Archivio della categoria ‘Progettazione’

Mar del Nord: rete offshore per 10 paesi dell’Unione Europea

La costruzione di una rete elettrica che collega i parchi eolici offshore del mare del nord con i Paesi che vi si affacciano è ormai una realtà. I ministri di Svezia, Danimarca, Germania, Olanda, Lussemburgo, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Norvegia e Belgio, hanno firmato il 3 novembre a Bruxelles, insieme alla commissione Europea, un accordo per dare il via alla realizzazione dei lavori. Ciò comporta l’impegno a superare non solo problemi tecnici, commerciali, ma anche burocratici e amministrativi. Bisogna, infatti, abbattere le costose barriere che esistono tra i Paesi dell’Unione europea per poter importare ed esportare facilmente l’elettricità. L’accordo prevede, inoltre, una necessaria semplificazione delle procedure di autorizzazione e definisce un programma di lavoro con la descrizione precisa delle azioni che andranno intraprese. Vengono istituiti tre gruppi di lavoro, che includono i governi, i regolatori, gli operatori del sistema di trasmissione e la commissione Europea, che faranno rapporto due volte l’anno ai ministri dell’Energia. Per realizzare la supergrid, così viene chiamata la rete offshore del mare del nord, si dovranno posizionare migliaia di chilometri di cavi sottomarini su una superficie di 760 chilometri quadrati. La spesa finale ammonterà a 32 miliardi di euro, meno di quanto si spenderebbe se ogni Paese facesse indipendentemente i suoi collegamenti. Al di là degli enormi vantaggi a livello di approvvigionamento energetico, per cui si stima che la capacità energetica dell’offshore europeo sia superiore a quella fornita dal petrolio medio orientale, non vanno ignorate le possibilità occupazionali. Si parla della creazioni da 100 a 150.000 posti di lavoro per la realizzazione del progetto entro il 2020-2030. La supergrid offshore è destinata a produrre entro il 2030, secondo la commissione Ue, una capacità di energia eolica di 150 GW. Si produrranno 563 Twh (terawattora), pari al 16% del consumo elettrico europeo, ma nel 2050 la rete potrà rispondere al 46% della domanda.

Fonte: Ansa

 

Eco-city 2020: in Siberia nasce la città sotterranea

Una città sottoterra per 100mila abitanti, al centro del nulla nella Siberia sterminata, là dove fino a qualche anno fa i minatori estraevano diamanti dalle viscere. È questo il progetto di Eco-City 2020, un luogo che ancora non esiste ma che già fa parlare di sé. L’inizio dei lavori non è ancora deciso, per ora in Rete circolano solo modellini, foto, descrizioni tecniche: tutta verticale, sarà ricoperta da una enorme cupola di vetro per riparare dal clima rigido della zona e portare all’interno energia dalla luce.
Sebbene si tratti solo di un progetto la cui realizzazione non ha certezza, i progettisti russi di Ab Elis hanno già pensato a tutto e hanno studiato la vita della comunità sotterranea su tre sezioni che si sviluppano in verticale. Ci saranno fattorie, foreste e coltivazioni costruite in altezza, spazi ricreativi per la socializzazione della comunità, aree con le abitazioni costruite su terrazzamenti, un po’ come avviene in terreni impervi anche in Italia, per esempio alle Cinque Terre. La città si potrà spingere fino a 525 metri sotto terra, tanto quanto è profonda oggi la miniera, e allargarsi per tutto il diametro della cava, oggi di 1.200 metri. E sarà ricoperta da una enorme cupola di cristallo, dotata di pannelli fotovoltaici per scaldare e dare energia al suo interno e permettere alla luce di filtrare all’interno. Lo spazio della miniera a cielo aperto di Mir, oggi in disuso e ufficialmente chiuso già nel 2001, è il secondo “buco” scavato nella terra più grande al mondo (il primo è una cava di rame nello Utah). Qui e nelle aree della repubblica siberiana di Jacuzia (o Repubblica di Sakha), dove l’inverno è così rigido da raggiungere i 25 gradi sotto lo zero, opera Alrosa, la società in mano al governo russo e oggi in fase di privatizzazione per via dei suoi debiti miliardari che detiene di fatto il monopolio per l’estrazione dei diamanti e che ne produce il 40 per cento a livello mondiale. Intorno all’estrazione mineraria (diamanti, ma anche oro) sono nati piccoli villaggi dove si sono insediati gli operai russi ucraini e nativi del luogo, soprattutto giovani, che sfidano il clima rigido e che oggi potrebbero divenire i primi abitanti della città del futuro.
La città che ancora non c’è è uno dei molti progetti che negli ultimi anni hanno immaginato villaggi interi racchiusi in strutture geometriche, dove tutto è contenuto in un gigantesco involucro futuristico autosufficiente: è il caso dell’enorme piramide proposta per New Orleans, che dovrebbe sorgere sulle rive del Mississippi. Ma il concetto di città racchiusa sotto una campana di vetro è caro anche al cinema, e ricorda film come The Truman Show o la sua parodia nel lungometraggio dei Simpson, così come è oggetto di trame fantascientifiche. L’ultimo romanzo di Stephen King, The dome, racconta per esempio di una cittadina ricoperta da una cupola e il prossimo anno diverrà una serie televisiva prodotta da Stephen Spielberg.

Fonte: IlCorriere

Energie rinnovabili: in Nicaragua un progetto da 250 mw di Brito

Confermata in Nicaragua la realizzazione del progetto idroelettrico di Brito, che, secondo fonti governative, verrà realizzato entro i prossimi 4 anni con un investimento di 600 milioni di dollari. Sono previste due dighe lungo il corso del fiume San Juan, per una potenza elettrica complessiva di 250 MW. Si tratta del maggior impianto di generazione elettrica del Paese. La realizzazione dell’opera comporterà benefici anche in altri settori, ad esempio consentendo l’irrigazione di 12.000 ettari di terreno e apportando miglioramenti alla navigazione sul lago Nicaragua. Preoccupazioni per le possibili ripercussioni sulla navigabilità del San Juan a valle delle dighe sono invece state espresse dal Costa Rica.
Il Nicaragua ha un potenziale idroelettrico che secondo calcoli governativi ammonta a 3.300 MW, di cui attualmente solo 98 MW sono sfruttati. La differenza tra le due cifre costituisce un ampio margine su cui il Paese spera di attirare investitori esteri, anche in vista dell’ambizioso obiettivo di sviluppo delle rinnovabili che il Paese si è dato. Attualmente, infatti, tale fonti soddisfano il 34% della domanda elettrica nicaraguense, percentuale che il governo si è impegnato a portare al 94% entro il 2017. In particolare per il settore idroelettrico, nel giugno scorso il Ministero dell’Energia e delle Miniere ha annunciato che ci sono 18 progetti in fase di studio, oltre ai 6 in via di realizzazione con l’impegno di completarli entro i prossimi 4-5 anni.

Fonte: LaStampa

Solare: la BEI investe sul Marocco

La Banca Europea per gli Investimenti ha approvato l’erogazione di un prestito di 500 milioni di euro per cofinanziare la costruzione di un impianto solare nel sud del Marocco, in località Tamezghitene, presso la cittadina di Ouarzazate. L’area è considerata ottimale non solo per l’elevata radiazione solare (oltre 7 kWh per metro quadrato/giorno), ma anche per la vicinanza di linee di trasmissione ad alta tensione e della diga di Mansour Eddahbi, che garantisce le risorse idriche necessarie per il funzionamento della centrale.
L’impianto, che sarà prevalentemente di tipo termico a concentrazione, ma con anche una parte fotovoltaica, avrà una potenza complessiva di 500 MW e si esterà su una superficie di circa 3.300 ettari. La sua realizzazione fa parte di un progetto integrato avviato dal Marocco per aumentare la quota di energie rinnovabili nel settore elettrico del Paese. Operativamente è prevista nei prossimi mesi – forse entro dicembre – la selezione della società incaricata di costruire e gestire l’impianto, con i lavori sul sito programmati per iniziare la seconda metà del 2011 e terminare nei primi mesi del 2014. Da parte della Banca Europea per gli Investimenti sono state inoltre avviati contatti con la Banca Mondiale alla scopo di reperire ulteriori finanziamenti per la costruzione dell’impianto. Si prevede che eventuali decisioni al riguardo saranno adottate entro la fine dell’anno, ma va ricordato che nel dicembre 2009 la Banca Mondiale ha allocato circa 550 milioni di euro per progetti solari a concentrazione in Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania.

Fonte: LaStampa

Nuovo stadio Juventus: pronto il varo della copertura

Il nuovo stadio della Juventus F.C., il cui cantiere è iniziato con la demolizione dell’ex stadio Delle Alpi, per proseguire con l’avvio della nuova costruzione nel giugno 2009 e che vedrà la sua consegna al pubblico per la stagione 2011-2012, è arrivato ad un momento fondamentale della lavorazione: la realizzazione della copertura.
La conclusione di questa complessa fase, resa ancor più importante da alcune caratteristiche specifiche e tecniche eccezionali, viene realizzata in tre momenti diversi.
Come spiega il Direttore Lavori generale del cantiere, ing. Paolo Erbetta di Ai Engineering S.r.l., società torinese che si occupa del project management dell’intero progetto dello stadio in corso di esecuzione è il montaggio e assemblaggio a terra dei componenti dei pennoni e travi principali, ai quali seguirà il sollevamento dei due pennoni e delle quattro travi. Questa seconda fase, che ha già avuto inizio a settembre, è quella spettacolarmente più importante e tecnicamente più difficile e delicata. L’ultima parte, prevista prima dell’inverno, vedrà conclusa tutta l’operazione con il montaggio delle travi secondarie e della copertura. Le caratteristiche tecniche degli elementi di copertura sono: due pennoni ad A (con due gambe ciascuno) con forma “a fuso” di altezza circa 90 metri, peso di 630 tonnellate cadauno e diametro (nella sezione più larga) di circa 4,5 metri. Quattro travi reticolari con forma ad “arco rovescio” (le due più lunghe misurano 125 metri, le altre due 90 metri) del peso complessivo di 1300 tonnellate. Quattro nodi che collegano le travi. Ciascun nodo, prodotto in apposita officina meccanica, pesa circa 100 tonnellate, ed è realizzato con elementi fucinati e saldati, con successiva distensione in forno. Ogni nodo è alto circa 4,5 metri e lungo 10/12 metri. Ogni pennone – trasportato da CONS.FER di Padova al cantiere diviso in quattro conci da 15 a 25 metri l’uno – ha richiesto l’utilizzo di speciali carrelli per il trasporto. In totale il convoglio presentava una lunghezza di circa 50 metri. Le stesse caratteristiche di eccezionalità riguardanti i trasporti e i permessi di transito hanno interessato anche i quattro nodi, mentre le travi ad essi collegati sono state prodotte a pezzi e trasportate con mezzi ordinari. Durante la fase di assemblaggio dei conci dei pennoni e delle quattro travi si è proceduto mediante saldature a piena penetrazione di grande impegno e difficoltà. Le operazioni di saldatura – che hanno impegnato sessanta saldatori specializzati operanti in più turni – sono state monitorate e controllate in continuo dall’Istituto Italiano della Saldatura, che ne garantisce la perfetta esecuzione. Una volta realizzato, lungo i bordi del futuro campo di gioco, il quadrilatero delle travi principali collegate dai quattro nodi d’angolo (del peso complessivo di 900 tonnellate) si procederà al sollevamento che prevede le seguenti macrofasi:

  • posizionamento dei pennoni sui relativi appoggi in posizione sub orizzontale (lungo i lati corti del catino):
  • sollevamento dei pennoni attraverso una torre provvisoria, posizionata a centro del campo (alta circa 90 metri);
  • collegamento della testa dei pennoni ai quattro nodi d’angolo mediante stralli di apprensione;
  • collegamento della testa dei due pennoni ai blocchi di ancoraggio esterni mediante 6 stralli;
  • sollevamento del quadrilatero delle travi riportando i pennoni verso l’esterno attraverso i blocchi di ancoraggio esterni.

Il sollevamento è effettuato, per conto dell’ATI appaltatrice (composta dalle imprese Rosso, Gilardi, Morganti e dal Consorzio CONS.FER responsabile della realizzazione della copertura) dalla ditta olandese Mammoet, leader mondiale nelle movimentazioni eccezionali (sollevamento, trasporto, vari, ecc.), coadiuvata dalla ditta Vernazza (gru e mezzi di sicurezza). La Direzione OperativaStrutturale (sotto la cui giurisdizione si svolgono le operazioni di realizzazione della copertura) è svolta dal prof. ing. Franco Ossola. Il Responsabile della Sicurezza è l’ing. Adriano Venturini (Ai Engineering S.r.l.), mentre il responsabile della Juventus F.C. per il cantiere è l’ing. Riccardo Abrate. Il nuovo stadio della Juventus F.C. fa parte di un grande progetto di riqualificazione urbana su un’area complessiva di 355.000 metri quadrati nel quartiere Vallette. Con una superficie interna di 45.000 metri quadrati, lo stadio avrà una capienza totale di 41.000 posti a sedere. L’accesso, privo di barriere architettoniche, avverrà da quattro ingressi posti sugli angoli, con ampie rampe che portano a un anello che gira intorno allo stadio. Alle gradinate e alle tribune si accederà da 16 passerelle distribuite nei diversi settori sospesi sugli spazi che costituivano il vecchio stadio. L’area dedicata all’area commerciale misura 34.000 metri quadrati, sui quali sorgeranno una galleria di negozi, uno shopping center e un magazzino di bricolage e faidate. Sono previsti anche 30.000 metri quadratidi verde pubblico, aiuole, piazze e parcheggi per 4.000 auto.

Fonte: EdilPortale

Svelato il maxi-progetto urbano che disegna il nuovo volto della darsena di Ravenna

Gli studi milanesi Metrogramma B&F e Chapman Taylor Architetti disegnano un nuovo quartiere di 50mila metri quadrati lungo il waterfront di Ravenna.
Si tratta del maxi intervento di trasformazione urbana di una storica area di proprietà di Cmc (Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna) con il quale si avvia quel percorso di riconversione delle aree  produttive sulla darsena che i cittadini attendono da anni.
Incaricati separatamente per la progettazione della nuova sede (Metrogramma) e per la trasformazione dell’attuale sede in un complesso commerciale (Chapman Taylor), i due studi lavorano oggi in sinergia per realizzare un vero e proprio nuovo quartiere. L’ articolato programma prevede infatti un mix funzionale: non solo la rilocazione degli uffici Cmc, ma anche la realizzazione di spazi commerciali, aree per la ristorazione, un comparto destinato alla ricettività, nonché piazze, parchi e piste ciclabili.
L’obiettivo è realizzare un luogo aperto da restituire alla città, con servizi e spazi collettivi. Il valore dell’operazione è di 150 milioni di Euro. Si prevedono circa due anni di lavori con inizio nel 2011. L’asse che distribuisce gli attuali uffici Cmc diventerà un “boulevard galleria” aperto alla città. L’edificio di archeologia industriale è stato modificato nella parte centrale per consentire la realizzazione di un secondo livello terziario sopra il piano commerciale che si sviluppa al piano terra. La sopraelevazione avviene attraverso la costruzione di alcuni prismi di vetro giustapposti che consentono l’ingresso di  luce naturale all’interno della galleria.
I volumi di nuova costruzione sono disposti a pettine ortogonalmente all’asse della galleria e paralleli al canale della Darsena. Ne risulta una nuova geometria complessiva che disegna tra il manufatto storico e i nuovi volumi una grande piazza pubblica su cui si affacceranno ristoranti, negozi e spazi collettivi. Sul margine ovest dell’area, lungo la Via Zara, si svilupperà il sistema delle residenze ERP con i relativi spazi verdi attrezzati. Anche in questo caso, i nuovi manufatti sono stati disposti ortogonalmente all’asse principale della passeggiata.
Landmark del progetto sarà una torre alta 70 metri che sorgerà sul fronte del Canale Candiano insieme ad una piastra ed un edificio lineare. Mentre la torre rappresenta un nuovo segno distintivo sul “waterfront”, la piastra genera una serie di terrazze e piazze che intendono valorizzare al massimo l’affaccio sul canale come luogo di incontro e di scambio.
Il principale materiale di costruzione – spiegano Andrea Boschetti di Metrogramma e Alessandro Stroligo di Chapman Taylor Architetti – sarà proprio il cemento visto il nome e la peculiarità originaria della cooperativa committente, che verrà riproposto in chiave contemporanea attraverso sistemi avanzati di prefabbricazione ad alta efficienza energetica. Gli edifici saranno rivestiti da pannelli in cemento e vetro colorato in pasta. In questa maniera si alterneranno opacità e trasparenze, masse volumetriche e vuoti in un gioco dove la misura e la scala diventano variabili secondarie. Il progetto – aggiungono gli architetti – offrirà alla Ravenna di domani l’occasione più importante per valorizzare un luogo magico come quello della Darsena di Città; una nuova porzione di città contemporanea densa di nuovi servizi, spazi collettivi e verde. Il progetto intende enfatizzare, infatti, l’idea di rottura dei recinti produttivi attraverso un progetto che intende rendere completamente attraversabile l’area. Al centro di tutto, l’idea di un grande spazio pubblico quale simbolo principale della riconquista collettiva di suolo per la città. Certamente questa appare una grande occasione per mettere al centro degli obiettivi, oltre che gli interessi di una azienda, quelli di un’intera comunità.

Fonte: Archiportale

Napoli: svelato il progetto per il nuovo quartiere a est della città

Napoli trasforma l’ex Manifattura Tabacchi in un nuovo quartiere urbano con attività commerciali, residenze ed ampi spazi pubblici per l’aggregazione sociale. Il progetto, commissionato da Fintecna Immobiliare allo studio Mario Cucinella Architects, è stato svelato nei giorni scorsi. L’intervento interessa un’area di circa 170mila metri quadrati e prevede 590mila m³ di cubatura, che comprendono il recupero di alcuni edifici preesistenti e la realizzazione di nuove strutture per la residenza, il commercio ed i servizi. Metà del nuovo quartiere sarà residenziale; la restante porzione sarà destinata all’attività produttiva. In tal modo l’area, che prima ospitava soli insediamenti per la produzione di beni e servizi, viene trasformata in un nuovo importante tassello urbano.
Il progetto – spiegano da MCA – parte dal presupposto di conservare la memoria della manifattura, dei suoi edifici simbolo e delle sue aree verdi di maggior qualità e si pone come obiettivo la costruzione di un nuovo tessuto urbano. In questo modo l’area, prima destinata alla sola attività produttiva, si rinnova conquistando un ruolo importante per la città.
L’obiettivo è offrire ai cittadini un nuovo quartiere verde: un grande spazio pubblico lineare, sul quale si affacciano i blocchi edilizi commerciali e direzionali, viene attrezzato con giardini pubblici sui bordi diventando un nuovo asse verde e pedonale. Si tratta di uno spazio sociale e di relazione, dove si collocano le funzioni di interesse pubblico – uffici, negozi, la posta – e sul quale si affacciano tutte le residenze.
Il progetto è firmato per la parte paesaggistica dallo studio Land (Landscape Architecture Nature Development).
Un’attenta analisi del sito e delle sue caratteristiche climatiche – aggiungono i progettisti di MCA –  ha permesso l’applicazione di tutte le strategie, attive e passive, per raggiungere gli obiettivi di maggior risparmio energetico e di minor impatto ambientale.

Fonte: Archiportale

Google: un’autostrada subacquea per l’eolico

Google investe nell'eolicoCon una super-autostrada sottomarina di seicento chilometri Google sbarca nel campo dell’energia eolica e, dopo il primo investimento verde firmato “Google Energy” a dicembre, torna a concentrarsi su un progetto estraneo al mondo dell’hi-tech.
Il colosso di Internet si è unito ad un gruppo finanziario di New York per investire in un piano da 5 miliardi di dollari per la realizzazione off shore, lungo la costa atlantica degli Stati Uniti, di una «spina dorsale» per impianti eolici che potrebbe potenzialmente cambiare per sempre la mappa elettrica dell’intera regione.
La rete coprirà un’area di circa 630 chilometri dal New Jersey alla Virginia e sarà in grado di collegare turbine eoliche per 6.000 megawatt di potenza (ovvero circa il 60% dell’energia eolica prodotta negli Stati Uniti l’anno scorso e una quantità sufficiente a servire circa 1,9 milioni di case). Crediamo molto in questo tipo di progetti, capaci di coniugare affari e sviluppo, ha detto la società californiana in un comunicato.
La svolta verde di Google è stata benedetta dall’amministrazione Obama. Il segretario al Territorio Ken Salazar, che dovrà in ultima istanza dare il via libera al progetto, ha già diffusamente elogiato l’iniziativa parlando di «un pilastro» dal punto di vista energetico e di un punto di svolta per il settore eolico. Oltre al colosso di Mountain View, che ha un interesse del 37,5% nel progetto iniziale, prendono parte ad Atlantic Wind Connection anche la società di investimento Good Energies, la conglomerata giapponese Marubeni e l’azienda del Maryland Trans-elect. Sta cambiando pelle, Google, e lo dimostra anche l’investimento nel settore finanziario annunciato dal chief economist della società, Hal Varian, nel corso della Conferenza a Denver della “National Association of Business Economists”. Varian ha annunciato che gli esperti economico-finanziari del gruppo stanno studiando come mettere a punto il “Google Price Index”, un indice giornaliero per misurare l’inflazione in base ai dati degli acquisti effettuati online. Il manager ha precisato che al momento la società sta soltanto raccogliendo i dati per poter elaborare l’indice, e che non ha ancora deciso se pubblicarli o meno. Ma Google crede nel suo indice: il principale vantaggio del Gpi sarebbe quello di poter ottenere i dati economici in modo molto più rapido, utilizzando le risorse online. I dati ufficiali del “Consumer Price Index” (Cpi), infatti, vengono raccolti a mano nei negozi e pubblicati su base mensile con qualche settimana di ritardo. L’indice non sarebbe una soluzione alternativa al Cpi, perchè – ha precisato Varian – il mix di prodotti che vengono venduti su internet è diverso da quello dell’economia generale. Approfondisci anche qui.

Fonte: LaStampa

Olbia: idee per realizzare edifici multi funzioni con carattere direzionale

Il comune di Olbia ha lanciato un concorso di progettazione per la riqualificazione dell’area dell’ex Consorzio Agrario mediante la realizzazione di uno o più edifici multi funzioni con carattere direzionale e servizi.
Il comune intende realizzare immobili a carattere direzionale nell’area compresa tra Corso Umberto, Via Catello Piro e Via Garibaldi. Pertanto, la stessa Amministrazione ha ritenuto utile sotto l’aspetto logistico individuare delle aree limitrofe all’attuale sede al fine di realizzare strutture da destinare ad uffici, parcheggi e verde consentendo nel contempo l’accorpamento di tutti i servizi comunali in un unico polo urbano. L’area oggetto si colloca in posizione centralissima, tra le Vie Genova, C. Colombo e Garibaldi, in zona dotata di normali infrastrutture e servizi; nelle immediate vicinanze sono presenti numerose strutture pubbliche, quali: gli uffici amministrativi e finanziari del Comune, gli uffici delle maggiori Compagnie Marittime, gli uffici della Provincia di Olbia-Tempio, il porto, etc. Sono ammessi a partecipare i soggetti legalmente abilitati ad eseguire le prestazioni oggetto del concorso di progettazione ed iscritti ai relativi Albi Professionali.

I premi previsti saranno così ripartiti:
– I° premio 16mila euro;
– II° premio 8mila euro;
– III° premio 3mila e 500 euro.

L’ente banditore conferirà al vincitore di concorso l’incarico per la progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione, a condizione che lo stesso sia in possesso dei requisiti dichiarati per la partecipazione al concorso nonché dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Tutta la documentazione richiesta dal bando dovrà pervenire entro il prossimo primo ottobre 2010.

Fonte: Archiportale

Proposta di legge 3493: ingegneri e architetti contro l’ampliamento delle competenze dei geometri

Non è ancora iniziato l’iter in Parlamento, ma la proposta di legge 3493 che amplia le competenze dei geometri e dei periti edili, sta già tirandosi addosso critiche di ingegneri e architetti. Il disegno di legge 3493, presentato il 20 maggio scorso dal deputato Daniele Toto, riprende pressoché integralmente il disegno di legge 1865 presentato alla fine del 2009 dalla senatrice Simona Vicari e propone di consentire a geometri, geometri laureati, periti industriali specializzati in edilizia e periti industriali laureati di occuparsi di progettazione architettonica e strutturale, collaudo statico e amministrativo, ristrutturazioni. Contro il ddl Toto si sono già espressi i Consigli Nazionali di architetti e ingegneri che, in una nota congiunta, hanno sottolineato che per esercitare le professioni di architetto e di ingegnere occorre superare percorsi universitari e non può una legge, prevedendo un semplice corso di 120 ore, annullare 5 anni di studio e hanno invitato i geometri e i periti edili a percorrere comunemente la strada della ragionevolezza preannunciando, in caso contrario, la propria ferma opposizione a proposte di legge basate sulle solite, inopportune ed antistoriche regalie all’“italiana”.
Nei giorni successivi si sono mobilitate le associazioni degli Ingegneri e degli architetti liberi professionisti.
Non su uno ma su quattro progetti di legge si concentra la protesta di INARSIND, il Sindacato nazionale ingegneri e architetti liberi professionisti italiani secondo cui dopo la sciagurata riforma dell’Università, varata da Berlinguer, dopo le liberalizzazioni di Bersani, dopo la catastrofe voluta, certamente in buona fede, dalla sinistra […] alcuni onorevoli di destra provano a distruggere in modo assolutamente casuale quello che resta delle libere professioni e più segnatamente delle professioni tecniche svolte dai laureati Architetti ed Ingegneri.
I progetti di legge nel mirino sono il ddl 503 “Disciplina delle libere professioni” presentato da Maria Grazia Siliquini – già contestato dagli ingegneri e dagli ingegneri juniores  – il ddl 1865 Vicari sulle competenze dei geometri e dei periti edili, il successivo ddl 3493 Toto sulla stessa materia e la proposta di legge 3522 “Delega al Governo per l’istituzione dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei liberi professionisti” presentata il 1° giugno 2010.
Con riferimento al ddl 3493 Toto, secondo INARSIND è incomprensibile che l’Avvocato Toto abbia ripresentato sostanzialmente la stessa proposta della Vicari (con la differenza che la modesta costruzione si è abbassata a 4.500 mc) aggravata dal fatto che, se la legge venisse approvata, queste competenze potrebbero essere svolte anche in “zona a rischio sismico non elevato per edifici con non più di tre piani fuori terra oltre al piano interrato o seminterrato e in  zona a rischio sismico elevato per edifici con  non più di due piani fuori terra, oltre al piano interrato o seminterrato”.
Crediamo – afferma INARSIND – che la buona politica debba impedire queste azioni che non sottostanno ad alcun disegno organico di riforma. Soprattutto in  questo momento in cui il Ministro della Giustizia, On. Angelino Alfano, si è dichiarato intenzionato a condurre in porto  la riforma delle professioni, attesa da oltre 25 anni, entro la fine della legislatura. Gli Architetti e gli Ingegneri Liberi Professionisti Italiani, in veste di garanti della qualità edificatoria sul territorio italiano, avevano già lanciato una petizione online per fermare la proposta di legge 3493 come è stato già fatto per il ddl 1865, chiedendo, inoltre, di avere in futuro l’opportunità, nel comune interesse, di esprimere un parere su disegni di legge di competenza propria della Professione di Architetto e Ingegnere con laurea quinquennale e triennale.

Approfondisci su: EdilPortale

Progetto ZeroCO2: piccoli comuni virtuosi crescono

Un piano energetico a zero emissioni e a costo zero per i piccoli Comuni europei per ridurre le emissioni di anidride carbonica e contrastare i cambiamenti climatici. È il progetto ZeroCO2 nell’ambito del Programma Med finanziato dalla Commissione europea, al quale partecipano Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. L`idea del progetto, che avrà la durata di due anni, è sviluppare una collaborazione tra enti locali, agenzie per l`energia e partner privati (Esco-Energy Service Company) capace di realizzare un piano energetico a zero emissioni e a costo zero per i piccoli comuni europei.
Per l’Italia i partner sono Legambiente e Kyoto Club Service e capofila è la Provincia di Massa Carrara con i Comuni di Bagnone, Comano e Fivizzano. Per la Grecia partecipano Paros, Sifnos e Hermoupolis, per la Spagna Alcúdia e Montortal, per il Portogallo Marvão, Fronteira, Gavião, Alter do Chão, Avis e Nisa. Il coinvolgimento delle aziende che offrono servizi di efficienza energetica permetterà di realizzare senza costi per i Comuni interventi che consentiranno nel lungo periodo un risparmio economico derivante dall`abbattimento dei costi energetici, che sarà reinvestito in ulteriori interventi di riduzione delle emissioni.
Gli enti locali e i singoli cittadini, ha dichiarato il responsabile energia di Legambiente, Edoardo Zanchini, svolgono un ruolo chiave per la diminuzione dei gas serra perché incidono direttamente nelle scelte energetiche dei territori e possono fare la differenza in termini di risparmio energetico, efficienza e sviluppo delle fonti rinnovabili. I piccoli Comuni, sono sempre più spesso i laboratori ideali per sviluppare pratiche virtuose in campo energetico, ma è fondamentale che abbiano fondi per fare interventi mirati nel campo dell`efficienza energetica.
Fa parte integrante del progetto una campagna di sensibilizzazione presso i cittadini e i politici locali per promuovere una maggiore efficienza energetica, la cultura dell`acquisto energeticamente consapevole ma anche lo sviluppo delle fonti pulite e la green economy. Laboratori all`interno delle scuole faranno avvicinare i giovani alle tematiche della sostenibilità energetica e delle fonti rinnovabili attraverso dimostrazioni, laboratori e giochi mentre workshop per gli imprenditori locali illustreranno i vantaggi di una maggiore efficienza energetica nei processi produttivi.

Fonte: CorrieredellaSera

 

 

Torino: una “nuvola verde” sul nuovo centro direzionale Lavazza

Ha immaginato una “nuvola verde” per il nuovo centro direzionale Lavazza a Torino il team guidato di Cino Zucchi Architetti, vincitore del concorso di progettazione lanciato nel 2009 dalla nota azienda produttrice di caffè. La proposta di Zucchi, sviluppata assieme a Ai Engineering (tecnologie e strutture), Manens -TiFS (strategie ambientali e impianti) e Atelier G’Art (verde e paesaggio) ha superato i progetti di altri tre noti studi che hanno preso parte al conocorso a inviti, ovvero Mario Cucinella, Vanja Frlan Jansen e Luciano Pia. Il nuovo quartier generale di Lavazza sorgerà entro il 2014 sull’area dismessa dell’ex centrale Enel cittadina. La proposta vincitrice prevede il restyling del lotto di destinazione in un’ottica di maggiore apertura del tessuto urbano. Una nuova grande piazza alberata, al cuore dell’isolato, fungerà da membrana osmotica, favorendo il dialogo tra l’architettura industriale della centrale dismessa ed il nuovo volume della Lavazza. “L’edificio prende la forma di una grande “nuvola” che raccorda tra loro i vari fronti e gli edifici industriali conservati e convertiti a nuove funzioni, regalando una piazza verde alla città e aprendo un inedito accesso verso il lungo Dora. Il nuovo centro direzionale Lavazza si innesta sulla città esistente con grande attenzione: le altezze dei corpi edilizi e la qualità delle facciate sono attentamente studiati in rapporto agli edifici del contesto, alla qualità degli spazi aperti e all’orientamento solare. Il risultato è un progetto che fa riferimento all’architettura della Torino storica con una sensibilità contemporanea, attenta alle tecniche attuali e ai valori di durata e di rispetto per l’ambiente”, si legge nella relazione di progetto.

Il progetto preliminare della struttura è stato sviluppato coerentemente con quanto stabilito dai parametri di certificazione LEED (Leader in Energy and Environmental Design Green Bui lding Rating System). L’alto profilo del cliente e l’eccezionalità del luogo ci hanno stimolato a cercare un equilibrio tra il radicamento nel contesto e la creazione di una nuova architettura capace di comunicare al mondo il rapporto vivo tra un’azienda globale e la sua città. Gli spazi di lavoro Lavazza e la nuova piazza verde trasformeranno il recinto industriale esistente in un nuovo luogo urbano animato a tutte le ore, capace di incarnare stili di vita più consapevoli ha dichiarato Cino Zucchi.

Fonte: Archiportale

Masdar: l’eco city center

Il team austro-tedesco del Laboratory for visionary architecture (Lava) ha vinto il primo premio per il progetto del centro città ecologico di Masdar, che verrà completato entro il 2016 negli Emirati Arabi. Gli architetti hanno presentato un progetto completamente sostenibile e tecnologicamente all’avanguardia che sarà adottato per la realizzazione di “Masdar, l’oasi del futuro”. Punto cardine del progetto sono i giganteschi girasoli, dotati di tecnologie fotovoltaiche e dislocati su tutta la piazza. Durante il giorno questi grandi ombrelloni resteranno aperti inglobando calore e luce solare, offrendo frescura ai passanti e ombra per le attività sottostanti. Alla sera gli enormi petali si chiuderanno per dar vita a grandi boccioli luminosi a graduale rilascio di calore. Lampade a sensori termici regoleranno l’intensità della diffusione della luce in base all’avvicinamento dei pedoni, oppure saranno attivabili on-demand con l’uso del cellulare. Il progetto vuole minimizzare il consumo di energia attraverso l’uso di superfici radianti, giardini pensili, sistemi di ventilazione a incremento delle naturali correnti d’aria, sistemi di raffreddamento a vapore, lastre rinfrescanti e pannelli con effetto oscurante, ombreggiamento delle facciate esterne che si affacciano sulla piazza e sensori automatici attiveranno o meno caratteristiche e funzioni ad hoc, in correlazione con il flusso pedonale. Sarà l’oasi del futuro: “una piazza dove vivere e adattarsi con l’ambiente concepita come un’esperienza spaziale e aperta, dove la qualità sia degli interni che all’esterno è eccelsa e il comfort più totale: 24 ore ininterrotte di accesso user-friendly a tutte le strutture pubbliche, uso flessibile dello spazio e tecnologia”.

Fonte: BioEcoGeo

Philips: bio-architetture sostenibili

Si chiamano Off The Grid, Sustainable Habitat 2020 e sono le nuove bio-architetture progettate dalla Philips. Il progetto è destinato alle megalopoli del 2020, in particolare alle emergenti megalopoli cinesi, ma si spera possano, poi, uscire dai confini del mondo asiatico. Il palazzo è progettato con una pelle particolare che reagisce e interagisce con l’ambiente, recupera le acque piovane, immagazzina calore, scherma o lascia passare luce, recupera energia pulita. Il corpo Off the Grid si presenta con una struttura leggera caratterizzata da particolari fiori, nucleo fondamentale di tutto il funzionamento bio-mimetico dell’edificio, che a seconda delle necessità si possono aprire per lasciar passare più o meno luce fino a rendere l’appartamento completamente trasparente, riducendo drasticamente l’utilizzo di luce artificiale. Allo stesso tempo, tali fiori, fungono da incanalatori di aria e vento. Il passaggio delle correnti di aria all’interno dei fiori genera energia pulita destinata ad alimentare l’edificio stesso fornendo, in più, aria pulita (depurata e privata di agenti allergici o tossici) per gli interni dell’edicifio e, grazie ai sistemi di canalizzazione, l’aria può anche essere raffreddata naturalmente (per i periodi estivi).  Sempre gli stessi fiori recuperano l’acqua piovana e l’umidità presente nell’aria (anche nei periodi di siccità). Una volta purificata e filtrata è possibile riutilizzarla nel circuito chiuso della casa. I rifiuti organici vengono trasformati in energia di biogas utilizzabile per il riscaldamento dell’appartamento o dell’acqua per il lavaggio.

Approfondisci su Architettura&Design

Progetti “On Line”

“Projects” Sezione del Portale di Architettura e Ingegneria Prog-Res dove vengono raggruppati sintesi di progetti come espressione della creatività e del vivere.

Architettore chiamerò io colui, il quale saprà con certa, e maravigliosa ragione, e regola, sì con la mente, e con lo animo divisare; sì con la opera recare a fine tutte quelle cose, le quali mediante movimenti dei pesi, congiungimenti, e ammassamenti di corpi, si possono con gran dignità accomodare benissimo all’uso de gli homini. Leon Battista Alberti1450

Nuovo spazio libero dove confrontare gli aspetti creativi dei progetti e dei progettisti.

Vai a: PROJECTS

Harpa Concert Hall: un monolite luminoso affacciato sull’Atlantico

Un’architettura suggestiva come la terra che la ospita  inaugurata il 4 maggio, nella città di Reykjavik (Islanda): si tratta dell’Harpa Concert Hall e Conference Center progettata da Henning Larsen Architects, quale nuova sede ufficiale dell’Orchestra Sinfonica e del Teatro dell’Opera d’Islanda.

L’intervento, finanziato dalla città di Reykjavik e dal Governo Islandese, rientra nel più ampio “East Harbour Project”, un piano per lo sviluppo urbano e la rivitalizzazione della banchina portuale orientale della città attraverso la creazione di una nuova piazza, una via dello shopping, un hotel, edifici residenziali istituzioni educative ed edifici industriali.

Situata in una zona poco urbanizzata, al confine tra terra e Oceano Atlantico, la struttura appare come un’enorme scultura luminosa, sulla quale si riflettono i colori del cielo e della banchina portuale di Faxaflói. Elemento caratteristico dell’edificio è la spettacolare facciata (progettata in stretta collaborazione con lo studio d’architettura islandese Batteriid e con l’artista danese-islandese Olafur Eliasson, assieme agli studi d’ingegneria tedeschi Rambøll e GmbH artengineering), su cui è riprodotto il pattern geometrico del basalto cristallizzato. Realizzata in vetro e acciaio con un sistema geometrico modulare dodecagonale a nido d’ape, detto “quasi-mattone”, la pelle esterna trasforma l’edificio in un caleidoscopico gioco di superfici trasparenti ed opache variamente colorate, riflesso negli oltre mille “quasi-mattoni” che compongono la sola facciata meridionale. Le altre facciate e la copertura dell’auditorium sono costituite da rappresentazioni in sezione di questo sistema geometrico, con facciate bidimensionali piane di telai strutturali a cinque o sei facce.

La trasparenza e la luminosità della pelle esterna “de-materializzano” l’edificio quale elemento statico e trasformano il fronte esterno in una superficie sensibile ai cambiamenti climatici esterni, variamente sfaccettata e dall’aspetto cangiante a seconda della posizione dell’osservatore. L’impiego congiunto di modelli tridimensionali, modeling finiti, tecniche di visualizzazione digitale bozzetti, modelli e mock-up ha permesso lo sviluppo di un design tanto complesso e spettacolare.

Dal punto di vista funzionale, il complesso da 29mila mq si affaccia su una nuova piazza, realizzata  in posizione frontale rispetto alla hall d’accesso. Al centro della struttura 4 grandi sale raggiungibili dal foyer, sviluppato circolarmente attorno al perimetro dell’auditorium principale. Nella parte posteriore del volume sono inseriti uffici amministrativi, sala prova e camerini. Le tre sale principali sono poste l’una accanto all’altra, con un ingresso al pubblico sul lato sud e un accesso alla porzione del backstage sul fronte nord. Inoltre il quarto piano dell’edificio ospita una sala polifunzionale dove poter allestire spettacoli più piccoli e ricevimenti.

 

Fonte: Archi Portale

Il Grande “surf” di Steven Hool

La “Cité de l’Océan et du surf” è un progetto di Steven Holl Architects e dell’artista e architetto brasiliano Fabiào Solange.

Appena completato e pronto per l’inaugurazione che si terrà il prossimo giugno, il museo si propone di sensibilizzare le persone sulle questioni oceaniche e sugli aspetti scientifici del surf e del mare. Il complesso, situato a Biarritz, in Francia, è il risultato di un concorso internazionale del 2005 per il quale il progetto di collaborazione tra Holl e Solange ha vinto il primo posto. L’idea fulcro iniziale del progetto ruota attorno al concetto spaziale di “sotto il cielo” e “sotto il mare”. Il design dell’edificio appare infatti creare un luogo centrale di ritrovo che è aperto e sensibile verso l’ambiente circostante. Come un’onda gigante che si innalza verso il mare, il museo è composto da strutture in vetro che si ancorano al cemento bianco che le circonda. Arditamente inserito nel sito, l’edificio usa la trasparenza, la propria forma identitaria e i materiali, per generare un profilo unico che sorge dal terreno per inquadrare il mare, il cielo e l’orizzonte.

All’interno, strutture convesse e sagome ricavate dal terreno formano i principali spazi espositivi. Collocati in gran parte sotto terra, gli ampi ma chiusi volumi sembrano proiettare la sensazione di essere immersi sott’acqua. Soffitti crescenti e curve forti definiscono il carattere complessivo dell’edificio e ne chiarificano il programma di ogni area, che va dai luoghi di aggregazione agli spazi per installazioni sperimentali.

 

Fonte: Architetti.Info

L’importanza del colore – Intervista al Prof.Massimo Caiazzo

Tutto ciò che ci circonda ha un colore; il colore è parte integrante della nostra vita e ne siamo influenzati psicologicamente e fisiologicamente anche nella quotidianità. Ma siamo sicuri di dare la giusta importanza al colore in fase di progettazione? Il colore è solo un elemento decorativo oppure deve essere considerato un elemento determinante del nostro progetto? Per avere risposte a queste domande e per comprendere l’influenza del colore in tutto ciò che ci sta intorno abbiamo voluto interpellare uno dei massimi esperti dell’argomento. Abbiamo posto alcune domande al Prof.Massimo Caiazzo, Designer, Colour Consultant e Vicepresidente per l’Italia del Comitato Internazionale dello IACC International Association of Color Consultants (www.iaccna.org), l’associazione che riunisce i progettisti del colore più antica del mondo. 

Lo studio della “nuova percezione del suono e del colore” è il filo conduttore del suo lavoro, improntato alla contaminazione tra diverse discipline.  Il suo eclettismo professionale e artistico, ha trovato spazio anche in campo industriale dove è consulente di importanti aziende. Nella sua attività di Color Consultant, ha sviluppato studi cromatici in diversi settori: nautico, automobilistico (Fiat 500, Lancia Y), nel trasporto pubblico (autobus a gas naturale, Verona), nell’arredo urbano (arredo per la città di Napoli), nell’architettura d’interni (casa-studio di Gianna Nannini, Milano; Banca Albertini Syz, Milano), nel design (Philips, Alessi, Swatch, Bisazza), nella moda (Etro, Guardiani), nell’exhibit design (Essere-Benessere Triennale di Milano; Normali Meraviglie, Genova), nell’ideazione di eventi e performance (Colour is Music, Milano; Synestesia, Milano) e in ambito artistico (è autore con Alessandro Mendini di “Biancaneve”, scultura ispirata ai sette colori dell’arcobaleno, collezione “Future Film Festival”). Suoi lavori sono esposti nelle collezioni del “Museum fur Kunst und Gewerbe”di Amburgo, del “Musèe Les Arts Dècoratifs” del Louvre di Parigi e del”Museum 4th Block of ecological art” di Kiev. La sua biografia completa è disponibile sul sito www.massimocaiazzo.com

 

Quale è il ruolo della IACC International Association of Color Consultants? Presente in 14 paesi, IACC è la più antica ed autorevole istituzione internazionale finalizzata alla diffusione della cultura progettuale del colore. L’Associazione prepara ed accredita progettisti e consulenti del colore che operano principalmente nell’ambito dell’architettura del design e in tutti i settori in cui il colore riveste un ruolo fondamentale. Da oltre cinquanta anni IACC organizza corsi di alta formazione e promuove il riconoscimento delle figure professionali del Colour Consultant e del Colour Designer. Nel 2009 nasce IACC Italia che, nel pieno rispetto del disciplinare internazionale, si impegna concretamente a formare, valorizzare e regolamentare, su tutto il territorio nazionale, le attività di ricercatori e progettisti del colore. Nel gennaio 2011 sono stati avviati anche in Italia il programma di formazione di IAC che prevede lo studio di diverse discipline correlate con il colore e tutte le sue sfaccettature: dal rapporto con la luce negli ambienti fino alle sue applicazioni nel marketing. Per conseguire il Diploma IACC è necessario frequentare il ciclo completo di quattro i seminari e presentare una tesi di laurea finale con conseguente valutazione di idoneità da parte di una commissione speciale composta da esperti di varie nazioni. Naturalmente, però, chi desidera semplicemente ampliare il proprio bagaglio culturale senza la necessità di conseguire il Diploma IACC può iscriversi comunque ad uno o più seminari. Il primo dei quattro seminari italiani si è appena concluso presso la NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano. Attualmente stiamo organizzando il Seminario n2 (dal 19 al 23 giugno 2011) sempre alla NABA. Il seminario prevede la partecipazione di un massimo di 25 persone, per un totale di 40 ore di lezione con traduzione simultanea dall’inglese, organizzate secondo il modello IACC, già adottato in molte università statunitensi come Berkeley e UCLA oltre che in altri prestigiosi istituti di tutto il mondo. Coloro che non hanno potuto frequentare il Seminario n1 possono comunque iscriversi al Seminario n2, frequentando, il 18 giugno 2011, l’introduzione del Seminario1 che potranno completare nel gennaio 2012.

Come è nata in Lei questa particolare attrazione per i colori? Potrei dire che sin da quando ero bambino il colore ha sempre esercitato su di me una irresistibile attrazione appagando sia la mia curiosità, che il desiderio di esprimermi senza usare le parole. Nell’esperienza del colore, infatti, tutte le informazioni confluiscono in una percezione unitaria dove conoscenza e istinto si fondono. L’argomento colore, si presta molto all’approccio eclettico in quanto può essere analizzato da infiniti punti di vista e in ogni campo del sapere, sia in chiave scientifica che umanistica: dalla filosofia alle scienze naturali, dalla biologia alla medicina, dall’antropologia alla psicologia, dalla fisica alla teoria del colore, dal design all’ergonomia visiva, dall’architettura all’arte. Il colore con la sua impareggiabile capacità di raccontare ogni aspetto della vita è un prezioso strumento per rappresentare la condizione umana.

Lei ha esperienza di Colour Consulting in parecchi settori. In quale secondo Lei viene richiesta una maggiore attenzione nello studio del colore e per quale motivo? Il colore è sempre contestuale, e soprattutto nell’ambito delle arti applicate, assume valenze e significati sempre diversi. I colori con i loro attributi e le infinite possibilità di combinazione possono essere considerati una vera e propria “cartina di tornasole” dello spirito dei tempi che il progettista deve saper individuare, comprendere e tradurre in base alle specifiche competenze del proprio ambito disciplinare. Proprio per questo non è possiblie intercambiare i sistemi cromatici delle discipline attinenti la moda con quelli dell’architettura. Nella moda ad esempio, l’elemento colore deve interagire con le complesse dinamiche che determinano le tendenze del colore. Direi che tra i vari ambiti, quello che richiede particolare attenzione è l’architettura invece la progettazione del colore è strettamente legata alle funzioni e alle dimensioni degli spazi. Ovviamente anche il tempo di permanenza in ciascun ambiente, la sua temperatura e il suo grado di rumorosità incidono sull’ efficacia del contesto cromatico. Solo una formazione specifica e interdisciplinare offre gli strumenti necessari a soddisfare, nei vari ambiti della progettazione, le esigenze funzionali ed estetiche che consentono di ottenere una piena integrazione tra uomo e ambiente costruito. Per formulare un progetto efficace sono necessarie conoscenze umanistiche e scientifiche in grado di guidare il designer nella scelta delle tecniche e dei materiali più idonei alla sua realizzazione.

Nel 2008, per la prima volta in Europa, ha ideato e progettato l’intervento di riqualificazione cromatica di un istituto di pena, con il progetto no-profit “Colore al carcere di Bollate”. Che ruolo ha il colore in un istituto di questo tipo? Che cosa ricorda con entusiasmo di questa esperienza? Il progetto nasce con l’obbiettivo di ideare soluzioni che, utilizzando le potenzialità del colore, contribuiscano a migliorare la qualità della vita anche in quei luoghi che sono stati esclusi a priori da qualsiasi forma di estetica. All’esterno della casa circondariale la problematica da risolvere era l’eccessiva ortogonalità delle facciate: una struttura massiccia rivestita di cemento che richiama l’idea di una fortificazione ed evoca inevitabilmente il concetto di gabbia, di carcere come luogo di pena e non di riabilitazione.L’effetto policromo della facciata ha attenuato la durezza dell’intera struttura. Il risultato è stato un miglioramento della qualità della vita degli agenti della polizia penitenziaria degli operatori e dei reclusi. I nuovi colori hanno portato benefici concreti soprattutto ai tanti bambini e a tutti coloro che recandosi a far visita ai detenuti, subiscono ingiustamente il carcere come luogo di deprivazione sensoriale. All’interno l’intervento di riqualificazione cromatica è basato sull’effetto dei colori sulla percezione del tempo. L’illuminazione ottenuta con speciali fluorescenze diffonde una luce molto simile a quella solare che rende il contesto più “naturale” e quindi vivibile. Il risultato è stato un miglioramento della qualità della vita degli agenti della polizia penitenziaria degli operatori e dei reclusi. I nuovi colori hanno portato benefici concreti soprattutto ai tanti bambini e a tutti coloro che recandosi a far visita ai detenuti, subiscono ingiustamente il carcere come luogo di deprivazione sensoriale. Questo progetto mi ha dato un’enorme soddisfazione per l’alto valore sociale poiché è stato realizzato grazie a un modello di cooperazione tra tutti i vari soggetti coinvolti. Il lavoro, pianificato con la direttrice del carcere è stato eseguito da una “squadra” composta da cinque detenuti volontari, coordinata da un assistente della polizia penitenziaria.

L’esempio di cui abbiamo appena parlato dimostra che in un progetto di riqualificazione anche il colore ha un suo ruolo importante. Ci stiamo abituando però a vivere in città sempre più “incolori”. Esistono Amministrazioni Comunali che stanno prendendo in seria considerazione anche il capitolo della riqualificazione cromatica? Come ho sempre sostenuto, in Italia non esiste una diffusa cultura progettuale del colore, c’è infatti ancora molto su cui dobbiamo lavorare. Io stesso faccio fatica a comunicare adeguatamente la mia professionalità, perché nel nostro paese si è consolidato il retaggio del colore come semplice elemento decorativo, che entra a completamento di un’opera solo alla fine. Mentre dovrebbe essere considerato fin dagli studi preliminari di una realizzazione, un elemento determinante. Inoltre, le difficoltà maggiori sono dettate dal fatto che anche le istituzioni e le amministrazioni in genere, non hanno preso coscienza pienamente di questo problema. Le nostre città sono inquinate visivamente e si scorgono all’orizzonte solo timidi cenni di cambiamento. Purtroppo anche l’inestimabile patrimonio cromatico del nostro paese, anche quando viene adeguatamente valorizzato, come avviene in molti centri storici, risulta continuamente svilito dagli assurdi cromatismi che dominano le periferie e i cosiddetti “non luoghi”, in cui regna la totale assenza di regole.

Probabilmente non tutti ce ne accorgiamo, ma studi dimostrano che i colori influenzano la nostra vita di tutti i giorni. Pensando ad una abitazione, come possono incidere i colori delle stanze sul nostro umore? Studi recenti hanno confermato che la nostra reazione al colore è totale: ne siamo influenzati sia psicologicamente che fisiologicamente. Il colore non è solo un elemento di “decorativo” (concezione quest’ultima che purtroppo si è andata invece affermando nel corso della storia cromatica più recente di questo paese) ma è in grado di dare forma alle cose e agli ambienti in cui ci troviamo. Possiamo dire che i colori contribuiscono non solo a creare l’atmosfera più adatta ma, influenzano la nostra percezione degli odori, dei sapori. La percezione del colore investe i nostri cinque sensi coordinati da un sesto senso: quello psicologico. Il colore è strettamente legato alle funzioni e alle dimensioni degli spazi: la stessa combinazione produce effetti diversi se usata in soggiorno, in cucina, nel corridoio, in camera da letto o in bagno. Ovviamente anche il tempo di permanenza in ciascun ambiente, la sua temperatura e il suo grado di rumorosità incidono sull’ efficacia del contesto cromatico. Un clima cromatico favorevole rende armonici gli ambienti, agevola la percezione dello spazio migliorando anche il nostro senso dell’orientamento e di conseguenza facilita le tutte le azioni che quotidianamente svolgiamo al suo interno. Il Clima Cromatico è l’insieme dei rapporti che si stabiliscono tra gli attributi del colore, la luce e tutto gli elementi necessari ad ottenere un rapporto bilanciato tra contenuto e forma. La luminosità degli ambienti è fondamentale per un utilizzo armonioso del colore: una favorevole esposizione alla luce naturale garantisce un clima cromatico ideale ed è fondamentale nella percezione del volume di un ambiente: luci diffuse lo ampliano, mentre luci fioche lo riducono. La rifrazione della luce è direttamente proporzionale al grado di opacità o Lucidità delle superfici: la scelta dei materiali e della loro finitura (piastrelle, parquet, resina cotto, mosaico, tempera, laccatura, carta da parati, tappezzeria in soffa etc.) è determinante per ottenere un buon risultato.

Per quale motivo, ad esempio, una stanza da letto dovrebbe essere di un colore piuttosto che un altro? Direi che dipende principalmente dalla natura delle attività che vi si svolgono… Ad esempio, un contesto in cui domina il blu dilata la percezione del tempo il blu ci aiuta a rilassarci e a riposare. All’opposto il rosso influisce sulla nostra percezione del tempo che risulta accelerata. Infatti, per mettere a fuoco il rosso, il nostro cristallino è costretto a modificarsi per cogliere la lunghezza d’onda di questo colore, provocando una leggera accelerazione del battito cardiaco e del ritmo della respirazione.

Riuscirebbe ad immaginarselo un mondo in bianco e nero? Direi di no ma sicuramente sarebbe un mondo privo di informazioni fondamentali per la nostra sopravvivenza comunque, siccome l’uomo ha una incredibile capacità di adattamento, facilmente potremmo resistere anche in una realtà acromatica. Del resto il crescente interesse per l’argomento colore è la diretta conseguenza della sistematica “negazione del colore” che ha dominato la nostra recente cultura. Infatti negli ultimi anni, anche a livello urbanistico ed edilizio, ha prevalso la legge del livellamento collettivo e il colore è stato ridotto a elemento accessorio, completamente svuotato del suo valore sociale. Non è un caso che fenomeni come il “vandalismo” siano in continuo aumento proprio nei contesti urbani in cui dominano grigiore e spersonalizzazione. Altrettanto preoccupanti sono le conseguenze della diffusa “voglia di colore” come mero fattore estetico che, non essendo supportata da un’adeguata “cultura del colore”, si limita ad un approccio superficiale, impoverendo ulteriormente il nostro patrimonio cromatico.

Qual è il progetto a cui ha partecipato che Le ha dato maggiori soddisfazioni? La cultura progettuale del colore rappresenta una risorsa preziosa poichè consente di recuperare e valorizzare il territorio con interventi poco onerosi e di rapida attuazione apportando benefici concreti alla qualità della vita. Certamente progetti come il carcere di Bollate e la chiesa alla quale sto attualmente lavorando sono esperienze straordinarie ma, c’è un progetto che mi ha molto appassionato. Il Comune e l’azienda dei trasporti di Verona, nel 2004 mi commissionarono la tavolozza colori degli autobus a gas naturale, con l’obbiettivo di contrastare il fenomeno del vandalismo esprimendo in termini estetici il desiderio di offrire all’utenza del trasporto pubblico un servizio di qualità. Infatti da una indagine condotta tra gli utenti era emerso chiaramente che l’autobus veniva percepito come il mezzo di trasporto del quale usufruivano coloro che non potevano permettersi i costi del trasporto privato e si constatava un’assenza di estetica che diventava costrizione quando non c’era la possibilità di muoversi in taxi o con la propria auto. Se è vero che il vandalismo è un fenomeno del nostro tempo, in quel caso si assisteva ad una vera e propria crescita esponenziale. Ne è seguita un’operazione di riqualificazione cromatica che ha riportato i colori della città di Verona all’interno del mezzo. Il giallo e l’azzurro hanno così trasmesso un senso di appartenenza alle persone che non lo hanno più visto come un mezzo grigio o arancione, privo di qualsiasi contestualizzazione. All’esterno per la prima volta nel trasporto pubblico italiano ed europeo è stata applicata una vernice che cambia colore a seconda dell’ inclinazione della luce da cui è colpita (arancio, blu, viola). Da quando sono entrati in servizio l’Amt di Verona ha constatato una drastica riduzione degli atti vandalici a bordo dei veicoli. Dai 6 veicoli iniziali, siamo arrivati ai più di 80 attuali.

Quali sono i progetti che la stanno impegnando in questo periodo? Il progetto dei colori per uno studio medico e una chiesa…

Curiosità finale; quale è il suo colore preferito? Devo dire che non amo le monocromie, ciascun colore va considerato in base alla sua capacità d’interazione con gli altri cromatismi. La stessa tonalità può risultare giusta o sbagliata a seconda del contesto in cui viene usata. Ultimamente lo sviluppo tecnologico ha profondamente influenzato la nostra cultura, sollecitando nuovi approcci al colore. Trovo davvero affascinanti le vernici tattili e i pigmenti cangianti a interferenza che emetteno riflessi di tinte diverse cambiando in base all’inclinazione e alla potenza della luce da cui sono colpiti.

Io amo il blu…forse è per questo che ho deciso di lasciare una grigia città lombarda per spostarmi a vivere in una città di mare. Condivido, innanzitutto perchè il blu è molto diffuso in natura in quanto colore del cielo e del mare e di conseguenza a livello percettivo risulta ottimale. La gamma dei blu infatti si imprime direttamente sulla retina (la membrana su cui si visualizzano i colori), senza sforzo, poiché il nostro apparato percettivo,nel corso dell’evoluzione della specie umana, si è adattato alla forte presenza in natura di questi colori. Proprio da questa peculiarità fisiologica deriva la vocazione psicologica del blu ad essere un colore rilassante, universalmente accettato, che anche nel marketing raggiunge un indice di gradimento da parte dei consumatori ben più alto di altri colori.

…nei prossimi progetti ricordiamoci del COLORE!

Intervista a cura di Roberto Conti

MASSIMO CAIAZZO 2010, tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione senza autorizzazione da parte dell’autore. http://www.massimocaiazzo.com/