Architetture di terra ed autocostruzione: prototipo di un alloggio temporaneo

Le catastrofi naturali e i conflitti bellici da anni ormai pongono il problema di un elevato numero di sfollati che necessitano di un ricovero in attesa delle necessarie ricostruzioni. In questo quadro, nel corso degli ultimi 15-20 anni sono stati messi a punto diversi prototipi di alloggio temporaneo; uno in particolare pare utile approfondire per il suo alto grado di sostenibilità, la sua economicità e la facilità di realizzazione che permette l’autocostruzione da parte della popolazione stessa.
Si tratta del prototipo studiato e sperimentato da Nader Khalili, negli anni ’90 e già adottato dall’organismo dell’Onu che si occupa degli sfollati. E’ un prototipo che utilizza materiali e metodo costruttivo derivati dalle ricerche sulle costruzioni in terra cruda che l’architetto, di origine iraniana, ha condotto nel suo paese. La tecnica costruttiva di base prevede l’utilizzo di “super mattoni” realizzati con sacchi di sabbia disposti in corsi con una pianta generalmente circolare; tra uno strato e l’altro viene inserito del filo spinato per garantire stabilità anche in caso di eventi sismici e nella parte superiore il posizionamento sfalsato permette la realizzazione di una copertura a cupola.
L’aspetto forse più interessante del lavoro portato avanti da Khalili che, dopo la sua morte avvenuta poco più di tre anni fa, viene ora approfondito ulteriormente dal California Institute of Earth, Art and Architecture da lui fondato, è la stretta relazione tra tecnologia, sostenibilità e tradizione: le strutture ripropongono forme vernacolari integrate con archi, cupole e volte, a formare alloggi dotati di una notevole resistenza ma anche di flessibilità ed adattabilità. Il sistema può infatti variare per forma e dimensione in funzione del luogo dove deve collocarsi ma anche a seconda del numero di persone da ospitare e della presenza gruppi con differenze sociali da rispettare. La sostenibilità è legata al tipo di materiali utilizzati spesso riciclati o comunque ricavati dalle risorse disponibili in loco ed è ulteriormente rafforzata dal fatto che è necessaria una preparazione minima per operare in questo ambito costruttivo per cui sono gli stessi occupanti che possono attivarsi in questo senso. Grazie alla resistenza dei materiali e, più in generale di questo tipo di strutture, questo sistema è stato utilizzato anche per realizzare abitazioni permanenti; si parte così da un modulo base che viene rivestito con uno strato in terra cruda pressata manualmente e poi impermeabilizzata e intonacata per ottenere spazi davvero suggestivi.

Fonte: ArchitetturaEcoSostenibile

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