Trento inaugura il MUSE: la ‘montagna’ di Renzo Piano
Il MUSE, il Museo delle Scienze firmato da Renzo Piano, sarà inaugurato domani a Trento. Dalle 18 del 27 luglio, il nuovo museo ospiterà, con una 24 ore no stop, i numerosi eventi organizzati per la maratona inaugurale.
Il MUSE nasce all’interno di un contesto urbanistico e paesaggistico frutto di un’unica visione progettuale che ha l’ambizione di qualificarsi come una rilevante riqualificazione urbana di questa zona della città, l’area industriale ex-Michelin, verso il suo fiume. Qui trovano spazio funzioni commerciali, residenziali – come il neo-inaugurato Le Alberte – e terziarie, nonché quelle di interesse pubblico, delle quali il MUSE costituisce la maggiore espressione.
Il profilo della struttura progettata da Renzo Piano si rifà alle montagne circostanti e la stessa organizzazione su più piani del percorso di visita è una sorta di metafora dell’ambite montano. L’idea architettonica nasce dalla ricerca di una giusta mediazione tra bisogno di flessibilità e risposta, precisa e coerente nelle forme, ai contenuti scientifici del progetto culturale. L’edificio, che sviluppa le sue funzioni in 2 livelli interrati e 5 fuori terra, è costituito da una successione di spazi e di volumi, di pieni e di vuoti, adagiati su un grande specchio d’acqua sul quale sembrano galleggiare, moltiplicando gli effetti e le vibrazioni della luce e delle ombre. Il tutto è tenuto insieme, in alto, dalle grandi falde della copertura che ne assecondano le forme, diventando elemento di forte riconoscibilità.
L’edificio – certificato LEED Gold – è stato realizzato con grande attenzione ai principi di ecosostenibilità: ha le capacità di economizzare energia e di produrne attraverso un sistema di pannelli solari e pozzi geotermici che scendono a cento metri di profondità.
La forma dell’edificio, metafora della montagna, ordina e scandisce il percorso della mostra permanente: dall’alto verso il basso. Una volta oltrepassato l’ingresso, il visitatore è protagonista di un viaggio sensoriale a 360°. Dal quarto piano, scendendo gradualmente, i visitatori passano dalle ambientazioni delle vette occupate dai ghiacci perenni allo smarrimento nel perdersi in un “labirinto di biodiversità alpina”. Il percorso naturalistico si conclude al piano interrato con un racconto che ci conduce alla scoperta dell’origine della vita per giungere alla più grande mostra di dinosauri dell’arco alpino.
“Un museo di scienze deve per definizione celebrare la complessità e la fragilità della Terra”afferma Renzo Piano. “Nello spazio centrale, il ‘Grande Vuoto’, che collega visivamente i cinque piani del museo, si celebra la biodiversità del nostro Pianeta: dall’alto, dove si incontra un ghiacciaio, al basso, dove il visitatore viene accolto dallo scheletro fluttuante di una balena, fino alla serra tropicale montana”.
Il progetto degli allestimenti è stato sviluppato parallelamente alla definizione del programma scientifico – didattico. L’idea di base è stata quella di mirare a un “allestimento invisibile” che non prevalesse sul contenuto. Ecco quindi l’idea di “Zero Gravity”, ovvero della sospensione tramite cavi sottili di acciaio di tutti gli oggetti: tavoli, ripiani, pannelli, monitor, fotografie, reperti, tutto è “sospeso” nello spazio e anche nel tempo. Lo spazio così “disegnato”, come in uno spartito musicale, verrà in tal modo popolato e il visitatore entrerà in un mondo fantastico dove, come spettatore e contemporaneamente attore, sarà in grado di percepire e comprendere le connessioni e le sinergie tra natura e scienza.
“Quando si conclude un progetto, improvvisamente quell’edificio non è più tuo, ma appartiene alla comunità, a cui ora spetta abitare questi ambienti, costruendo e sviluppando conoscenza”conclude Renzo Piano. “L’elemento umano è una dimensione fondamentale di questa architettura, assieme alla luce, alla gioiosità, all’allegria. Così l’ingresso del MUSE diventa una sorta di luogo pubblico pensato per la gente, che prosegue all’esterno, nel prato e nel nuovo quartiere, collegato attraverso un sottopasso al cuore della città. In queste sale, che alternano spazi di luce e ombra, tutti saranno i benvenuti. L’architettura deve essere gioiosa, deve coltivare tenacemente l’idea che i luoghi per la cultura sono luoghi di civiltà e di incontro, in cui ritrovarsi e partecipare della stessa gioia”.
FONTE: www.archiportale.com