito verso la superficie terrestre mediante convezione del magma o di acque profonde. Da qui nascono la maggior parte dei fenomeni come le eruzioni vulcaniche, le sorgenti termali, i geyser, o le fumarole. Questo calore naturale proveniente dal sottosuolo può essere sfruttato per generare energia geotermica. Un impianto geotermoelettrico è una struttura in grado di produrre energia elettrica dall’energia termica interna ad un fluido geotermico. Per fluido geotermico si intende il vapor d’acqua o una miscela di acqua e vapore che negli strati profondi della crosta terrestre si riscalda a contatto con rocce calde. Si parlerà dunque a seconda della fonte principale, di sistemi geotermici a vapore dominante quando l’alta temperatura determina la formazione di accumuli di vapore o, ad acqua dominante, se l’acqua rimane allo stato liquido.

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

Da turismo a rifiuti: 10 settori green-economy

Per lanciare la nuova “green economy”, il settore privato da qui al 2050 dovrebbe investire ogni anno il 2% del Pil globale, equivalente a circa 1,3 migliaia di miliardi di dollari. E’ questo il messaggio lanciato dal nuovo rapporto del Programma Onu per l’Ambiente (Unep), secondo cui il passaggio ad un’economia a basso contenuto di carbonio partirebbe dalla trasformazione “verde” di dieci aree chiave: agricoltura; edilizia; energia; pesca; foreste; industria; turismo; trasporti; gestione di acqua e rifiuti. Attualmente, il mondo spende una cifra compresa fra l’1% e il 2% del Pil in una serie di sussidi destinati a settori come quelli di carburanti fossili, pesca e agricoltura non sostenibili. Basterebbe quindi cominciare a ridistribuire le risorse, con una serie di vantaggi.
Secondo il rapporto, il passaggio alla green economy, se sostenuta da politiche a livello nazionale e internazionale, porterebbe nuovi posti di lavoro, in sostituzione di quelli persi progressivamente con l’economia tradizionale. Ad esempio, investire circa l’1,25% del Pil globale ogni anno nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili, potrebbe tagliare la domanda di energia del 9% nel 2020 e quasi del 40% entro il 2050. E il passaggio alla green economy produrrebbe una crescita maggiore del Pil e del Pil pro capite, contribuendo ad alleviare la povertà e riducendo di un terzo le emissioni di gas serra, un obiettivo fondamentale per evitare i disastri dei cambiamenti climatici.

Fonte: Ansa

La più grande centrale fotovoltaica pubblica

Primato europeo di una piccola valle italiana: in Val Sabbia la più grande centrale fotovoltaica pubblica d’Europa.

Mentre l’Italia si divide sul tema nucleare, dal Nord emerge una piccola comunità montana virtuosa, distiguendosi per essersi dotata della più grande centrale pubblica fotovoltaica d’Europa. Essa istribuisce elettricità gratis a tutti gli uffici municipali, le strade, i semafori, le scuole e tutti gli altri edifici pubblici.

Stiamo parlando della Valle Sabbia, situata a nord-est di Brescia, lungo il fiume Chiese. La zona per secoli è stata poverissima, terra di forte emigrazione verso l’Australia, le Americhe, il Belgio, il Brasile. Per la costruzione della centrale si è partiti nel giugno dello scorso anno. Approfittando dei finanziamenti per le energie alternative in scadenza il 31 dicembre 2010, dunque era necessario agire in fretta in quanto il tempo a disposizione era di appena 3 mesi, durante i quali era necessario districarsi nei meandri della burocrazia tartassando gli uffici preposti per le autorizzazioni necessarie.

Ai primi di settembre 2010 partirono i lavori: demoliti i capannoni e portato via l’amianto dei relativi tetti.

La centrale oltre a fornire energia elettrica (è previsto un aumento di 1 milione di kilowatt l’anno), ha contribuito a bonificare la valletta grazie alla rimozione di amianto.

 

Fonte: BlogEcologia

L’eolico nipponico resiste al sisma e tiene accese le luci dopo il terremoto

La situazione nella centrale nucleare di Fukushima, seriamente danneggiata per via del terremoto e del conseguente tsunami che si è abbattuto sul nord est del Giappone la settimana scorsa, continua a tenere il mondo col fiato sospeso e lo stato nipponico in deficit di energia.
Tokio rischia, come abbiamo visto, il black out per via dell’interruzione della produzione di corrente da parte delle varie centrali atomiche che si sono bloccate al momento del sisma. Anche qui in Italia, in un primo momento, quando ancora non era evidente la gravità della situazione, il fronte nuclearista aveva provato, soprattutto nelle parole di Chicco Testa, a portare le centrali atomiche giapponesi che, pur obsolete di 40 anni avevano resistito ad un terremoto di magnitudo 9, come esempio della sicurezza della tecnologia nucleare. Ad una settimana dalla catastrofe anche le voci più convinte dell’energia atomica non parlano più o comunque si sono prese “un momento di riflessione”.
Riflessione che dovrebbe arrivare anche dal prendere atto di come, al momento, le vere centrali che hanno resistito al sisma e che attualmente stanno alimentando il Paese in ginocchio sono quelle eoliche, alla faccia di chi afferma che l’eolico non è in grado di sopravvivere ad una catastrofe naturale di tali proporzioni. L’industria del vento giapponese non solo ha retto, ma è attualmente funzionante e capace di tenere le luci accese durante la crisi di Fukushima.
Come ha assicurato Yoshinori Ueda, Presidente dell’ International Committee of the Japan Wind Power Association & Japan Wind Energy Association in un articolo sull’Huffington Post non si sono verificati danni agli impianti eolici di tutti i mebri dell’associazione. Sopravvissuti anche gli impianti del parco eolico offshore Kamisu, situato a circa 300 chilometri dall’epicentro del sisma.
Ueda ha confermato che, non solo le maggiori turbine eoliche del paese sono pienamente operative, ma che le aziende elettriche hanno chiesto ai proprietari dei vari parchi eolici di intensificare le operazioni di produzione di elettricità per cercare di compensare, quanto possibile, le carenze di energia elettrica nella parte orientale del paese. Eurus Energy Japan, il più grande operatore eolico in Giappone, proprietario del 22% di tutte le turbine a vento del paese, nonché filiale della TEPCO, ha confermato che sono in funzione attualmente 174.9 MW con otto parchi eolici su 11, in pratica il 64% del totale. I tre parchi eolici residui (Kamaishi 42.9MW, Takinekoshirai 46MW, Satomi 10.02MW) sono fermi a causa del guasto alla rete causati dal terremoto e dallo tsunami anche se due di questi stanno per essere ripristinati a breve. Una dimostrazione di affidabilità e una riflessione in più che dovrebbe essere presa in considerazione da tutti i Paesi che in questo momento stanno riconsiderando l’energia nucleare nel proprio piano energetico nazionale. Italia in primis.

Fonte: GreenMe

Ecco il MAI: modulo abitativo tecnologico

Dal lavoro congiunto tra CEii Trentino, Cnr-Ivalsa e Habitech, in collaborazione con circa 30 aziende artigiane trentine, nasce MAI (Modulo Abitativo Invalsa), prefabbricata in casa passiva legno ad elevato livello di modularità e sostenibilità. Si tratta di un modello di abitazione ecosostenibile al 100%, costituita da materiali riciclati rinnovabili il cui reperimento e produzione avviene entro un raggio limitato dal luogo d’origine. Il legno, naturalmente, proviene da foreste certificate di conifere.
La casa è composta da cinque moduli prefabbricati e trasportabili (superficie di 2,5×4 m per un’altezza di 3,5 m) che, insieme, formano un edificio di 33 metri quadrati. L’interno è composto da cinque vani: due stanze da letto, un bagno, una cucina, un soggiorno, totalmente arredati e completi di tutti i comfort ad alto risparmio energetico, a cui vanno aggiunte due terrazze esterne di 16 metri quadrati. Per quanto concerne poi gli aspetti tecnologici, la scelta dei progettisti di MAI è stata quella di adoperare un sistema integrato di solare termico in copertura ed un tetto verde, capace di controllare lo scarico a terra delle acque piovane, per coprire due dei cinque moduli. Gli involucri esterni delle pareti consentono di ottenere valori di trasmittanza e sfasamento termici pari a quelli di una casa passiva, eliminando completamente l’uso dei sistemi di riscaldamento tradizionali.
Il risparmio energetico è garantito da sistemi di controllo e gestione degli impianti meccanici e di illuminazione, oltre che da accorgimenti in fase di progetto. La resistenza al fuoco, infine, è garantita sia dall’uso di una facciata ventilata di tavole in legno con guaina traspirante impermeabile, sia da uno speciale rivestimento interno: tale combinazione consente la protezione totale degli strati di fibra di legno dagli agenti esterni.
Con questo sistema, fa notare con legittimo orgoglio il responsabile scientifico del progetto Ario Ceccotti, “una volta arrivati sul posto, non bisogna fare altro che avvitare dei bulloni… inoltre, è possibile costruire edifici di qualsiasi grandezza e forma architettonica”. Oltre al sistema a incastro, l’aspetto innovativo di ‘Mai’ è il ri-uso dei pannelli. La sua struttura portante (solai, pareti e coperture) è interamente realizzata con tavole di X-lam provenienti dalle prove effettuate nei quattro anni di studi in seno al progetto Sofie. Un vero e proprio ‘riciclo’, che rende questo edificio un prototipo dal design e dall’architettura estremamente curati, un concentrato di tecnologia, ricerca ed estetica. Tali peculiarità rendono per adesso MAI un’ottima testimonial adatta alla partecipazione ad eventi sulla sostenibilità ed un valido tester per indagini non invasive condotte da Cnr-Ivalsa: la strada per un abitare sostenibile è lunga ma credo che la direzione sia finalmente quella giusta.

Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Spagna: da marzo prima fonte elettricità

L’energia eolica nel mese di marzo ha rappresentato la prima fonte di elettricità in Spagna, per la prima volta nella storia. Lo ha annunciato il gestore elettrico Ree.
I parchi eolici hanno coperto il 21% della domanda e raggiunto un record mensile con la produzione di 4.738 gigawatts, il 5% in più rispetto al marzo 2010, ha spiegato Ree in un comunicato. Le energie rinnovabili, di cui la Spagna è uno dei leader mondiali, complessivamente hanno fornito il 42,2% della domanda di elettricità, cifra tuttavia in calo rispetto al marzo 2010 (48,5%), mese che aveva registrato una forte produzione idraulica. Quest’ultima ha rappresentato il 17,3% della domanda nel marzo 2011, l’energia solare il 2,6%. Il nucleare ha fornito il 19% dell’elettricità e il carbone il 12,9%. Nel primo trimestre, le energie rinnovabili complessivamente hanno soddisfatto il 40,5% della domanda, di cui il 21% con l’eolica.
Con la produzione di energia eolica di marzo si potrebbe coprire il consumo elettrico mensile di un Paese come il Portogallo, ha dichiarato in un comunicato l’Associazione delle imprese eoliche (Aee). Questo storico record raggiunto dall’eolica dimostra che questa energia, oltre ad essere autoctona, pulita e sempre più competitiva, è già in grado di rifornire tre milioni di case spagnole, ha sottolineato il suo presidente, José Donoso. Secondo l’Aee, questo forte aumento dell’energia eolica è la principale ragione per la quale il 2010 è stato il primo anno in cui la Spagna ha esportato elettricità in Francia. La Spagna è stata nel 2009 il quarto produttore mondiale di energia eolica grazie ad una politica di sostegno attivo portata avanti negli ultimi anni.

Fonte: LaStampa

Geotermia: grandi progetti di sviluppo in Cina

La Cina si ricorda dell’energia geotermica e la inserisce alla grande tra i propri progetti di sviluppo energetico. L’obiettivo è di coprire con fonti geotermiche l’1,7% della domanda di energia primaria al 2015. È quanto afferma un rapporto messo a punto dal Ministero del Territorio e delle Risorse. “Se questo risultato sarà raggiunto – ha dichiarato Guan Fengiun, direttore del Dipartimento Geologico del Ministero – la produzione di energia ottenuta dalla fonte geotermica potrà sostituire l’impiego di 68,8 milioni di tonnellate di carbone e ridurre di 180 milioni di tonnellate le emissioni di anidride carbonica“.
Nel settore del turismo termale questa risorsa è già ampiamente utilizzata in alcune regioni e in particolare nella provincia di Chongqing (sud-ovest della Cina), dove sono presenti 107 siti termali. Lo sfruttamento del geotermico a fini energetici è iniziato nel 1970. La prima centrale geotermica (24 MW) è stata realizzata nel 1977 nello Yangbajain (regione autonoma del Tibet) ed ha generato fino ad oggi 2,4 miliardi di kWh di energia elettrica. Attualmente sono in corso esplorazioni geotermiche in 29 provincie, con un finanziamento pubblico per le sole attività di ricerca nel 2011 di 164 milioni di yuan (17 milioni di euro). L’obiettivo è di realizzare impianti per la produzione di energia elettrica, ma soprattutto di sfruttare le acque calde del sottosuolo per il teleriscaldamento di quartieri cittadini. A Shanghai, ad esempio, è in fase avanzata di sviluppo un progetto per il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici che sfrutta un acquifero poco profondo (220 metri circa) con acque a temperatura costante di 25 gradi centigradi. In tal caso il ridotto calore del sottosuolo verrà utilizzato per alimentare pompe di calore acqua-aria.

Fonte: LaStampa

Fotovoltaico: la foglia solare artificiale che scalda una casa

Così ha titolato il Daily Mail a proposito dell’invenzione messa a punto da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) guidati dal prof. Daniel Nocera.
In base a quanto riportato dallo storico quotidiano britannico, la scienza avrebbe scoperto il Sacro Graal del fotovoltaico, una cella solare uguale in tutto e per tutto a una foglia, che, proprio come una foglia, pare sia in grado di imitare il processo di fotosintesi clorofilliana. Con una piccola differenza: la produzione di energia, secondo quanto riportato, sarebbe fino a 10 volte superiore rispetto alla fotosintesi naturale.
Il meccanismo è grossomodo quello che tutti noi abbiamo imparato alla scuola elementare, ma in versione artificiale: sostanze presenti nella foglia (in questo caso nichel e cobalto) catalizzano l’azione del sole, la cui energia viene utilizzata per separare le molecole di idrogeno e ossigeno che compongono l’acqua (H2O) in cui è immersa la foglia stessa. In seguito, i due elementi finiscono in un’apposita cella a combusatione, dove sono sfruttati per creare energia elettrica. Con meno di 4 litri d’acqua, secondo gli studiosi, la foglia sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di un’abitazione tipo di un paese in via di sviluppo. Per lo meno per quanto riguarda il riscaldamento.
E pensare che non più di dieci anni fa un’invenzione simile era stata collaudata da John Turner, ricercatore dell’U.S. National Renewable Energy Laboratory di Boulder (Colorado) ma il costo di produzione si era rivelato troppo elevato e l’energia prodotta… poca. Il cosiddetto Sacro Graal messo a punto dal Mit, al contrario, potrebbe cambiare la vita di miliardi di persone: africani, asiatici e in parte sud americani che ancora oggi non hanno accesso all’energia elettrica, nemmeno per ricaricare un telefonino.
Non a caso il gigante automobilistico indiano Tata ha già sottoscritto un accordo per la costruzione – entro i prossimi 18 mesi – di una mini-centrale elettrica grande quanto la cella di un frigorifero.
Ma saranno davvero gli abitanti poveri, spesso privi di un accesso all’acqua, a beneficiare di questa nuova e incredibile invenzione?

Fonte: GreenMe

Rinnovabili: Ue nel 2020 supererà comodamente quota 20%

Nel 2020 le fonti rinnovabili potrebbero arrivare a coprire nell’Unione Europea il 24,4% del fabbisogno energetico totale, con un valore record del 42,3% nel settore dell’elettricità. Sono le stime contenute nel rapporto “Mapping Renewable Energy Pathways towards 2020”, realizzato dall’European Renewable Energy Council (Erec). Leggermente diverse le previsioni elaborate dall’Erec in base ai Piani nazionali di azione per lo sviluppo delle fonti rinnovabili forniti dai singoli Paesi: in questo caso le fonti rinnovabili soddisferebbero il 20,7% del fabbisogno totale di energia e il 34,3% dell’elettricità.
In entrambi gli scenari l’Unione Europea nel suo complesso supererà il traguardo del 20% stabilito a livello comunitario come percentuale di energia totale ricavata da fonti rinnovabili. Analizzando il panorama Stato per Stato, dalle stime dell’Erec emerge che 26 Stati su 27 centreranno gli obiettivi fissati: solo il Lussemburgo, che ha un traguardo dell’11%, si fermerà al 10,4%. È incerta la situazione dell’Italia: l’obiettivo del 17% verrà superato secondo l’Erec, che ha stimato un valore del 19,1%, mentre non verrebbe raggiunto in base ai dati ricavati dal piano nazionale (16,2%). Tutti gli altri Paesi centrano i traguardi prefissati. Il più “virtuoso” è la Svezia, che non solo ha l’ambizioso obiettivo del 49%, ma arriverà al 50,2% o al 57,1% a seconda delle previsioni. Sopra il 40%, secondo l’Erec, si attestano anche Austria, Finlandia e Lettonia. In base ai piani nazionali, i settori energetici che contribuiranno di più al totale delle fonti rinnovabili sono l’eolico e l’idroelettrico, con il 14% e il 10,2% dell’energia totale rispettivamente. Seguono le biomasse con il 6,5%, il solare con il 2,9% e il geotermico con lo 0,15%.

Fonte: LaStampa

Eolico: in programma impianti per oltre 2000 mw a Panama

L’Autorità panamense dei servizi pubblici ha assegnato la licenza di generazione e vendita di energia elettrica a 5 progetti eolici per una capacità totale installata di 565 MW.
Le località interessate sono quelle di Toabre (225 MW), Anton (105 MW), Nuevi Chagres (169 MW), Marañón (18 MW) e Portobelo (48 MW).
Dei cinque progetti solo quello di Toabre è già in fase avanzata di costruzione: dovrebbe essere inaugurato il prossimo mese di ottobre. Gli altri impianti sono in fase di progettazione definitiva, con apertura dei cantieri prevista in queste settimane per la centrale di Anton (che dovrebbe entrare in servizio nel marzo 2012) e nei prossimi mesi per le altre tre, tutte da completare entro il 2013. L’Autorità panamense ha inoltre annunciato di stare valutando ulteriori richieste di licenza di produzione elettrica presentate da altri 14 progetti eolici per una capacità totale di 1.480 MW. Se anche questi progetti fossero tutti realizzati, nel giro di pochi anni la potenza eolica installata nel Paese (2.045 MW) sarebbe superiore a quella di tutte le altre fonti messe insieme. Attualmente, infatti, Panama dispone di 1.850 MW elettrici installati, di cui 1.030 termici e 820 idroelettrici. Per mitigare l’impatto dei prezzi del petrolio e facilitare lo sviluppo delle energie rinnovabili nel Paese, il governo panamense ha presentato in questi giorni all’Assemblea Nazionale un disegno di legge che prevede forme di incentivazione espressamente pensate per promuovere lo sviluppo di parchi eolici.

Fonte: LaStampa

La Danimarca dice stop a petrolio e carbone

Carbone e petrolio non sono sinonimo di energia pulita: questo concetto è già entrato nelle idee della gente, che sta iniziando a sensibilizzarsi sull’importanza dello sviluppo sostenibile. Detto questo, passare dalle parole ai fatti non è certo una scelta facile. Moltissimi paesi del mondo stanno incrementando il business delle energie rinnovabili. Le fonti alternative stanno conoscendo una vera espansione, ma i combustibili fossili costituiscono ancora ovunque una parte fondamentale del pacchetto energetico.
L’ addio alle fonti tradizionali di energia sembra lontano? Eppure la Danimarca dà il primo segnale concreto di volerle abbandonare. Un’agenzia governativa danese ha infatti annunciato di recente che il 2050 potrebbe essere la data utile a congedare i combustibili fossili in tutto il paese. Un obiettivo tanto ambizioso quanto importante: quali strategie intende seguire lo stato?
Bastano due parole: energia eolica. Sotto questo punto di vista la Danimarca è davvero fortunata: oltre il 20% del consumo di elettricità proviene dal vento. È in assoluto la percentuale più alta al mondo, e addirittura nei giorni particolarmente ventosi si raggiunge il 40% di tutta l’elettricità prodotta da un paese delle dimensioni della Spagna. Attualmente la Danimarca produce 3mila megawatt di energia dalle centrali eoliche, principalmente offshore, una quantità che dovrebbe crescere a 18 mila nei prossimi 40 anni. Quindi il governo danese intende sfruttare l’eolico sei volte di più rispetto al presente. Certo, la strategia prevede anche qualche punto dolente: per scoraggiare il ricorso alle fonti energetiche tradizionali, si prevede di aumentare di dieci volte le tasse sui combustibili fossili, passando dagli attuali 5 corone per gigajoule a 50 corone entro il 2030. Una sfida che non spaventa il Primo Ministro danese Lars Rassmussen: l’obiettivo è possibile, anche se ha implicazioni sul piano del debito e dei posti di lavoro che vanno studiate. Ma sappiamo che dobbiamo partire adesso per raggiungerlo.

Fonte: Liquida

PlanIt Valley: una città davvero ecosostenibile

E’ boom per le città econostenibili. Ad Abu Dhabi si sta costruendo Masdar City? L’Euorpa risponde con l’ancora più ambizioso progetto PlanIT Valley che, secondo gli scienziati architetti, ingegneri e progettisti che hanno elaborato il piano, dovrebbe essere regolata da un supercomputer che controllerà acqua, energia e ogni attività delle case. La sede scelta per questa città del futuro è Paredes, nel distretto di Oporto in Portogallo. Il progetto dovrebbe essere completato a tempo di record, se è vero che come data finale dei lavori è stata stabilita quella del 2015.
L’intera città sarà completamente ecosostenibile: gli edifici saranno prefabbricati per risparmiare soldi, che verranno reinvestiti nella tecnologia che dovrà controllare tutto e spazio. I tetti delle case saranno ricoperti di vegetazione per assorbire pioggia e sostanze inquinanti e scaldare di più. L’intera città sarà monitorata da un supercomputer che si occuperà di controllare consumi di acqua, luce e gas, riciclare i materiali liquidi e solidi, controllare la temperatura all’interno delle abitazioni, il tutto con l’unico obiettivo di non sprecare nemmeno una goccia d’acqua. Le energie rinnovabili la faranno da padrone: ogni abitazione sarà dotata di un impianto fotovoltaico e l’energia elettrica sarà ricava dal riciclo dei rifiuti. Normalmente una città di medie dimensioni sfrutta solo il 5 per cento dell’immondizia per il riciclo e la produzione di energia, nel caso della PlanIT Valley questo valore dovrebbe schizzare fino all’80 per cento. Le macchine che circoleranno per le vie della città saranno elettriche o a idrogeno. I progettisti hanno persino pensato ad un sistema che controlli che i bambini non si perdano nelle vite cittadine: qualora capitasse l’occhio vigile delle telecamere di sicurezza saprebbe individuarli e segnalarli alle autorità ( questa sa un po’ di Truman Show, a dirla tutta). Tutti i dati relativi alla vita della città, dal traffico al meteo, saranno elaborati dal computer. Speriamo che non lo chiamino HAL 9000…

Fonte: Liquida

Eolico: Italia è paese più caro d’Europa

In Italia gli impianti a energia eolica costano in media 113 euro per megawatt l’ora, contro i 68 della Spagna, i 65 della Germania, i 54 della Danimarca, i 79 euro della media Europea. Lo afferma il rapporto Italian renewables index (Irex) 2011.
Secondo lo studio nato per analizzare il settore e destinato alle aziende quotate in Borsa e a quelle del comparto che studiano le nazioni dove progettare nuovi impianti, i maggiori costi italiani dipendono da diversi fattori: orografia complessa, vento meno costante, ma anche minori incentivi, prezzi delle tecnologie superiore, prestiti bancari piu’ cari, tempi di autorizzazione incerti e Comuni che impongono ‘opere compensative’ particolarmente onerose.
All’inizio i Comuni dove si dovevano mettere gli impianti hanno varato canoni di concessione sconosciuti all’estero, poi esclusi per legge, quindi ora chiedono scuole o strade nuove, afferma Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys, la societa’ di consulenza che ha stilato la ricerca, e docente di Economia e gestione dei servizi ambientali all’Universita’ Bocconi di Milano.

Fonte: Ansa

MED in Italy: biocasa mediterranea finalista al “Solar Decathlon Europe”

E’ la prima volta che un progetto italiano è stato ammesso alla finale di Solar Decathlon Europe, che si svolgerà a settembre del 2012. L’Italia concorrerà con “Med in Italy”, una biocasa che consuma circa 1/6 di quanto produce e combatte il riscaldamento climatico.
Il Solar Decathlon, promosso dal Dipartimento di Energia statunitense, dal 2001 si svolge a Washington, ma dal 2010 la manifestazione si è spostata in Europa. Solar Decathlon Europe 2012 è un concorso che si pone l’obiettivo di realizzare prototipi abitativi innovativi, sostenibili ed autosufficienti, grazie in particolare all’energia solare. L’obiettivo è di contrastare i cambiamenti climatici, ottimizzare i consumi domestici e bilanciarli con la produzione di energia pulita. Le case sono al contempo confortevoli, efficienti e funzionali senza danneggiare l’ecosistema.
MED[iterraneo] in Italy ha progettato una casa ecosostenibile che produce fino a sei volte in più di energia rispetto a quella consumata, protegge dal caldo senza l’uso di condizionatori o climatizzatori. Med in Italy è anche veloce da realizzare, bastano infatti soltanto 2 giorni e si monta in 8. Potrebbe essere impiegata, al posto dei container, nei casi di emergenza da calamità naturali. Alla base del progetto italiano, strettamente legato alla tradizione del Sud del Mediterraneo, vi è la cultura romana, ed in particolare del modo di organizzare lo spazio domestico, riconducibile alla domus romana; unite alle più innovative tecniche di costruzione e di materiali ecologici. Med in Italy è frutto della collaborazione tra l’Università Roma Tre e quella de La Sapienza, che, con un team di 50 persone (con diversi profili ed esperienze), hanno dato vita alla biocasa del futuro, che tuttavia viene viene dal passato. La sostenibilità ecologica è unita all’economicità. Le sua destinazioni d’uso possono essere molteplici: territori svantaggiati non solo nel nostro Paese, ma in alcune zone del Nord Africa e in aree depresse o dalle elevate temperature climatiche. I vincitori del concorso saranno resi noti a settembre 2012. Per ulteriori infomazioni: www.medinitaly.eu e www.sdeurope.org.

Fonte: BlogEcologia

Rinnovabili: in dieci anni nella Ue è quasi un raddoppio

Nell’arco di dieci anni, la quota delle rinnovabili nel mix energetico europeo è quasi raddoppiata. Nel 1999 rappresentava il 5,4% del consumo interno lordo di energia primaria, nel 2009 si è portata al 9%. È quanto si ricava dai dati statistici Eurostat pubblicati in occasione della Settimana europea dell’energia sostenibile. A fronte di consumi complessivi che nel 2009 sono stati pari ad 1,7 miliardi di tep (tonnellate equivalenti di petrolio), il petrolio è rimasta la principale fonte di energia con una quota del 37% sul consumo lordo (contro il 39% del 1999).
Oltre al balzo delle rinnovabili, è aumentata anche la quota del gas (dal 22% al 24%), mentre è diminuita quella dei combustibili solidi (dal 18% al 16%). È invece rimasta sostanzialmente stabile (dal 14,2 al 13,6%) la quota dell’energia nucleare. I dati relativi alle fonti rinnovabili mettono in luce l’importanza dei risultati che sono stati conseguiti in questo campo in alcuni Paesi europei. Ciò è avvenuto, in particolare, in Lettonia e in Svezia dove la crescita è stata talmente rapida da far diventare proprio le rinnovabili la principale risorsa energetica. In Lettonia le fonti rinnovabili hanno rappresentato nel 2009 il 36,2% del consumo lordo, mentre in Svezia il loro concorso ha coperto il 34,4% del fabbisogno nazionale. Il contributo delle rinnovabili è consistente anche in Austria e in Finlandia, dove la loro quota ha superato o si è avvicinata ad un quinto dei consumi (rispettivamente 27,3% e 23,2%). Tuttavia i maggiori aumenti proporzionali nel corso del decennio si sono avuti in Germania, che ha aumentato di quasi quattro volte la quota (dal 2,4% all’8,5%) e in Ungheria che ha più che raddoppiato questo valore (portandolo dal 3,3% al 7,3%). Per quanto riguarda l’Italia, i dati Eurostat ci collocano in una fascia intermedia: nel 1999 il concorso delle fonti rinnovabili risultava pari al 5,7%, salito nel 2009 al 9,5%.

Fonte: LaStampa

Green eMotion: il progetto europeo che apre la strada alla mobilità elettrica

La Commissione Europea ha dato il via ad un progetto, di durata quadriennale, per promuovere la mobilità elettrica in Europa con il coinvolgimento di 42 partner, tra cui società industriali, costruttori di automobili, utilities, comuni, università e istituti di tecnologia e ricerca, che dovranno mettere a disposizione, scambiare e ampliare il patrimonio di know-how ed esperienza accumulato in alcune regioni pilota europee (già definite o da definirsi) e affinare le tecnologie. Il tema centrale è lo sviluppo dei processi, degli standard e delle soluzioni IT a livello europeo per permettere ai veicoli elettrici un facile e continuo accesso alle infrastrutture di ricarica e ai relativi servizi in tutta l’Unione Europea. La standardizzazione è il fattore chiave per una veloce ed efficiente svolta europea verso la mobilità elettrica. Nelle regioni pilota saranno installati più di 10.000 punti di ricarica: circa 1000 a Barcellona, Madrid e Malaga, 400 a Roma e Pisa, quasi 3600 a Berlino e 100 a Strasburgo. In Danimarca, la nazione con la più alta percentuale di energia prodotta da centrali eoliche al mondo, gli importatori di auto prevedono di immatricolare 2000 auto elettriche entro la fine dell’anno e di installare altrettante stazioni pubbliche e semi-pubbliche di rifornimento a Copenhagen, Bornholm e Malmö. Anche in Irlanda è prevista l’introduzione di quasi 2000 veicoli elettrici e di circa 3500 stazioni di ricarica.
Le soluzioni applicate localmente fino a oggi, frutto dell’esperienza accumulata in regioni pilota specifiche, verranno ora inglobate in studi pan-europei, con l’obiettivo di preparare il terreno alla mobilità elettrica in tutta Europa. Ciò richiederà standard infrastrutturali, di rete, e di Information Technologies, afferma Heike Barlag di Siemens, coordinatrice del progetto Green eMotion. L’integrazione delle attività individuali in un’importante iniziativa di partnership ci sta dando slancio e visibilità, e garantirà lo sviluppo coordinato della mobilità elettrica. Il progetto Green eMotion mira a riunire e mettere a fattore comune l’esperienza fatta con autovetture, autobus e veicoli a due ruote elettrici e ibridi. In alcune regioni verranno effettuati dei test ulteriori quali lo scambio delle batterie, ricarica in corrente continua così come l’integrazione di reti intelligenti, il traffico cross-border, diversi sistemi di pagamento e la sperimentazione di modelli di business alternativi.
Siemens contribuisce allo sviluppo delle soluzioni per il software e le infrastrutture di ricarica e alla fondamentale definizione degli standard industriali. Lo scorso anno, lo sviluppo tecnico ha fatto un significativo passo in avanti. Per esempio, abbiamo sviluppato delle stazioni di rifornimento con tempi di ricarica veloci adatte alle esigenze del mercato. Queste permetteranno di ricaricare le auto elettriche con batterie disponibili in commercio nello spazio di un’ora. Nel medio termine abbiamo intenzione di ridurre i tempi di ricarica a meno di 15 minuti così da rendere brevissimi gli stop in caso di batteria scarica, ha dichiarato Ralph Griewing, responsabile delle infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici all’interno del Settore Energy di Siemens.
Al progetto Green eMotion partecipano le aziende Alstom, Better Place, Bosch, Ibm e Siemens, le aziende di servizio pubblico quali Danish Energy Association, EDF, Endesa, Enel, ESB, Eurelectric, Iberdola, RWE e PPC, i costruttori di automobili BMW, Daimler, Micro-Vett, Nissan e Renault, i comuni Barcellona, Berlino, Bornholm, Copenhagen, Cork, Dublin (rappresentato dalla compagnia energetica Codema), Malaga, Malmö e Roma, le università e gli istituti di ricerca Cartif, Cidaut, CTL, DTU, ECN, Imperial, IREC, RSE, TDC e Tecnalia, e gli istituti tecnologici DTI, fka e TÜV NORD.

Fonte: GreenNews

L’ecosistema del mare italiano: tesoro da 9 miliardi di euro

C’è un tesoro nascosto sotto il mare italiano. Non si tratta di dobloni o antichi gioielli trafugati da qualche vascello pirata. Il patrimonio, che vale la bellezza di 9 miliardi di euro, è rappresentato dai servizi ambientali.
A certificarlo è il rapporto “Ecosistemi marini mediterranei: il valore economico dei benefici ambientali” elaborato dal Plan Bleu, organismo del Programma ambiente mediterraneo delle Nazioni Unite (UNEP/MAP), presentato oggi nel corso del convegno “Una BlueEconomy per il Mediterraneo: una nuova alleanza tra natura e tecnologie low carbon” nello Yacht Med Festival organizzato a Gaeta dalla Camera di Commercio di Latina. L’Italia, stando allo studio, non è prima solo nella lista dei beni culturali dell’umanità: le Nazioni Unite ci riconoscono un nuovo primato assoluto, quello di paese mediterraneo con la maggiore quantità di servizi ambientali offerti dal mare. Praterie marine e ricchezza di biodiversità ma anche qualità del paesaggio, depurazione naturale dell’acqua e mantenimento delle coste. Tutti elementi legati agli ecosistemi del mare ai quali volendo è possibile assegnare anche un valore economico. Il nostro paese, sottolinea ancora il rapporto, vanta oltre un terzo della ricchezza prodotta dai servizi ambientali forniti dal mare, il 35% del totale, più del doppio della Grecia o della Spagna. In termini economici, 9 miliardi di euro contro i complessivi 26 miliardi di beni ecologici prodotti ogni anno dal Mediterraneo nel suo complesso. Secondo i dati riportati nel convegno, le 26 aree marine protette già istituite nel nostro paese tutelano una parte importante del valore anche economico attribuibile ai servizi ambientali: nei loro 360mila ettari di mare, una piccola parte delle migliaia di chilometri quadrati che costituiscono la nostra fascia costiera, si concentra una parte importante di questo patrimonio, capace di produrre beni per almeno 36 milioni di euro l’anno, secondo il calcolo elaborato dal Plan Bleu. Ma la tutela della natura, anche intesa come valore economico dei servizi ambientali forniti dagli ecosistemi, da sola non basta a garantire il concetto di sostenibilità.
La BluEconomy si basa su una nuova possibile alleanza tra conservazione dell’ambiente marino e costiero e sviluppo di tecniche innovative, ad alto contenuto tecnologico e a basso impatto ambientale, in tutti i campi della vita quotidiana, ha spiegato in apertura il presidente della Camera di Commercio di Latina Vincenzo Zottola. Il contributo dell’imprenditoria non solo attenta alle ragioni dell’ambiente ma pronta a fornire soluzioni avanzate e pulite è centrale nella definizione di uno sviluppo sostenibile applicato ai territori, soprattutto nella fascia costiera che è il luogo di maggiore pressione antropica nei paesi mediterranei, ha aggiunto.
Il convegno di Gaeta ha puntato quindi i riflettori sullo sviluppo delle rinnovabili, sull’abitare sostenibile, sulla crescita di imprese ad alta innovazione, sulle metodologie innovative di assorbimento dei gas serra prodotti. La popolazione litoranea del Mediterraneo ammontava a 148 milioni già nel 2005, su un totale di abitanti dei paesi rivieraschi di 420 milioni. A queste cifre va aggiunto il numero crescente di turisti internazionali: si è passati, nelle regioni del Mediterraneo, dai 58 milioni del 1970 agli oltre 228 milioni del 2002. E, secondo le proiezioni, si arriverà a 346 milioni nel 2020. Una presenza che è concentrata per circa l’80% nel periodo compreso tra maggio e settembre. Un’enorme quantità di persone che va a gravare sulle risorse ambientali e sulle strutture abitative rivierasche e che può essere gestita solo rivedendo il paradigma delle economie mediterranee. Per questo è stata ribadita la necessità di sviluppare le fonti rinnovabili, limitandone però al massimo l’impatto paesaggistico e di diffondere strutture turistiche e residenziali sostenibile.

Fonte: LaRepubblica