Archivio della categoria ‘Design’

Il design secondo Skitsch

Un tavolo da pranzo ping pong dove ha banchettato e giocato – non sappiamo in quale ordine – persino George Clooney, un biliardino, una bicicletta con la catena di sicurezza nel tubo verticale. E ancora: una lampada sagomata come una barchetta di carta, maniglie di madreperla, ottone e ceramica che richiamano le quattro stagioni, l’armadio con ante trompe l’oeil con finti scaffali zeppi di volumi, il pouff a forma di zucca, la libreria che sembra una casetta Lego e il tavolo per bambini in cartone doppia onda. Benvenuti nell’universo variopinto e innovativo di Skitsch, una collezione di oggetti di design che copre dall’arredamento agli accessori, dalle candele ai giochi, per il quale lavorano designer come Jean Marie Massaud, Luca Nichetto e Marc Sadler.
Il marchio è stato lanciato in occasione del Salone del Mobile del 2009 con l’apertura di uno spazio di 600 metri quadrati in via Monte di Pietà a Milano. Dopo il capoluogo lombardo la tappa successiva è stata Londra a marzo scorso, con l’apertura di un negozio in Bromton Road a Chelsea, e qualche giorno fa Beirut, con l’inaugurazione di uno spazio all’interno del department store di lusso, Aishti. A febbraio Skitsch aprirà a Firenze e in marzo a San Paolo del Brasile. Sono sedi solo apparentemente insolite ma per noi molto importanti – spiega Renato Preti, che ha ideato il progetto e ne è amministratore delegato oltre che azionista insieme a un gruppo di imprenditori come Alberto Bombassei e il figlio Luca (architetto dello Studio Blast che firma i negozi), Adriano Teso, Isidoro Fratus e Giuseppe Cornetto Bourlot –. Beirut è importantissima per il Middle East così come San Paolo è una città che ci consente di coprire bene il Sud America e il Centro America. Tra l’altro lo stile paulista è molto in linea con la nostra idea del design, ludica e giocosa ma al tempo stesso funzionale ed ecologica.
Il tema della sostenibilità è molto caro a Preti e a Skitsh. Tra i progetti a cui stiamo lavorando – prosegue – cè un fungo da esterno che sia meno inquinante di quelli attuali. Così come siamo molto orgogliosi del prototipo della nostra bicicletta che a breve sarà messa in vendita nei nostri negozi e sul sito.
Skitsch, infatti, non punta solo sul negozio per far conoscere i suoi prodotti e la sua filosofia ma anche sul web. È stato appena lanciato il sito dal quale è possibile acquistare direttamente i prodotti. Il mondo del design, del mobile è non solo molto frazionato ma anche molto addormentato – sostiene Preti –. I negozi di mobili negli ultimi 25 anni sono cambiati pochissimo. Bisogna ripensare la distribuzione con la consapevolezza che un bel negozio da solo non basta, come non basta un bel catalogo, un bel prodotto o un bel sito. Il nostro modello distributivo è sia diretto sia multicanale, focalizzato su negozi monomarca, catalogo di vendita ed e-commerce.
Skitsch, che conta 25 dipendenti, quest’anno fatturerà circa 4 milioni di euro e conta di raggiungere il break even l’anno prossimo con 10 milioni di euro. La collezione ha in catalogo oggi poco più di un centinaio di progetti con la supervisione artistica di Cristina Morozzi.
E questo Natale Skitsch si mobilita anche per fare del bene sostenendo Dynamo Camp, il primo camp estivo completamente gratuito per bambini affetti da patologie gravi o croniche che si trova sull’appennino toscano. Il 10% delle vendite in negozio e online dal 25 novembre al 25 dicembre di Skitsch sarà devoluto a Dynamo.

Fonte: Luxury24

Mondo Juve: il progetto di Design International

Partiranno nel 2011 i lavori di costruzioni per lo shopping center MONDOJUVE, destinato a sorgere tra i comuni di Nichelino e Vinovo, sul sito confinante allo Juventus Training Center.
Lo scorso 1 dicembre è stato presentato ufficialmente il progetto sviluppato dallo studio Design International su commissione di Campi di Vinovo S.p.A., del Gruppo Finanziaria Gilardi S.p.A., che ha acquisito l’area dalla Juventus F.C. insieme al nome e al marchio stesso.
Il centro commerciale occuperà una superficie totale di 82.000 mq, su una superficie territoriale di circa 340.000 mq e conterà su uno staff commerciale di 1.500 persone. Sono previsti circa 4.000 parcheggi, la sistemazione a verde di 80.000 mq, dei quali 30.000 mq a bosco lungo la Debouchè con alberi d’alto fusto.
Dal punto di vista formale il progetto di Design International riprende le caratteristiche-chiave dell’architettura nordeuropea contemporanea: essenzialità e chiarezza compositiva, ricerca di interazione continua tra interni e paesaggio ed ampio impiego di materiali naturali.
Tra le soluzioni sostenibili che verranno inserite nel complesso sono previsti: sistemi di recupero energia, di produzione di energia pulita e di controllo energia consumata. La presenza di  pavimentazione drenante permetterà la raccolta delle acque piovane dai parcheggi, accumulata, insieme alle acque di prima pioggia, in apposite vasche e sfruttata per l’irrigazione e il sistema antincendio.
Il costo complessivo dell’intervento si aggira sui 220 milioni di euro, di cui circa 40 milioni destinati ad opere pubbliche per le modifiche necessarie alla viabilità dei comuni di Vinovo e Nichelino. Infatti, parallelamente alla costruzione del Parco Commerciale MONDOJUVE, a cura di CGG ‐Costruzioni Generali Gilardi S.p.A., saranno realizzate opere di viabilità connessa, disciplinate dall’Accordo di Programma sottoscritto nell’anno 2008 tra Regione Piemonte ‐comune di Nichelino – comune di Vinovo ‐Campi di Vinoso S.p.A.
Lo schema di progetto della nuova viabilità presenta una serie di articolazioni dovute a nuove infrastrutture stradali che si connettono a strade esistenti e a interventi di adeguamento e potenziamento di infrastrutture già presenti.
Oltre ad accogliere il traffico generato dal nuovo insediamento commerciale, il nuovo assetto viario contribuirà a risolvere alcune criticità già oggi presenti. In particolare gli Assi denominati Debouchè ‐Complanare – Rottalunga, si inscrivono in uno scenario volto ad eliminare il traffico veicolare di transito nel parco di Stupinigi. Contemporaneamente verrà realizzato anche un collegamento ciclopedonale con il parco di Stupinigi e i comuni di Vinovo e Nichelino.

Fonte: Archiportale

Materiae Design: tecnica antica, design moderno

Porte, armadi, pensili e pannelli decorativi:  i prodotti realizzati dalla Materiae Design rendono unici gli arredi. La tecnica dell’intarsio, resa in serie, si riscopre contemporanea. Materiae Design è una giovane azienda nata nel 2008 dalla passione di Michele Cammarelle. Lui, 32enne, è un designer laureato alla SUN (seconda università degli studi di Napoli) che ha deciso di intraprendere un percorso originale e interdisciplinare. Nel suo background culturale l’amore per il design, per l‘artigianato e soprattutto per il teatro. Michele ha infatti lavorato anche come scenografo e direttore tecnico di eventi culturali. Da queste passioni, soprattutto dall’ultima, è nata la sua azienda. Materiae Design realizza pannelli decorati con la tecnica dell’intarsio. Una tecnica artigianale resa però contemporanea ed adatta alle produzioni in serie. I pannelli prodotti possono essere utilizzati nel settore dell’arredamento per svariati usi, nella produzione di porte, per decorare pezzi di arredamento, ante, pensili, armadi, cabine armadio o semplicemente come pannelli decorativi per uso domestico e commerciale (qua si sente tutta l’anima teatrale di Michele). La tecnologia usata la produzione è la CNC, una tecnica che garantisce un disegno sempre rispondente al progetto su produzioni in serie. I pannelli sono realizzati su una base in multistrato di vari spessori, accoppiato a tranciati di legno sagomati da 6/10. Questa particolare tecnica di produzione permette di variare le decorazioni in brevissimo tempo,  soddisfacendo anche richieste di singoli pezzi, soprattutto da parte di architetti e designer. Una tecnica che riesce a trasformare una qualsiasi immagine, foto o semplici simboli grafici, in esclusivi elementi di arredo. Trovo l’idea di Michele molto interessante ed i prodotti finali estremamente affascinanti. Dal vivo devono essere spettacolari. Per informazioni: info@materiae.it

Fonte: Architettura&Design

Mobi boom: l’esplosione del design in Francia, 1945-1975

I mobili in stile? Oramai facevano troppo vecchio. Già subito dopo la guerra, i nuovi e giovani borghesi francesi, fin dall’avvio delle «trente glorieuses», il trentennio successivo di crescita economica ininterrotta nel loro paese, come in gran parte dell’Occidente, cominciarono a disdegnare le imitazioni più o meno potabili dei mobili Napoleone III o Luigi XVI. Quella svolta e gli anni che vennero di florilegio, produttivo e creativo, del settore sono raccontati nella mostra «Mobi boom, l’esplosione del design in Francia, 1945-1975», al museo di arti decorative a Parigi. Sta avendo un incredibile successo.
Non è una sorpresa, perché già da qualche anno si stanno riscoprendo quelle sedie, poltrone, divani, scaffali dal sapore modernista, a tratti futuristico. Ritornano alla ribalta, pure nei negozi di antiquariato della capitale e nelle aste (fra qualche giorno Tajan ne dedica una agli oggetti di quel periodo). Sono designers, un tempo famosi, poi in fretta dimenticati, da quando, gli anni Settanta, l’industria del mobile nazionale entro’ in crisi. Agli editori francesi del settore, allora, si sostituirono gli italiani e gli svedesi.
1945-1975 è un lungo periodo: composito, difficile da sintetizzare. Diciamo che con la ricostruzione e la necessità di fabbricare molto, a prezzi più contenuti e per appartamenti sempre più piccoli, prevalsero l’aspetto funzionale e il razionalismo. Invece, tra gli anni 60 e 70, quelle esigenze cessarono di essere prioritarie. L’atmosfera divento’ più ludica, divertente, conviviale, osserva Dominique Forest, curatrice dell’esposizione. Insomma, si passo’ dagli interni (semplici, lineari, con tanto legno dalle tonalità chiare), concepiti prima da René Gabriel e poi da Marcel Gascoin per i nuovi palazzi di Le Havre, distrutta durante la guerra e completamente riedificata sulla base di un progetto dell’architetto Auguste Perret, ai divani Lounge e Dromadaire, vasti e modulabili, un po’ hippy, di Hans Hopfer per Roche Bobois: miti della borghesia urbana francese all’inizio degli anni Settanta. O alla chaise longue, dalle linee morbide e flessuose, Djinn, di Olivier Mourgue, del 1964. Che Stanley Kubrick utilizzerà nel film «2001, Odissea nello spazio». Siamo migrati dalla praticità iperfunzionale all’utopia, verso un edonismo quasi ingenuo. L’evoluzione avvenne in maniera progressiva, in parallelo all’apertura a nuovi materiali, come la plastica o le fibre di vetro. Tanti di questi oggetti sono finiti nelle cantine di numerose famiglie francesi, se non sono stati letteralmente buttati via. Da qualche anno, pero’, si è aperta la caccia al mobile delle «trente glorieuses». Il 23 novembre la galleria parigina Tajan ha dedicato un’asta a questo tipo di design. Se si scorre il catalogo, è chiaro come i prezzi di alcuni oggetti abbiano iniziato a decollare, in particolari quelli delle lampade (splendida un’applique , con bracci mobili, di Pierre Guariche, valore stimato 4-6mila euro). Per il design francese del periodo 1945-1975, alcune attenzioni si impongono. Certi prodotti sono unici o comunque rari (la chaise longue Djinn di Mourgue, ad esempio, almeno nel suo jersey originale, si vende sopra gli 80mila euro). In altri casi, invece, il valore crolla, perché si tratta di produzioni in serie.
Un altro problema da considerare – sottolinea Jean-Jacques Wattel, l’esperto di Tajan, che si occupa dell’asta – è che questi oggetti, pur interessanti per il disegno, sono stati spesso costruiti con materiali nuovi e più economici, non proprio pregiati, quali il compensato o la schiuma che riempie poltrone e divani. Resistono male al trascorrere del tempo. Infine, non è facile districarsi nella molteplicità dei nomi dei creatori. Alcuni sono ormai ridiventati delle vedette da tempo, soprattutto certi modernisti, più famosi negli anni 50, come Charlotte Perriand e Jean Prouvé. Tra i «giovani lupi», come vengono chiamati quelli che si imposero più tardi, Pierre Paulin, chiamato da Georges Pompidou e consorte a decorare l’Eliseo al principio degli anni 70, è ritornato alla ribalta negli ultimi anni. Ora si sta guardando con interesse a «nuovi» nomi – conclude Wattel – come Pierre Guariche, René Motte e Serge Mouille. Per chi non li conosce, è da consigliare (entro il 2 gennaio prossimo) un giro al museo delle arti decorative.

Fonte: Luxury24

Il marchio Infinity presenta il concorso “Still life. Is your life still or…?”

Semaforo verde per il concorso Infiniti designStill life. Is your life still or…?” Rivolto a giovani creativi nati dopo il primo gennaio 1970 il concorso si propone di raccogliere idee originali e innovative relative a complementi d’arredo dedicati all’ambiente casa – non ufficio quindi – che assolvano la funzione di “classico del design per il domani”. Si richiede ai designer di dare vita, utilizzando qualsiasi materiale, a complementi che siano innovativi al giorno d’oggi ma che possano un domani rappresentare delle autentiche icone del design. Lo stesso, in sostanza, che è accaduto per diversi modelli di sedute create negli anni ’70 eppure ancora oggi assolutamente attuali e oggetto di continue riedizioni. Le categoria in questione sono 3:
– sedute
– sgabelli
– tavoli
Il concorso si concluderà con la presentazione ufficiale dei progetti scelti, che si terrà durante la settimana del Salone del Mobile di Milano, al Fuori Salone, dove saranno invitati i giornalisti delle principali riviste di design. Una Giuria qualificata selezionerà i migliori progetti inviati e decreterà per ogni singola categoria un progetto vincitore. Gli oggetti creati dai designer vincitori entreranno a far parte del catalogo Infiniti Design e i diritti di vendita saranno concordati con l’azienda con un regolare contratto da professionista.

Fonte: Archiportale

Biennale di Design di Saint-Etienne:

Smaterializzarsi per riprendere corpo altrove, muoversi, in sostanza, grazie al teletrasporto. Da qui, da uno dei pochi miti fantascientifici che ancora resiste, prende le mosse la settima Biennale di Design di Saint’Etienne: una serie di mostre messe a punto con cura per raccontare un ipotetico futuro ormai calato tra gli oggetti del nostro quotidiano, in fretta e senza far troppo rumore. “Domani, è oggi” lo dice chiaramente il titolo di una delle esposizioni che raccoglie stampanti 3D per alimenti, cartine di tornasole per analizzare in un secondo tutte le proprietà del cibo, abat-jour alimentate dall’energia del corpo. E se oggetti come questi – idee ma anche prototipi vicini alla realizzazione – suonano ancora strani (ma non impossibili!), in alcuni casi la Biennale richiama il visitatore alle cose che lo circondano, quelle che usa abitualmente e che condizionano il suo stile di vita, creando interessanti prospettive sulla routine contemporanea. Esemplare in questo senso la mostra curata per l’occasione dal designer tedesco Konstantin Grcic: tra gli oggetti esposti ci sono un dispositivo cercapersone per chi ha difficoltà di movimento, una carta di credito, Amazon, Google, il Wire-less… Tutte queste cose parlano di comfort contemporaneo e sono esposte accanto a piccole storie che raccontano i loro utilizzatori: persone con un irrefrenabile bisogno di sentirsi ubique, sempre connesse, veloci e costantemente operative su più fronti. Noi. E se il designer di Monaco sta sulle cose del nostro quotidiano, senza esprimere giudizi particolari a riguardo e dichiarandosi piuttosto narratore di una realtà che ha anche aspetti affascinanti, nella mostra Between reality and the impossible, Dunne & Raby, (esponenti di quello che è stato chiamato Critical Design), partono dal mondo degli oggetti prodotti per arrivare a progetti surreali: il loro Augmented Digestive System – che prevede un sistema digerente potenziato con una parte accessoria da portare attorno al collo – ad oggi è solo un disegno, ma non per questo risulta meno inquietante…In sostanza, nel discorso omogeneo (ma mai noioso) di questa Biennale, l’ipotesi di tornare indietro non è prevista. Senza nessun atteggiamento moralistico, designer e curatori sembrano proiettati verso un futuro non troppo lontano, a tratti inevitabile, a tratti eccitante. L’unico freno in questa corsa, è la preoccupazione per l’ambiente, la mostra “La Ville Mobile” a cura di Constance Rubini, lo illustra chiaramente prospettando scenari urbani in cui l’accelerazione e la semplificazione del movimento non può prescindere dal problema degli inquinamenti, da quello dell’aria a quello acustico. E se il tema ecologico è l’unico messo in luce in modo allarmante, il visitatore ha la possibilità di assumere una posizione rispetto allo stile di vita frenetico descritto dagli oggetti in mostra. A volte una fotografia oggettiva ed efficace, sortisce più effetti di un’articolata predica, questo al di là di ogni intento curatoriale.

www.biennale2010.citedudesign.com

L’arte di Gaetano Pesce per risollevare l’economia del design italiano

Posso mandare un messaggio al Presidente Napolitano? Dovrebbe cambiare la scenografia del discorso alla Nazione: design contemporaneo italiano al posto della solita libreria stile impero. Aiuterebbe l’industria.
Gaetano Pesce ha verve da vendere e sempre un’ idea nuova in testa. Mentre parla di come risollevare l’economia del design italiano – il migliore, sempre all’avanguardia – è a Milano per presentare Melissa+Gaetano Pesce uno stivaletto di plastica che ha realizzato per il marchio brasiliano, nato nel 1979 e fiore all’occhiello del gruppo Grendene.
L’archietto spezzino, da oltre vent’anni trapiantato nella Grande Mela, è uno dei designer italiani più amati. Nella sua carriera, cominciata sui banchi dello IUAV di Venezia dove si è laureato, Pesce ha sperimentato nuove linee e nuovi materiali, diventando un esponente del “Radical Design” negli anni Settanta. Oggi, a 71 anni, non ha smesso di guardare avanti e si è buttato a capofitto anche nella moda. L’incontro con Melissa – brand hi-tech e di successo, pronto a sbarcare negli Usa e in Europa con i suoi flagship store, a partire da New York – ha dato vita ad un modello fatto di dischetti di plastica. Il valore aggiunto della scarpa è quello di essere personalizzabile: la si può trasformare in una ballerina o in un sabot tagliando parte dei dischi. Melissa non è nuovo a collaborazioni di prestigio: ha lavorato con Jean-Paul Gaultier per ben due volte, con Thierry Mugler e Vivienne Westwood. Fino a gennaio 2011 la capsule è in vendita in esclusiva per l’Italia nel concept store milanese 10Corso Como, poi sarà acquistabile in tutti i retailer del marchio. Prendere un paio di forbici e modificare l’ opera di un grande artista: per realizzare completamente il concept di questa scarpa bisogna avere un bel coraggio…
È proprio questo il bello: partecipare al processo creativo significa appropriarsi dell’opera stessa. E per un prodotto di design credo che questo sia molto importante. Ho voluto ribadire un concetto: siamo tutti artisti, basta provarci. In Brasile il prodotto ha avuto un grande successo. È il punto di partenza per una collaborazione più ampia? Credo di sì. Per Melissa avevo pensato a una collezione molto varia: scarpe, sandali, borse, cinture. Questo modello ha fatto da apripista. Il ruolo della plastica sta cambiando: verrà bandita o quasi dall’uso quotidiano per motivi ambientali, ma è un materiale sempre più amato da moda e design. Cosa ne pensa? La plastica è un ottimo materiale da lavorare: versatile, funzionale. E comunque, secondo me, pensare di eliminarlo dalla vita quotidiana è sbagliato: il progresso avrà i suoi risvolti negativi, ma è necessario. Immagini se qualcuno si fosse messo a soppesare i rischi che derivano dall’ uso dell’elettricità e avesse deciso di eliminarla. L’essenza del design è sempre e comunque la pura sperimentazione? Oggi il design è un’espressione culturale adulta, è strettamente legato alla macchina economica. Il suo ruolo è quello di commentare la realtà. Io ho cercato di fargli assumere questo ruolo già in passato: alla fine degli anni Sessanta la mia Up Chair voleva simboleggiare la donna imprigionata in una rete di pregiudizi. Era un punto di vista sulla società. Se potesse dare un consiglio agli emergenti cosa direbbe loro? Rispondete alle vostre continue curiosità, cercando di non ripetervi. Cosa che ho sempre fatto anche io. Abita da anni a New York, ma per i 150 anni della Repubblica Italiana ha disegnato una collezione di tavoli con Cassina. Il legame con il nostro Paese è ancora forte? Vengo spesso in Italia. Vorrei però che l’immagine del Paese all’estero fosse diversa. All’ultima parata del Columbus day hanno sfilato quattro bersaglieri e dei bambini che sventolavano le bandierine tricolori. Avrebbero dovuto sfilare le Ferrari, le Tod’s, i mobili Made in Italy. Che progetti ha in cantiere? Un centro civico a Tel Aviv. E poi ho appena finito di realizzare una piscina coperta a San Pietroburgo. Poi ci sarà il salone: ho in mente una linea ispirata al circo e una a Thomas Jefferson. Ha scritto la dichiarazione d’Indipendenza: credo che sia uno stimolo interessante per il mercato americano.

Fonte: Luxury24

Pop, minimal o riciclata: la bicicletta solidale dei designer

Ci riuscirono gli inglesi, già qualche anno fa, a sdoganare la bicicletta nell’immaginario chic al punto da renderla bandiera dell’eco-sostenibile di classe. Niente sudore a nudo da Critical Mass o abiti stropicciati da studente trafelato, ma il caschetto politicamente corretto ed ecologicamente sostenibile del biondissimo sindaco di Londra Boris Johnson (che lo salvò più volte dal lancio inconsulto di oggetti dai finestrini dei Suv nel traffico). Allora i giornali britannici narravano indignati il ratto delle due ruote del futuro premier conservatore, David Cameron, e Vivienne Westwood arrivava pedalando al suo atelier milanese.
Adesso in Francia ci si sono messi anche 12 creativi di tutto il mondo a ricordare quanto è cool andare in bicicletta, soprattutto in edizione limitatissima. Il progetto charity si chiama Be Cycle and Fashion e fra i suoi organizzatori ha un portale multimediale internazionale dedicato alla solidarietà, La Chaine du Coeur. I proventi delle vendite saranno destinati ad Act Responsible, un’associazione che promuove campagne pubblicitarie di utilità sociale o ambientale.
Risultati molto diversi fra loro ma stessa base di partenza per tutti e 12: una “fixed gear” della Peugeot – per dirla con i tecnicismi un modello celebre di bici “a scatto fisso”, quelle nate per la pista da corsa e adattate alle strade di città. La più bella in assoluto (almeno se siete femmine, da piccole vi lasciavate vestire da confetto e tuttora possedete una Graziella con cestino) è quella disegnata dalla madrina del progetto, la spagnola Agatha Ruiz De La Prada, che sotto la canna ha appiccicato uno dei suoi cuori fuxia e l’ha abbinato con pedali arancioni. Chi invece la vorrebbe griffatissima, con buona pace del minimalismo, le preferirà probabilmente la bicicletta secondo Kenzo, con due fiori colorati al posto dei raggi. Per chi ha le gambe lunghe (molto lunghe) c’è la bici geometricamente modificata da Marithé+François Girbaud (i due francesi, moglie e marito, che fra il resto si sono inventati un modo di stingere i loro vendutissimi jeans evitando di sprecare acqua), e per le maniache della raccolta differenziata il trentenne Ylan Anoufa ha usato tappi di alluminio avanzati (più di 500). Se poi per voi la vita è una lotta e vi siete francamente stancate di scegliere, il designer di Peugeot, François Duris, ha inventato una bicicletta con due facce e due anime, mezza kitsch e mezza essenziale. Fra gli altri creativi che hanno partecipato al progetto – il cui prototipo però non è ancora stato svelato dagli organizzatori – c’è anche l’enfant prodige belloccio del design europeo, Ito Morabito (marchio Ora Ito), il ragazzo che divenne famoso per aver virtualmente creato una borsa ergonomica di Louis Vuitton che le clienti cercavano inutilmente nelle boutique monomarca. Guarda la galleria.

Fonte: Luxury24

As much as you need: la lampada touch

As much as you need un naming che lascia intendere molto di questa lampada! In un epoca touch non poteva non mancare anche una lampada touch! Design minimal ed utilizzo estremamente intuitivo. Basta un leggero sfioramento per attivare la lampada e scegliere il livello di intensità luminosa. Più si sfiora maggiore sarà il numero di LED attivati; in tutto 15 pronti a dare un tocco di luce all’ambiente, ad accompagnarci durante lo studio o la notte. Il concept è interessante e forse sarà nato osservando qualche altra lampada ad attivazione touch, ad esempio la PizzaKobra di Ron Arad. Qui assistiamo ad un concetto simile ma con un feeling d’uso estremamente migliorato. Se in PizzaKobra al tocco si attivavano tutti e sei i led in simultanea qui è possibile scegliere il numero di led da attivare. Si sfiora da destra verso sinistra, maggiore è la lunghezza del tocco maggiore è il numero di led che via via si accenderanno. Per spegnerla un solo tocco da sinistra verso destra. Un movimento familiare soprattutto per chi ha uno smartphone! Ideatore di As much as you need, il designer coreano Hong-kue Lee che, probabilmente, si sarà trovato spesse volte a desiderare una lampada con voltaggio regolabile e dal design più contemporaneo e iphoniano.

Fonte: Architettura&Design

Architettura di carta: Cardboard Banquet, il padiglione di fogli di cartone

Al dipartimento di Architettura dell’Università di Cambridge, gli studenti si danno da fare e già dai primi anni di studio fanno parlare di sé. E’ il caso di Tom Emerson e Max Beckenbauer che, dopo aver partecipato ad un workshop tenuto da Rentaro Nishimura, famosissimo designer di oggetti di carta, hanno progettato Cardboard Banquet, un padiglione di carta in grado di ospitare circa 80 persone. Applicando all’architettura le lezioni del maestro, i due giovani studenti hanno sperimentato le potenzialità della carta. Leggera, sostenibile e modulare, la carta si presta bene come elemento da costruzione ed è per questo che il padiglione di Tom e Max è realizzato esclusivamente con fogli di cartone. Eh sì, perché il progetto dei due studenti, dopo essere stato accuratamente disegnato, ma volutamente non riprodotto con strumenti di modellazione 3D, è stato anche realizzato e si trova presso il Fellows Garden, nel Kings College di Cambridge. Il tempo impiegato per tirarlo su dal nulla è stato minimo: solo tre giorni per vedere realizzato il Cardboard Banquet, un progetto che ha il fascino e la leggerezza degli origami.
Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

Studioata e il progetto “Riluci”: lampade sostenibili da vecchie insegne

Studioata, studio di architettura torinese impegnato nel campo delle costruzioni, della grafica e del design ha ideato un sistema per riciclare le insegne dei negozi, continuamente sostituite e conferite in discarica.
Un’insegna assume un valore storico e affettivo, ricorda momenti ed emozioni vissuti in un paese, un quartiere o una città e sostituirla significa sradicarla dal suo contesto e allontanare gli abitanti dai ricordi ad essa collegati.
Studioata le fa  rivivere, trasformandole in corpi illuminanti e pezzi unici di design, con qualche modifica in chiave sostenibile, le vecchie lettere delle insegne diventano lampade, abatjour, luci d’arredo. Il progetto è stato intitolato Riluci: le vecchie insegne faranno luce di nuovo e saranno il simbolo di una nuova vita, all’insegna della sostenibilità ambientale.

Young Design Awards: sfida a designer e architetti under 35

Un concorso di idee per la progettazione di elementi d’arredo in acciaio inox che diviene una sfida lanciata da Vincenzo Lamberti, amministratore dell’azienda LD promotrice dell’iniziativa, a giovani designer e architetti under 35. Il concorso abbatte le barriere imposte alle figure professionali emergenti, crede nei giovani e nella loro capacità, li stimola, li sprona e li invita a osare. Niente costi di partecipazione, niente trafila burocratica, solo talento, creatività e passione.  Alle idee migliori è garantita grande visibilità: esposizione in mostra e inserimento del progetto nel portfolio dell’azienda a nome del designer che lo propone, con royalty riconosciuta in caso di commessa e realizzazione. Young Design Awards è anche confronto, dibattito, crescita di professionisti che si incontrano e si scontrano sulle tematiche più dibattute in ambito di progettazione. Vai su: YoungDesignAward

Design 4: la Tennis Ball Chair

Il designer Hugh Hayden, ha interpretato l’eco-design in termini di riciclo, e lo ha fatto in un modo davvero curioso: riciclando palline da tennis!
Una poltrona realizzata interamente con palline da tennis (297 in totale) è l’ultima novità dell’eco-design. Dal colore sgargiante e allegro, una volta usate e pronte per essere gettate via, le palline da tennis, un po’ più morbide per via dell’utilizzo, si assemblano per diventare una comoda poltrona. L’impatto ambientale della sedia è bassissimo per due motivi: è prodotta semplicemente assemblando materiali destinati alla discarica e le palline da tennis che la compongono sono caratterizzate da una grande durabilità. Leggi anche: Breathing chair; Mozzarella chair; Node chair.
Fonte: ArchitetturaEcosostenibile

 

Energia: boschi fotovoltaici ricaricano auto elettriche

Il parcheggio per auto elettriche E_TREE assomiglia a un boschetto: ogni albero ha una chioma fotovoltaica con cui produrre energia elettrica per ricaricare i veicoli. I pali su cui sono montati i pannelli solari hanno l’aspetto di tronchi e i pannelli stessi, piatti, hanno la forma di una fronda. I pannelli ruotano e si inclinano come enormi girasoli per ottimizzare la cattura della luce nell’arco del giorno. Il designer Neville Mars si è ispirato alla natura, applicandone forme e funzioni alle necessità urbane. Mars si è formato alla scuola olandese di design e le sue idee sulla trasformazione urbana sostenibile hanno poi trovato applicazione a Pechino. Dirige la Dynamic City Foundation progetto di dimensioni enormi per combattere la sproporzionata crescita degli agglomerati urbani in Cina.

Fonte: Ecowiki
Foto: BurbTv

Design 3: “Node chair” la nuova seduta di Steelcase

Presentate all’ultima edizione del NeoCon show di Chicago, le sedute Node Chair hanno fatto parlare molto di sè grazie al loro nuovo approccio progettuale.
La Steelcase è un’azienda produttrice di mobili per ufficio a livello mondiale, molto attenta ai cambiamenti della società e alle nuove esigenze. Proprio da questa costante attenzione e sensibilità nasce la seduta Node, la loro prima seduta dedicata all’istruzione. Diversamente dalle sedie che abbiamo sempre trovato nelle aule, pesanti, scomode, difficili da spostare e progettate secondo un modello di insegnamento ormai superato, le Node Chair permettono spostamenti rapidi, sono molto leggere ed ergonomiche. Il sedile girevole permette agli studenti di ruotare facilmente e visualizzare informazioni che vengono condivisi in tutta l’aula. Il disegno della seduta consente loro di cambiare posture e posizioni per un comfort maggiore. La sua base mobile offre la possibilità di muoversi avanti e indietro dalla modalità di apprendimento di gruppo alla didattica frontale senza interruzioni. La base e il bracciolo della seduta permettono di tenere zaini ed oggetti personali degli studenti. Inoltre, la sedia è dotata di un piano d’appoggio mobile -per computer portatili, libri e quaderni- che può essere disposto anche dal lato sinistro della seduta per un comfort maggiore per gli studenti mancini.
Leggi anche: Breathing chair; Mozzarella chair.

Fonte: Architettura&Design

Da Israele, il pollaio che genera biocarburante dal trattamento degli scarti

Un recente concorso promosso dal Ministero israeliano dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale è alla ricerca di una ristrutturazione efficace per le fattorie situate in Galilea, più precisamente per i pollai. Ad aggiudicarsi la vittoria è stato il progetto degli Architetti Peleg/Burshteic che, con un design innovativo, è riuscito a incorporare le funzione necessarie di un pollaio in un unico edificio che provvede autonomamente alla produzione di energia e alla gestione delle fosse nere attraverso un sistema di ricircolo. Il pollaio prefabbricato, di circa 60 mq, è stato concepito come una galleria del vento capace di fornire una ventilazione costante, necessaria per il clima e il benessere degli animali. Turbine eoliche, pannelli solari e vegetazione sono stati installati sulla parte esterna della struttura per fornire energia al fabbricato. Mentre internamente sono presenti serbatoi d’acqua, silos per la conservazione delle uova e un sistema per generare biocarburante dal trattamento degli scarti. I produttori locali però, preoccupati dal fatto che il governo voglia imporre sulle loro proprietà un modello industriale, non hanno ancora accettato questa novità, ossia il concetto di produttività unita al design. Al contrario invece, Agrotop, allevamento industriale di polli, ha deciso di introdurre una versione di questo progetto nel Regno Unito.

Fonte: Casa&Clima 

La novità di Drill Design: paper-wood

Dal Giappone arriva un nuovo materiale: il paper-wood, realizzato alternando strati di legno e carta riciclata uniti per un nuovo materiale sostenibile. Il materiale risulta leggero ma estremamente resistente e, grazie alla carta colorata, è possibile caratterizzare i progetti finali con gradevoli fantasie e tocchi di colore. Ideatore di questo nuovo materiale lo studio giapponese Drill Design. Yusuke Hayashi e Yoko Yasunishi, fondatori di Drill Design, sono due giovani creativi attenti al design, alla grafica, al packaging e alle soluzioni d’arredo. I loro lavori seguono uno stile minimal e ricercato, in pieno japan style con un portfolio ricco che tocca molti ambiti della progettazione senza risparmiarsi sulla sperimentazione e messa a punto di nuovi materiali e l’utilizzo della carta come elemento principale o di supporto a diversi progetti.  Un’unione raffinata che si traduce in elementi d’arredo sostenibili, funzionali e performanti.

Fonte: Architettura&Design

Design 2: nasce la “mozzarella chair”

 

Bianca e densa come una mozzarella, ecco la “mozzarella chiar” di Tatsuo Yamamoto si presenta agli occhi dei visitatori del Salone del Mobile con una leggerezza stilistica unica, un design leggero e soffice impreziosito da un elemento in acciaio, spesso 2mm, che abbraccia tutta la seduta creando un armonioso gioco di contrasti materici e cromatici. Da un lato l’acciaio freddo e rigido e dall’altro un morbido tessuto elasticizzato soffice e confortevole.

L’unico aspetto negativo pare essere la mancanza di sostegno alla parte lombare della schiena e risulta impossibile utilizzare i lati della seduta come braccioli. Guarda anche la: Breathing chair

Visita il sito di Tatsuo Yamamoto

Fonte: Architettura&Design