L’arte di Gaetano Pesce per risollevare l’economia del design italiano

Posso mandare un messaggio al Presidente Napolitano? Dovrebbe cambiare la scenografia del discorso alla Nazione: design contemporaneo italiano al posto della solita libreria stile impero. Aiuterebbe l’industria.
Gaetano Pesce ha verve da vendere e sempre un’ idea nuova in testa. Mentre parla di come risollevare l’economia del design italiano – il migliore, sempre all’avanguardia – è a Milano per presentare Melissa+Gaetano Pesce uno stivaletto di plastica che ha realizzato per il marchio brasiliano, nato nel 1979 e fiore all’occhiello del gruppo Grendene.
L’archietto spezzino, da oltre vent’anni trapiantato nella Grande Mela, è uno dei designer italiani più amati. Nella sua carriera, cominciata sui banchi dello IUAV di Venezia dove si è laureato, Pesce ha sperimentato nuove linee e nuovi materiali, diventando un esponente del “Radical Design” negli anni Settanta. Oggi, a 71 anni, non ha smesso di guardare avanti e si è buttato a capofitto anche nella moda. L’incontro con Melissa – brand hi-tech e di successo, pronto a sbarcare negli Usa e in Europa con i suoi flagship store, a partire da New York – ha dato vita ad un modello fatto di dischetti di plastica. Il valore aggiunto della scarpa è quello di essere personalizzabile: la si può trasformare in una ballerina o in un sabot tagliando parte dei dischi. Melissa non è nuovo a collaborazioni di prestigio: ha lavorato con Jean-Paul Gaultier per ben due volte, con Thierry Mugler e Vivienne Westwood. Fino a gennaio 2011 la capsule è in vendita in esclusiva per l’Italia nel concept store milanese 10Corso Como, poi sarà acquistabile in tutti i retailer del marchio. Prendere un paio di forbici e modificare l’ opera di un grande artista: per realizzare completamente il concept di questa scarpa bisogna avere un bel coraggio…
È proprio questo il bello: partecipare al processo creativo significa appropriarsi dell’opera stessa. E per un prodotto di design credo che questo sia molto importante. Ho voluto ribadire un concetto: siamo tutti artisti, basta provarci. In Brasile il prodotto ha avuto un grande successo. È il punto di partenza per una collaborazione più ampia? Credo di sì. Per Melissa avevo pensato a una collezione molto varia: scarpe, sandali, borse, cinture. Questo modello ha fatto da apripista. Il ruolo della plastica sta cambiando: verrà bandita o quasi dall’uso quotidiano per motivi ambientali, ma è un materiale sempre più amato da moda e design. Cosa ne pensa? La plastica è un ottimo materiale da lavorare: versatile, funzionale. E comunque, secondo me, pensare di eliminarlo dalla vita quotidiana è sbagliato: il progresso avrà i suoi risvolti negativi, ma è necessario. Immagini se qualcuno si fosse messo a soppesare i rischi che derivano dall’ uso dell’elettricità e avesse deciso di eliminarla. L’essenza del design è sempre e comunque la pura sperimentazione? Oggi il design è un’espressione culturale adulta, è strettamente legato alla macchina economica. Il suo ruolo è quello di commentare la realtà. Io ho cercato di fargli assumere questo ruolo già in passato: alla fine degli anni Sessanta la mia Up Chair voleva simboleggiare la donna imprigionata in una rete di pregiudizi. Era un punto di vista sulla società. Se potesse dare un consiglio agli emergenti cosa direbbe loro? Rispondete alle vostre continue curiosità, cercando di non ripetervi. Cosa che ho sempre fatto anche io. Abita da anni a New York, ma per i 150 anni della Repubblica Italiana ha disegnato una collezione di tavoli con Cassina. Il legame con il nostro Paese è ancora forte? Vengo spesso in Italia. Vorrei però che l’immagine del Paese all’estero fosse diversa. All’ultima parata del Columbus day hanno sfilato quattro bersaglieri e dei bambini che sventolavano le bandierine tricolori. Avrebbero dovuto sfilare le Ferrari, le Tod’s, i mobili Made in Italy. Che progetti ha in cantiere? Un centro civico a Tel Aviv. E poi ho appena finito di realizzare una piscina coperta a San Pietroburgo. Poi ci sarà il salone: ho in mente una linea ispirata al circo e una a Thomas Jefferson. Ha scritto la dichiarazione d’Indipendenza: credo che sia uno stimolo interessante per il mercato americano.

Fonte: Luxury24

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