Petrolio e uranio: nel 2012 il Niger crescerà più della Cina

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale il Niger registrerà nel 2012 un’impennata del proprio Pil pari al 14 per cento. Le ricchezze del sottosuolo, l’uranio e ora anche il petrolio sono il motore propulsoredi questo miracolo economico che fa gola a molti partner stranieri.
Il 2012 è l’anno del Dragone secondo l’astrologia cinese ma rischia anche di essere l’anno del leone dal punto di vista della crescita. Il leone in questione è il continente africano e nello specifico lo Stato del Niger, un milione di chilometri quadrati nel bel mezzo del deserto del Sahara e con temperature tra le più elevate al mondo.
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha rivalutato in positivo le proprie aspettative sul Pil nigerino. Se prima si attestavano al 3,8 per cento per l’anno 2012, adesso raggiungono addirittura il 14,1 per cento per lo stesso periodo. E non è certo un caso se nel dicembre scorso la nuova direttrice del Fmi, Christine Lagarde, ha scelto come meta del suo primo viaggio in terra africana la Nigeria e il Niger. In quest’ultimo il successore di Strauss Kahn ha avuto un colloquio con il presidente Mahamadou Issoufou e il piatto forte dell’incontro è stato proprio il tema dello sviluppo.
Secondo quanto rivelano molti indicatori economici, il Niger avrà una crescita notevolmente sostenuta di qui al 2016. L’estrazione di uranio, in atto ormai da quarant’anni nei campi industriali di Arlit, nella regione di Agadez (Niger centrosettentrionale), è tra le più prolifiche al mondo, insieme a quella del Canada. Ma adesso c’è di più, perché una promettente industria petrolifera ha recentemente visto la luce nell’estremo nord-est del paese, al confine con il Ciad.
Se dunque l’economia nigerina è in pieno decollo, uno dei più importanti partner dell’Africa, la Cina, registrerà invece per quest’anno tassi di crescita inferiori rispetto al passato, tra il 7 e l’8 per cento. Pechino teme da questa inflessione un danneggiamento della propria credibilità a livello internazionale. Il gigante asiatico sta correndo ai ripari e per farlo ha scelto di sfruttare la scia del boom economico africano e quindi di quello nigerino.
Dopo sessant’anni di ricerca, ad opera soprattutto di compagnie occidentali, il 28 novembre scorso la China National Petroleum Corporation ha annunciato ufficialmente che i pozzi di Agadem hanno cominciato a produrre greggio. Una rivincita che Pechino si prende su quelle potenze, come la Francia, che da sempre la fanno da padrone nelle aree del Sahel nigerino. Per ora i barili giornalieri estratti ammontano a 20 mila, ma ci si attende nel 2014 una quantità quattro volte maggiore.
Questo permetterà a Niamey di ridurre notevolmente i costi della benzina e dunque del trasporto delle merci. Grazie all’attività di raffinazione che avverrà nella città meridionale di Zinder, si prevede che anche l’occupazione migliorerà notevolmente. Da parte cinese ci si attende l’inizio di una florida cooperazione, capace di apportare giovamento ad ambo le parti, come simboleggiato dal ponte dell’amicizia sino-nigerina, eretto sul fiume Niger.
Il paese africano ha nel complesso un strategia di sviluppo ambiziosa: riuscire a trasformare le ingenti entrate nelle casse pubbliche in effettiva riduzione della povertà e riuscire così a distribuire equamente i benefici. Una grande attenzione è inoltre posta al modello di sfruttamento delle risorse naturali. Nella nuova Costituzione repubblicana del 2010 si impone la trasparenza delle concessioni secondo quanto stabilito dall’Extractive Industries Transparency Initiative (EITI).
Resta da vedere se una tale crescita riuscirà a risolvere i gravi problemi che affliggono il paese, dalla crisi alimentare alle rivolte del popolo Tuareg o ai problemi legati al rientro di migliaia di emigrati in seguito alla crisi libica. La sfida che attende il governo di Niamey è ora riuscire a trasformare la crescita in sviluppo reale.